Effetti della chiusura delle scuole sull’apprendimento degli studenti

Barbara Bruschi1 e Paola Ricchiardi2

A B. Bruschi spetta il paragrafo 3. A P. Ricchiardi i paragrafi 1, 2 e 4

 

(Abstract)

La chiusura prolungata delle scuole in Italia ha alimentato un ampio dibattito, in merito all’opportunità o meno di tale decisione, alle modalità di riapertura, al carico attribuito alle famiglie, alla difficile conciliazione tra famiglia e lavoro, alle strategie di didattica a distanza adottate dalle scuole e alle conseguenze negative, a breve e a lungo termine, sull’apprendimento e sul benessere dei minori. Su questi ultimi aspetti si centra il presente contributo. Ci soffermeremo, sulla base dei dati a disposizione, sulle conseguenze che può avere avuto la chiusura delle scuole e dei servizi educativi, evidenziare le categorie più a rischio.

Presenteremo alcune considerazioni per fasce d’età.

Faremo alcuni riferimenti alla didattica a distanza cercando di individuare gli aspetti critici e fornendo alcuni spunti per il futuro.

Concluderemo il contributo con l’illustrazione di un programma di recupero e potenziamento estivo, il progetto “Nessuno resta indietro”, elaborato dall’Università di Torino in partenariato con il Politecnico. Il programma è rivolto ai minori svantaggiati del territorio piemontese che hanno seguito con grande difficoltà la didattica a distanza per carenza di dispositivi, competenze linguistiche e informatiche. Ai 330 minori raggiunti viene dedicato un intervento intensivo di 32 ore, seguiti in piccoli gruppi o in coppie da 94 tirocinanti (futuri insegnanti ed educatori), formati, seguiti e supervisionati dai docenti dell’università e del Politecnico di Torino.

 

The prolonged closure of schools in Italy has fuelled a wide-ranging debate about whether or not this decision was appropriate, how to reopen them, the burden placed on families, the difficulty of reconciling family and work, the distance learning strategies adopted by schools and the negative short- and long-term consequences on children’s learning and well-being. This contribution focuses on the latter aspects. On the basis of the available data, we will focus on the consequences that the closure of schools and educational services may have had, highlighting the categories most at risk.

We will present some considerations by age group. We will make some references to distance education trying to identify the critical aspects and providing some ideas for the future. We will conclude the contribution with the illustration of a summer recovery and enhancement program, the project “Nobody left behind”, developed by the University of Turin in partnership with the Politecnico. The program is aimed at disadvantaged children in the Piedmontese territory who have followed distance education with great difficulty due to a lack of devices, language and computer skills. To the 330 students is dedicated an intensive intervention of 32 hours, followed in small groups or in pairs by 94 trainees (future teachers and educators) followed and supervised by the teachers of the University and the Polytechnic of Turin.

 

 

1. Alcune considerazioni per ordine di scuola.

Alunni della scuola dell’infanzia.

La chiusura delle scuole ha comportato per i bambini dai 3 ai 6 anni innanzitutto l’interruzione delle relazioni con i riferimenti adulti extrafamiliari e con i compagni. In molti casi i piccoli sono tornati ad una relazione esclusiva con il o i caregiver, che ha fatto osservare fenomeni di regressione, perdita di alcune autonomie e disorientamento, in conseguenza delle variazioni significative della routine quotidiana (Save the Children, 2020)3. Si tratta peraltro della fascia d’età per la quale è più complessa sia la rielaborazione sia la verbalizzazione delle paure e delle emozioni negative che possono aver caratterizzato questo periodo di lockdown, specie per i minori che hanno vissuto in una condizione di forte stress familiare e/o con nuclei genitoriali altamente conflittuali. In questa condizione di chiusura tra le mura domestiche, si sono inoltre perse le “sentinelle” sociali (insegnanti, pediatri, educatori domiciliari, affidatari diurni, operatori dei servizi…), che avrebbero potuto segnalare e farsi carico del malessere fisico e psicologico dei minori4, come segnalato dalla Rete europea dei Garanti per l’infanzia e l’adolescenza (ENOC)5. Si tratta inoltre della fascia d’età che più difficilmente in questo periodo estivo potrà riprendere “in sicurezza” le relazioni con i pari: le norme di distanziamento sociale, transitorie e funzionali in questo periodo di emergenza sanitaria, rischiano di diventare un habitus pericoloso per i più piccoli, che contrasta fortemente con il benessere psicologico degli stessi: apprendere che “l’altro è pericoloso per me e io lo sono per lui” può creare fobie importanti sul lungo periodo. Anche il rientro nelle scuole in sicurezza è decisamente più complicato per le specifiche esigenze che mostrano bambini così piccoli, segnalate anche dalle Linee guida ministeriali: “I bambini di età inferiore ai sei anni hanno esigenze del tutto particolari, legate alla corporeità e al movimento: hanno bisogno di muoversi, esplorare, toccare. Il curricolo si basa fortemente sull’accoglienza, la relazione di cura, la vicinanza fisica e il contatto, lo scambio e la condivisione di esperienze. Pertanto, la prossima riapertura richiede l’adozione di misure particolarmente attente alla garanzia del rispetto non solo delle prescrizioni sanitarie, ma anche della qualità pedagogica delle relazioni”6. Il rispetto delle norme sanitarie è inoltre intralciato dall’attuale strutturazione delle scuole dell’infanzia e dalla difficoltà di un insegnante di monitorare il rispetto delle stesse con soggetti così piccoli7.

 

Scuola primaria e secondaria.

Per gli allievi dalla scuola primaria in poi, l’attività di apprendimento nel periodo del Covid è stata caratterizzata da interazioni a distanza più o meno intense e sistematiche. L’avvio in condizioni emergenziali di tali strategie si sono scontrate con innumerevoli difficoltà. Si evidenziano da un lato carenze di formazione specifica degli insegnanti sulle strategie efficaci di didattica a distanza e di competenze tecnologiche: solo il 20% degli insegnanti ha ricevuto in Italia una formazione specifica, nonostante l’attivazione del Piano nazionale per la digitalizzazione delle scuole nel 2015 (Locatelli, Mincu, 2020)8.

Secondo il Rapporto ISTAT 20209il 45,4% degli studenti tra i 6 e i 17 anni ha avuto difficoltà nella didattica a distanza. Si segnalano: carenze importanti di supporti (pc, tablet…) o necessità di condividerli con fratelli o genitori; assenza di rete o presenza di reti inadeguate (33,8%). Il 12,3% degli alunni in Italia non possiede nessun dispositivo (850.000 bambini). Molti hanno solo un cellulare. Inoltre il 42% degli allievi italiani vive in case sovraffollate, dove è stato molto complesso potersi collegare e studiare senza interferenze continue. A livello locale, il rapporto ISTAT 2020 ha segnalato che il Piemonte è la settima regione d’Italia per mancanza di dispositivi, con quasi il 35% di famiglie prive di pc o tablet. Le scuole, grazie ai finanziamenti statali e al contributo delle associazioni, stanno progressivamente distribuendo device e collegamenti internet. Tuttavia non basta possedere un computer per poterlo usare: occorrono anche competenze informatiche minime. Nel nord-ovest si rileva una distribuzione bimodale rispetto, per esempio, all’uso di Internet, in quanto si segnala la percentuale più elevata d’Italia di soggetti che hanno dichiarato di non avere alcuna competenza nell’uso della rete e la % più elevata di soggetti con elevate competenze (35,8%). Si evidenzia dunque un digital devide importante, che diventa fonte di ineguaglianza in questa condizione, con un incremento significativo della povertà educativa (Save the Children “Riscriviamo il Futuro”, 2020)10 . Si tratta infatti di un effetto negativo cumulativo (Nuamah et alii., 2020)11. Secondo il Rapporto Censis (“Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020. La scuola e i suoi esclusi”)12 nel 75% dei casi la didattica a distanza ha ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti a causa della differente disponibilità di strumenti informatici, ma anche delle differenti competenze tecnologiche dei familiari. Emerge dunque anche la necessità di accompagnamento da parte dei genitori, specie per gli allievi della scuola primaria. La carenza di competenze tecnologiche, culturali13 e linguistiche dei familiari ha intralciato in maniera significativa l’adeguata fruizione della didattica a distanza, con effetti di dispersione significativi. Secondo il sopracitato Rapporto Censis nel 40% delle scuole italiane la dispersione è superiore al 5% e solo nell’11% delle scuole tutti i ragazzi sono stati coinvolti nella didattica a distanza. Un’indagine realizzata anche a livello locale dalla “Rete italiana di cultura popolare” ha evidenziato una dispersione soprattutto nel primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado e soprattutto da parte degli studenti stranieri, con una prevalenza sorprendentemente delle ragazze14.

La dispersione rischia di diventare definitiva proprio nelle scuole secondarie di secondo grado e soprattutto per le scuole professionali, dove si concentravano già in precedenza le percentuali superiori di insuccesso scolastico (dati MIUR 2018-19)15 e per gli allievi stranieri, per i quali era stata segnalata una tendenza ad interrompere la frequenza scolastica ai 17 e 18 anni (Rapporto MIUR, 2019)16. Il problema è internazionalmente riconosciuto. I ragazzi hanno già subito indirettamente gli effetti di anni di crisi economica che hanno inciso negativamente sulle loro aspettative e sulle prefigurazioni professionali. L’emergenza sanitaria rischia di esacerbare negli adolescenti, specie in quelli più vulnerabili, la percezione di non poter progettare il proprio futuro (Chaguan, 2020)17.

Particolare attenzione va riservata inoltre al benessere psicologico di adolescenti e preadolescenti rimasti completamente dipendenti dagli smartphone per mesi, ancora più soggetti ad eventuali fenomeni di “cyberbullismo”, senza la tutela della scuola (Kwok-sze, 2020)18.

 

2. Le categorie più a rischio.

Gli studi hanno evidenziato le fasce della popolazione studentesca più rischio in questo lockdown. Le citiamo brevemente di seguito. Si tratta innanzitutto degli alunni caratterizzati da svantaggio socio-culturale, con supporto genitoriale fragile, come i minori seguiti dai servizi, che hanno visto un’improvvisa interruzione del supporto precedentemente garantito. Per loro il rischio non riguarda solo l’apprendimento, ma più in generale il benessere psicologico. Le difficoltà maggiori si concentrano in contesti svantaggiati. Un’indagine campionaria realizzata nelle scuole più a rischio della città metropolitana di Torino ha segnalato addirittura un 48% di studenti con difficoltà a connettersi in queste zone19.

Un problema specifico riguarda poi gli alunni disabili, per i quali la scuola rappresentava anche un contesto di socializzazione e per i quali il supporto è dipeso molto dalla competenza e dall’impegno profuso dall’insegnante di sostegno, tenendo conto però che per un disabile cognitivo gli ostacoli per la didattica a distanza sono a volte insormontabili. Per le famiglie degli alunni disabili è stata inoltre particolarmente difficile la gestione, in assenza di un supporto adeguato, per esempio, dell’educativa domiciliare20.

Gli alunni con background migratorio costituiscono la percentuale più elevata di coloro che si sono persi sia nelle statistiche nazionali che locali, non solo per mancanza di dispositivi e di reti, ma anche per carenti competenze linguistiche loro e dei familiari. Si tratta infatti di alunni che hanno perso parte delle competenze acquisite in lingua italiana e/o bambini che hanno genitori a volte poco alfabetizzati nella lingua italiana e quindi scarsamente in grado di supportarli nelle interazioni con la scuola.

Anche gli alunni rom sono risultati reperibili con difficoltà, all’inizio esclusivamente via cellulare e solo grazie all’impegno di volontari21.

Particolarmente rilevanti sono state inoltre le differenze per istituto, in assenza peraltro di linee guida nazionali. Una parte di tali differenze richiamano all’utenza e quindi alle variabili socio-culturali sottostanti. Una parte va invece attribuita alle scelte specifiche realizzate dagli istituiti e dai docenti: si rileva infatti che in alcuni contesti a forte rischio non si sono persi i contatti con gli allievi. Le buone pratiche andrebbero rapidamente socializzate e diffuse.

 

3. Le sfide della didattica a distanza.

Dopo mesi di attività online siamo tutti concordi nell’affermare che qualcosa non ha funzionato. A più riprese, fonti diverse hanno prodotto dati (si vedano sezioni precedenti) che dimostrano le criticità prodotte dalla DaD. Gli esperti e la popolazione tutta, sono stati messi in guardia rispetto agli esiti nefasti che la formazione online ha prodotto e potrebbe continuare a produrre. Le testimonianze degli insuccessi e delle criticità che i mesi di didattica fuori dalla scuola hanno generato potrebbero facilmente condurci a due conclusioni: 1) occorre fare di tutto per riaprire le scuole e le università; 2) la didattica a distanza può essere utile se usata sporadicamente e in via del tutto eccezionale, ma non può rappresentare una prospettiva percorribile in situazioni di normalità.

Di seguito, partendo da queste conclusioni, cercheremo di offrire una prospettiva tesa non tanto a dimostrare la validità o meno delle considerazioni precedenti, quanto piuttosto volta a proporre delle letture diverse che permettono di portare alla luce aspetti che il dibattito pubblico ha tendenzialmente tenuto nell’ombra.

Partiamo dalla prima conclusione: “occorre fare di tutto per riaprire le scuole e le università”. Questo è un obiettivo che, tutto sommato, ha poco a che vedere con la DaD. Non si tratta di concentrare gli sforzi affinché gli studenti possano ritornare alla didattica in presenza abbandonando le lezioni online. Ciò che è urgente fare è ricondurre bambini e bambine, ragazzi e ragazze a una situazione quanto più possibile prossima allo stato di normalità. A prescindere dalla capacità o meno della formazione in rete di proporre una didattica di qualità, le persone hanno tutte il bisogno di ritrovare gli spazi delle relazioni, dello scambio, dell’incontro non mediato. Questo bisogno, come noto, cresce ed è fondamentale per i più giovani, ma coinvolge, seppur in forme e intensità differenti qualsiasi essere umano. Riaprire le aule significa non solo permettere a chi studia di ritrovare le lezioni in presenza, ma, come più volte ribadito, rappresenta una liberazione dai confini domestici imposti dall’emergenza sanitaria. Significa ritornare a correre, a giocare insieme a chiacchierare del futuro senza parlare nel microfono dell’auricolare. Tutto ciò a prescindere dalla didattica online, ma perché gli esseri umani fanno parte di un eco-sistema che è costituito da una pluralità di ambienti e non solo da quello domestico. Ritornare in presenza permette di ridare fisicità all’esistenza e a tutti quei momenti fondamentali di cui è composta la quotidianità, soprattutto delle persone più giovani. Pensiamo al ruolo che hanno alcuni momenti chiave della giornata di un adolescente: fare il percorso casa/scuola in compagnia delle amiche e degli amici; attendere l’apertura del portone dell’istituto scolastico scambiandosi gli ultimi suggerimenti per affrontare l’interrogazione; ritrovare lo spazio sicuro e accogliente dell’aula; pranzare insieme progettando le attività del fine settimana. Tutto questo non ha niente a che fare con la didattica online, ma è quanto la scuola come spazio della socializzazione può garantire. Da qui una prima considerazione che riteniamo fondamentale per leggere i mesi trascorsi e quelli che verranno con maggiore chiarezza: occorre operare una distinzione tra la didattica e la scuola (università) intesa come contesto fisico. La didattica ha a che vedere con le modalità dell’insegnamento (e dell’apprendimento). La scuola, secondo l’accezione che abbiamo deciso di considerare, è un contesto all’interno del quale i soggetti si esprimono, si confrontano, imparano, insegnano, generano cambiamento. Questa differenza è fondamentale perché, come abbiamo visto, i mesi scorsi sono stati dominati da una confusione che ha spesso fatto coincidere: il concetto di scuola intesa come spazio fisico e quello di scuola come comunità educante (andando online viene a mancare lo spazio fisico, ma la “comunità scuola” può continuare ad esistere a prescindere dalla vicinanza fisica); la scuola come espressione della presenza e la didattica online come celebrazione della distanza. I piani sono invece molto diversi e meritano di essere valutati come tali, non solo per evitare confusioni pericolose, ma soprattutto perché una ri-progettazione della scuola e della formazione deve partire sulla base di distinzioni nette.

Per questo è necessario non utilizzare più la locuzione didattica a distanza22, che non dice nulla del modo in cui l’insegnamento viene erogato e concentra tutta l’attenzione sulla contrapposizione tra presenza e distanza. In questi mesi, la situazione ci ha obbligati a insegnare restando distanti, ma secondo modalità che hanno dato vita a soluzioni molto diverse le une dalle altre. C’è una grande differenza tra l’inviare via mail delle schede didattiche in formato pdf e l’accogliere gli alunni e le alunne in un’aula virtuale, all’interno della quale è possibile svolgere delle attività e interagire con il docente e i compagni.

In continuità con il punto precedente riteniamo sia fondamentale non assumere una posizione tecnocentrica: la didattica erogata online presuppone il ricorso alle tecnologie, ma non è data dalle tecnologie stesse. I fallimenti di cui abbiamo sentito parlare non dipendono esclusivamente dai dispositivi presenti o non presenti, dalla velocità della connessione internet e dall’efficacia dei player per lo streaming. Gran parte di questi insuccessi hanno le loro radici nella mancata applicazione di metodologie per la didattica con le ICT e nella mancanza di un’organizzazione e di una politica delle tecnologie nella scuola.

 

Valorizzare le opportunità formative date dalla didattica online.

Sebbene molte siano state le difficoltà e le criticità generate dall’impossibilità di frequentare le lezioni in presenza, è innegabile il ruolo che le ICT hanno avuto nel consentire il proseguo dell’anno scolastico e di quello accademico. I risultati potranno non essere completamente soddisfacenti, non possiamo negare che, soprattutto nella scuola primaria, il learning loss sia una realtà, ma, al contempo, occorre riconoscere che senza questa opportunità le conseguenze sarebbero state decisamente catastrofiche. Date queste premesse vediamo quali possono essere le opportunità da sfruttare per capitalizzare quanto abbiamo acquisito nei mesi dell’emergenza.

 

Riorganizzare i tempi.

La didattica online richiede una rimodulazione dei tempi che permetta: di gestire l’affaticamento determinato sia dagli schermi sia dal setting didattico “anomalo”; di mantenere alta l’attenzione attraverso una didattica dinamica; di promuovere la partecipazione dei discenti; di favorire soluzioni didattiche collaborative capaci di far lavorare insieme; di privilegiare la didattica laboratoriale e di garantire un maggiore sostenibilità sia per il docente sia per il discente.

Nel momento in cui il lockdown ha imposto la didattica alternativa, per molti docenti è stato naturale trasporre online le stesse modalità didattiche adottate nella lezione in presenza. Così, in alcuni casi, i discenti hanno trascorso ore e ore ad ascoltare le lezioni erogate dai docenti, arrivando sfiniti al termine della giornata. Dove questo non è stato possibile gli alunni e gli studenti sono stati letteralmente travolti da decine di schede da stampare e compilare o da pagine e pagine di manuali da studiare, nel disperato tentativo di recuperare la “quantità” di didattica che si stava perdendo. In maniera provocatoria, viene da chiedersi se il learning loss sia stato determinato dalle tecnologie (dalla loro assenza) o se la causa primaria non vada ricercata nei tempi di lavoro adottati.

Il contesto domiciliare, la “reclusione”, l’assenza di relazioni amicali dirette, la scomparsa dei ritmi quotidiani richiedevano necessariamente una riorganizzazione dei tempi didattici che, invece, generalmente non è avvenuta.

Nel caso in cui la didattica in presenza continui a richiedere l’adozione di soluzioni online sarà indispensabile organizzare l’insegnamento in moduli brevi (20-25 minuti) che permettano sia momenti di riposo (per il docente e per i discenti), sia l’alternanza tra attività differenti (lezione frontale, esercitazioni, dibattiti, ecc).

 

Non più solo tecnologie, ma ambienti.

Intorno alla seconda metà degli anni Novanta sono comparse le piattaforme per l’e-learning: software per la gestione dei processi di insegnamento e apprendimento erogati online. Si tratta di strumenti che mettono a disposizione, di chi apprende e di chi insegna, degli spazi virtuali all’interno dei quali è possibile trovare tutti gli elementi necessari per insegnare e apprendere (le persone, le relazioni tra queste, i contenuti, le attività didattiche). Attraverso le piattaforme è possibile “fare lezione”, svolgere compiti, interagire con i discenti, fare praticamente tutto ciò che viene svolto durante l’attività didattica. Le piattaforme hanno promosso la costituzione degli ambienti di apprendimento integrati (Castoldi, 2020; Trentin, 2020) ossia delle situazioni didattiche in cui: presenza e distanza si alternano; le attività possono essere svolte attraverso una molteplicità di forme (simulazioni online ed esercitazioni in presenza; compiti online e lezioni in aula, ecc); gli attori dell’insegnamento e dell’apprendimento condividono un medesimo setting sia questo virtuale o fisico. Se andiamo ad analizzare le situazioni scolastiche (universitarie) che hanno funzionato meglio scopriremo che, in larga parte, sono quelle che, già prima del lockdown, avevano introdotto gli ambienti di apprendimento nell’organizzazione didattica. In questi casi, il passaggio dalla presenza alla distanza è stato meno traumatico in quanto sia i dicenti sia i docenti erano già abituati a suddividere l’attività tra l’aula e le piattaforme online. Nel prossimo futuro sarebbe fondamentale promuovere una maggiore diffusione degli ambienti di apprendimento integrati che hanno il vantaggio di favorire la continuità tra le attività in aula e quelle fuori dall’aula, ma soprattutto di sviluppare l’acquisizione di competenze digitali fondamentali nella gestione della complessità che sempre più caratterizza la contemporaneità.

 

Supporti digitali.

L’affermarsi degli ambienti di apprendimento non può prescindere dalla diffusione dei device tecnologici. Così come non possiamo immaginare un bambino o una bambina al banco di scuola senza quaderni o senza penne è oggi impossibile continuare a ritenere secondaria la disponibilità di tecnologie per la scuola. Le nuove generazioni devono poter avere i dispositivi attraverso cui accedere agli ambienti di apprendimento e mediante i quali sfruttare pienamente le potenzialità formative della rete. Purtroppo, molti sono stati gli esclusi dalla didattica online a causa della mancanza di computer e/o tablet con cui accedere alla didattica alternativa. Questo non deve più accadere a prescindere del verificarsi o meno di nuove emergenze sanitarie. Abbiamo imparato che la nostra realtà formativa deve prevedere i libri così come i tablet o i computer perché la scuola e le sue finalità sono mutate rispetto al passato, ma soprattutto è profondamente mutata la realtà in cui essa è inserita. L’avere a disposizione le tecnologie permette di acquisire strategie di apprendimento/insegnamento differenti e promuove l’acquisizione delle competenze digitali.

 

Competenze digitali.

Con la Pandemia è diventato evidente che i nativi digitali non esistono (o se esistono pochi) e che l’analfabetismo digitale è ancora troppo diffuso nella scuola e nelle università. Così come previsto dal Libro Bianco23 europeo, fin dal lontano 1995, è indispensabile che la digital literacy coinvolga tutti i giovani e le giovani affinché i futuri cittadini dispongano di quelle competenze (Calvani, Fini, Ranieri, 2010) ormai imprescindibili nella società connessa. Per arrivare a questo obiettivo è indispensabile che la formazione dei futuri insegnanti di scuola di ogni ordine e grado destini uno spazio maggiore alle ICT per l’insegnamento. Affinché gli studenti e le studentesse imparino ad impiegare efficacemente le tecnologie per apprendere è importante che l’insegnamento integri la dimensione digitale nelle attività didattiche e che i docenti adottino metodologie miste in cui analogico e digitale siano integrati all’interno dello stesso percorso.

 

Politica scolastica del digitale.

I punti precedenti potranno realizzarsi solo se sarà promossa una vera e propria politica del digitale per la scuola e le università che si concretizzi nella definizione di obiettivi precisi, di investimenti e di verifiche dei risultati raggiunti. Con il Piano Nazionale Scuola Digitale24 il processo è stato avviato, ma quanto emerso in questi mesi mette fortemente in discussione i risultati conseguiti. Lo sviluppo, a macchia di leopardo, delle ICT nelle scuole, la mancanza di competenze metodologiche adeguate agli ambienti ICT, la carenza di tecnologie sono solo alcuni degli indicatori che dimostrano il perdurare di grandi differenze all’interno del sistema di istruzione. Accanto a realtà molto innovative continuano ad esistere situazioni di grande arretratezza che rendono il sistema scolastico decisamente poco equo.

Le politiche scolastiche centrali e periferiche dovranno prevedere una riorganizzazione dei modelli di diffusione delle ICT e della promozione di una formazione adeguata ai tempi, al di là e a prescindere dalla presenza o meno di pandemie.

 

4. Una proposta estiva: Progetto “Nessuno resta indietro: percorsi estivi di recupero e potenziamento”.

Internazionalmente è stato sottolineato il problema del gap che aumenta progressivamente tra studenti a causa della differente possibilità di fruizione della DaD. La pausa estiva (già caratterizzata da un noto “décalage” per i minori svantaggiati) rischia di peggiorare la situazione. Si rende dunque necessario un supporto intensivo durante l’estate per contrastare le distanze tra alunni (Zalaznick, 2020)25.

In questo quadro, si colloca il progetto “Nessuno resta indietro”, elaborato dall’Università e dal Politecnico di Torino, che si propone di contrastare gli effetti negativi sull’apprendimento del lockdown, anche in considerazione dell’incertezza nei confronti del prossimo anno scolastico.

Il programma prevede la pianificazione e realizzazione di percorsi a distanza di recupero e potenziamento delle competenze scolastiche essenziali per favorire la motivazione e la riuscita di alunni o studenti in difficoltà. I destinatari sono 330 bambini tra i 6 e gli 11 anni (appartenenti a 26 istituti comprensivi), seguiti da 94 tirocinanti di Scienze della formazione primaria e Scienze dell’educazione, formati e supervisionati da un team di oltre 20 docenti dell’Università di Torino e del Politecnico e dai tutor di tirocinio. Per ciascun minore è previsto un accompagnamento intensivo di 32 ore, in parte in gruppo e in parte individuali. L’attività viene svolta invece a coppie per gli alunni non italofoni e con una prevalenza di intervento individuale, con inserimenti nel gruppo dei pari, per gli studenti con disabilità.

Gli interventi sono volti al potenziamento delle competenze di base (in letto-scrittura, matematica, spaziali, nelle acquisizioni scientifiche, storico-geografiche, artistiche…), allo sviluppo della curiosità epistemica nei confronti della scienza e all’acquisizione del senso ludico dell’apprendimento (Coggi, 2015)26. Si tratta di attività didattiche sfidanti che si propongono di favorire la stimolazione cognitiva e lo sviluppo della motivazione per l’apprendimento, la scoperta, e l’acquisizione o il consolidamento di competenze fondamentali. Non si prevede una semplice “ripetizione” dei contenuti didattici che avrebbero dovuto essere oggetto dei programmi, ma di una stimolazione delle capacità di comprensione, di ragionamento, critiche e creative, in maniera ludica e accattivante (Trinchero, Piacenza, 2020)27. Un focus specifico è posto sulle materie STEAM e uno sullo sviluppo delle abilità linguistiche abitualmente carenti nei minori svantaggiati, a cui si rivolge prioritariamente il progetto.

 

Bibliografia

Calvani, A. , Fini, A. Ranieri, M. (2010), La competenza digitale nella scuola: modelli e strumenti per valutarla e svilupparla, Trento, Erickson.

Castoldi, M. (2020), Ambienti di apprendimento: ripensare il modello organizzativo della scuola, Roma, Carocci.

Trentin, G. (2020), Didattica con e nella rete. Dall’emergenza all’uso ordinario, Milano, Franco Angeli.

 

 

 

1 Professore ordinario di didattica e pedagogia speciale, Università degli studi di Torino.

 

2 Professore associato di Pedagogia Sperimentale, Università degli studi di Torino.

 

3 Save the Children (2020), Le equilibriste. La maternità in Italia 2020 https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/le-equilibriste-la-maternita-italia-nel-2020.pdf.

 

4 Rispetto a maltrattamento, trascuranza o violenza assistita subiti dai bambini nel periodo del lockdown non ci sono dati ufficiali. Si possono solo effettuare delle ipotesi per analogia con i dati emersi rispetto alla violenza sulle donne, che hanno potuto denunciare la loro situazione: durante i mesi di lockdown le telefonate ai numeri antiviolenza sono aumentate del 73% (Rapporto ISTAT 2020, Violenza di genere ai tempi del Covid). Sul fenomeno è necessario un monitoraggio importante e tempestivo da parte di ciascuna Regione. Si segnala che nella Regione Piemonte non sono stati promossi interventi specifici in questo senso.

 

5 ENOC, Statement on Children’s rights in the context of the Covid 19 outbreak, 1 aprile 2020 https://enoc.eu/?p=3254.

 

6 Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione – 2020-21 https://www.miur.gov.it/documents/20182/2467413/Le+linee+guida.pdf/4e4bb411-1f90-9502-f01e-d8841a949429?version=1.0&t=1593201965918.

 

7 Rapporto scuole aperte, società protetta (Politecnico di Torino, 2020) http://www.impreseaperte.polito.it/i_rapporti/scuole_aperte_societa_protetta.

 

8 Locatelli R., Mincu M. (2020), Italy: the struggle to define an innovative and inclusive educational project in the context of Covid 19 pandemic, in UKFIET https://www.ukfiet.org/2020/italy-the-struggle-to-define-an-innovative-and-inclusive-educational-project-in-the-context-of-covid-19-pandemic/.

 

11 Nuamah S., Good R., Bierbaum A., Simon E. (2020), School Closures Always Hurt. They Hurt Even More Now, in Education Week, vol. 39, n. 36, p. 19.

 

13 L’Italia, secondo il Rapporto OCSE 2019, presenta una percentuale di adulti con un livello minimo superiore alla media internazionale.

 

16 MIUR, Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2017-18, luglio 2019.

 

17 Chaguan (2020), This vims also kills dreams, in Economist; Vol. 434, n. 9186, p. 39.

 

18 Kwok-sze R.W. (2020), Students are stressed. Educators can help school counselors offer strategies educators can use to address students’ well-being, in “The Learning Professional”, 41, 3, pp. 35-37.

 

19 Indagine 2020 condotta all’interno del Progetto Provaci ancora Sam (Compagnia di San Paolo).

 

20 Con una ripresa “a macchia di leopardo” in Piemonte.

 

21 Un progetto del Comune di Torino ha consentito, in seguito al primo periodo, di avviare una scuola a distanza nel campo (A.I.Z.O. Onlus).

 

22 Chiamatela Technology Enhanced Learning non didattica a distanza, https://www.ai4business.it/ricerca/chiamatela-technology-enhanced-learning-non-didattica-a-distanza/.

 

23 Libro Bianco su Istruzione e Formazione. Insegnare e apprendere verso la società conoscitiva https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:1995:0590:FIN:IT:PDF.

 

25 Zalaznick M. (2020), How to combat the ‘Covid slide’ when schools reopen Starting the 2020-21 school year early and lengthening the calendar could offer more equity, in District Administration (https://districtadministration.com/covid-19-summer-slide-learning-loss-nwea-reading-math-ela/).

 

26 Coggi C. (2015, a cura di), Favorire il successo a scuola. Il Programma Fenix dall’infanzia alla secondaria, Lecce, PensaMultimedia.

 

27 Trinchero, R., Piacenza, S. (2020), Un percorso formativo alla comprensione del testo matematico, dai 5 ai 14 anni. In Didattica della matematica, in Dalla ricerca alle pratiche d’aula, n. 7, pp. 50-74.