Il sistema delle Conferenze: dossier di approfondimento

Premessa.

Il presente dossier raccoglie una serie di documenti sull’argomento del c.d. “sistema delle Conferenze”.

Si tratta di un tema di rilievo che, tuttavia, risulta sottostimato e non organicamente collegato alla ipotizzata riforma del bicameralismo.

La Commissione parlamentare per le questioni regionali, in data 11 novembre 2015, ha deliberato l’avvio di una “Indagine conoscitiva” sulle forme di raccordo fra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle Conferenze”.

Nel corso delle audizioni sono emersi vari orientamenti fra loro molto diversificati.

Si è pertanto ritenuto utile raccogliere, nel modo più completo possibile, una serie di interventi per consentire un approfondimento sulla materia e un confronto sui punti più discussi.

In particolare è stata fatta una ricognizione delle audizioni svolte presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali, ma si sono segnalati anche testi che affrontano la tematica nell’ambito del dibattito sulla riforma costituzionale.

Il dossier è suddiviso in due parti.

Nella prima sono segnalati, tramite collegamento ipertestuale, i testi delle audizioni pubblicati sul sito istituzionale della Camera dei deputati, nella sezione “Commissione parlamentare per le questioni regionali” oppure quelli reperibili, in forma rielaborata, su alcune riviste scientifiche on line.

Nella seconda parte sono invece pubblicati, per esteso, i testi delle audizioni  dell’onorevole Bressa e del prof. Luther. Il primo documento viene pubblicato per esteso in ragione non solo dell’autorevolezza dell’autore, che è sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie, ma anche delle modalità molto esplicite e chiare nell’affrontare, e dunque nel presentare, l’argomento. Il secondo in quanto il prof. Luther  è componente del Comitato scientifico della Rivista “Il Piemonte delle autonomie”.

I testi delle audizioni sono stati inseriti in ordine cronologico.

Non tutti i documenti sono immediatamente consultabili in quanto i link possono rimandare a riviste in abbonamento.

 

                                                                                                                                                     PARTE I

1. Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “Sistema delle conferenze”. 

Testi delle audizioni e articoli.

 

Maria Elena Boschi, audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle Conferenze», sito Camera dei deputati, 13 gennaio 2016

Angelino Alfano, audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle Conferenze», sito Camera dei deputati, 21 gennaio 2016

Franco Bassanini, audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle Conferenze», sito Camera dei deputati, 11 febbraio 2016

Raffaele Bifulco, Guido Riviosecchi, audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle Conferenze», sito Camera dei deputati, 25 febbraio 2016

Guido Rivosecchi, audizione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle Conferenze”, 25 febbraio 2016, in rivista on line Associazione Italiana dei Costituzionalisti

Luca Castelli, audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle Conferenze», 2 marzo 2016, in rivista on line Astrid

Massimo Carli, Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle conferenze”- Intervento, 9 marzo 2016, in rivista on line Astrid

Rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, audizione 23 marzo 2016, sito Camera dei deputati

Alessandro Morelli, Audizione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle Conferenze”, 23 marzo 2016, in rivista on line Associazione Italiana dei Costituzionalisti,

Luciano Vandelli, Il “sistema delle Conferenze” dopo la riforma costituzionale, audizione 21 aprile 2016, in rivista on line Astrid

Documento Upi, Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle conferenze, 28 aprile 2016, in rivista on line Astrid

Giusto Puccini, Riforma del bicameralismo e “Sistema delle Conferenze”, Seminario Astrid sul tema “Riforma del bicameralismo, composizione e ruolo del Senato”, 5 maggio 2016, in rivista on line Astrid

Anna Mastromarino, Audizione del 9 giugno 2016 alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle conferenze”, in rivista on line Associazione Italiana dei Costituzionalisti, 20 giugno 2016

Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, Commissione Parlamentare per le questioni regionali. Audizione sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al sistema delle Conferenze, 28 giugno 2016, on line su www.corteconti.it

Raffaele Squitieri, Presidente della Corte dei Conti e Adolfo Teobaldo, Presidente di sezione della Corte dei conti, Audizione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», 28 giugno 2016, in rivista on line Astrid

Nicola Lupo, Audizione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», 7 luglio 2016, in rivista on line Astrid

Enrico Costa, Audizione alla Commissione parlamentare per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», 21 luglio 2016, in rivista on line Astrid

Senato della Repubblica, Indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al  “sistema delle conferenze”, Documento conclusivo, 13 ottobre 2016, on line su www.senato.it

PARTE II

 

1. Indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “Sistema delle conferenze”.

Audizione di G. Bressa, Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie 1

 

XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Seduta n. 5 di Giovedì 18 febbraio 2016

Bozza non corretta

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALBERT LANIÈCE

La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

(Omissis…)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», l’audizione del Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa, che ringrazio per essere qui e per la sua disponibilità.

Do la parola al Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie.

Grazie, presidente. In tutti gli Stati federali esistono sistemi di conferenze, sia di livello orizzontale sia di livello verticale. Le prime sono composte da rappresentanti degli Stati membri e sono molto presenti ed efficaci soprattutto negli Stati federali classici. Le conferenze di livello verticale sono, invece, composte da rappresentanti della federazione e degli Stati membri. Pur essendo diffuse in tutti gli Stati federali o con ordinamento regionale, le conferenze hanno ricoperto ruoli diversi, in dipendenza di differenti variabili legate all’ordinamento nel suo contesto.

Una prima variabile è la forma di governo. Negli Stati federali a forte separazione dei poteri, come nel caso degli Stati Uniti, le conferenze di livello verticale, pur presenti, hanno svolto un ruolo minore rispetto alle «sorelle» presenti in altri Stati federali. È molto probabile che ciò sia dovuto alla diversa capacità implementativa dei capi di governo nei sistemi a forte separazione dei poteri. Negli Stati federali a governo parlamentare, invece, le Conferenze di livello verticale sono presenti e rappresentano uno snodo importante del sistema istituzionale.

Una seconda variabile è data dal modo in cui, negli Stati federali a governo parlamentare, è organizzato il circuito decisionale centrale. In presenza di una seconda Camera debole, come il caso

del Canada, le conferenze hanno assunto un ruolo via via crescente, fino a connotare il tipo di federalismo. L’executive federalism allude appunto al ruolo che gli esecutivi hanno avuto  nell’assunzione delle principali scelte politiche, attraverso la Conferenza dei primi ministri.

Sostanzialmente, è in questa sede, non nel Senato, che vengono prese o comunque discusse decisioni politiche centrali, coinvolgenti la federazione e gli Stati.

Ad un fenomeno simile si assiste in Spagna. Anche in questo ordinamento la scarsa efficacia del Senato ha fatto sì che l’articolazione delle relazioni intergovernative prendesse forma al di fuori del circuito parlamentare. L’esperienza spagnola non si caratterizza per la presenza di una conferenza di livello verticale dal forte peso politico, bensì da relazioni intergovernative di tipo bilaterale, in cui ciascuna comunità autonoma si rapporta individualmente con il potere centrale. Anche il Belgio è approdato a un sistema federale attraverso un processo fortemente dissociativo. La contrapposizionelinguistica tra fiamminghi e francofoni – a parte la piccola minoranza tedesca – ha segnato l’evoluzione della forma di Stato a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.

Su un modello federale fortemente duale, in cui i criteri di distribuzione delle competenze poggia sull’esclusività, sono stati progressivamente inseriti elementi di cooperazione, in particolare organismi di cooperazione che danno vita a un sistema estremamente complesso. In sintesi, possiamo dire che tali organismi, più che svolgere una funzione di sintesi politica, come accade in Germania, svolgono una funzione paragiurisdizionale, in quanto sono orientati alla soluzione di conflitti tra comunità, Regioni e Stato.

La Germania mostra un articolato sistema di conferenze, pur in presenza di una seconda Camera   (Bundesrat), che è per molti versi indicata come un modello di efficienza. In effetti, la conferenzapiù rilevante è appunto quella di livello orizzontale, cioè la Conferenza dei capi e degli esecutivi dei Länder, che si riunisce, senza alcun vincolo di forma, una volta all’anno. Le deliberazioni sono prese all’unanimità e vertono su tutte le questioni che hanno un peso rilevante per le politiche dei Länder.

Le forme di cooperazione verticale più rilevanti sono direttamente previste in Costituzione agli articoli 91a e 91b e riguardano singoli settori, quali il miglioramento della struttura economica regionale, della struttura agraria, della protezione delle coste e altri. Questo peculiare assetto può trovare una spiegazione nel modo in cui sono concretamente articolate la funzione legislativa e quella amministrativa nel federalismo tedesco. La Federazione ha concentrato sempre più presso di sé la funzione legislativa, mentre quell’amministrativa è stata lasciata ai Länder. Le caratteristiche del regionalismo italiano aiutano a comprendere il perché del «sistema delle conferenze»: da un lato, l’assenza di una seconda Camera capace di dare voce al centro degli interessi territoriali, dall’altro, il forte rilievo assunto dai comuni, riconosciuto dalla Costituzione, in particolare dall’articolo 118, primo comma.

In estrema sintesi, vanno cercate le origini di un sistema imperniato sulla Conferenza Stato-Regioni, sulla Conferenza unificata e sulla Conferenza Stato-città. Va anche aggiunto che il sistema è nato e si è poi assestato grazie al decreto legislativo n. 281 nel 1997, sulla base di un assetto normativo diverso e comunque antecedente rispetto a quello venuto fuori con le riforme costituzionali del 1999 e del 2001.

Come impatta la riforma costituzionale in itinere su questo sistema? Il futuro Senato è chiamato a dare rappresentanza al centro alle istituzioni territoriali. La sua istituzione renderà superfluo «sistema delle conferenze»?

Tutto ciò è difficile da credere per una serie di ragioni.

In primo luogo, il futuro Senato ha funzioni definite dal punto di vista legislativo. Certo, molto dipenderà dalla concretezza della prassi e da quello che sarà il suo primo Presidente, che ne determinerà la dinamica nel rapporto con la Camera nel procedimento legislativo. Tuttavia, il futuro Senato non pare destinato ad assumere il ruolo che ha, per esempio, svolto il Bundesrat tedesco per più di cinquant’anni. La riforma costituzionale limita a determinate materie il suo intervento  collaborativo dal punto di vista legislativo. In particolare, il futuro Senato, più che chiamato a determinare le politiche nazionali, sembra chiamato a garantire il sistema delle autonomie, cosa in sé molto significativa.

Non va, inoltre, trascurato il dato comparatistico sopra richiamato: in tutti gli Stati federali o regionali, con forma di governo parlamentare, le conferenze hanno svolto un ruolo centrale, affiancandosi alla seconda Camera rappresentativa degli enti territoriali.

In secondo luogo, il Senato sarà composto da esponenti dei Consigli regionali, non dagli esecutivi regionali. Gli stessi Presidenti della giunta potranno farne parte, solo in quanto consiglieri regionali.

Inoltre, la previsione dell’elezione con metodo proporzionale allenta ulteriormente il vincolo con il territorio, a favore di quello di appartenenza politica. Coerentemente con la scelta relativa al metodo di elezione dei componenti, i futuri senatori non saranno sottoposti a vincolo di mandato.

In terzo luogo, è da considerare il nuovo assetto delle competenze. La revisione costituzionale in corso riporta al centro molte materie. In molti casi, il compito dello Stato sarà, però, quello di definire disposizioni generali ai comuni che chiamano in causa le funzioni legislative, regolamentari e amministrative delle Regioni.

Se l’intento della riforma costituzionale è anche quello di stemperare il conflitto costituzionale svoltosi dinanzi alla Corte costituzionale, l’unica strada da percorrere è la determinazione consensuale degli obiettivi attraverso processi politici, legislativi e amministrativi. Un organismo agile e snello che riunisca l’Esecutivo nazionale e quelli E regionali chiamati insieme al Parlamento a scegliere e a definire le politiche nazionali si rivelerà ancora necessario. Queste caratteristiche del futuro assetto istituzionale spingono a pensare che continuerà a esserci il bisogno di sedi di raccordo tra l’Esecutivo statale e gli Esecutivi regionali.

C’è ragione di credere che l’entrata in vigore della riforma costituzionale e la sua attuazione accentueranno il bisogno di una sede politica in cui Stato e Regioni possano confrontarsi sulle politiche pubbliche nazionali, sulle priorità e sulle scelte necessarie per attuarle. Questa funzione non può essere assegnata alla Conferenza Stato-Regioni nella sua configurazione attuale, ma è necessario provare a rilanciare lo spirito iniziale che portò all’istituzione della Conferenza Stato- Regioni in uno scenario completamente rinnovato sul piano istituzionale. Nel nuovo contesto, il modello cui tendere potrebbe essere quello di una conferenza degli esecutivi, composta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Presidenti delle giunte regionali e delle due Province di Trento e Bolzano, sulla falsariga di quelle operanti in Stati federali, come l’Australia (Council of Australian Governments) e il Canada (First Ministers’ conference). A somiglianza di quanto accade in questi sistemi federali, gli incontri dovrebbero avere ad oggetto temi eminentemente politici e, quindi, si dovrebbe trattare di una sorta di conferenza intergovernativa in cui Stato e   misurata dalla capacità di determinare o comunque influenzare l’agenda dell’attività di un Parlamento in cui le Regioni saranno pienamente rappresentate. Quanto alla composizione, va tenuta presente la composizione del nuovo Senato che vede al proprio interno la presenza prevalente  di rappresentanti regionali, ma anche di rappresentanti dell’ente comunale. Si apre, quindi, la possibilità della presenza anche di un rappresentante del livello comunale, nella figura, ad esempio, del Presidente nazionale dell’ANCI. 

Almeno inizialmente, non appare necessaria alcuna formalizzazione normativa dell’evento istituzionale, anzi pare di poter dire, sulla scorta delle più risalenti esperienze federali, che maggiore sarà l’effettività politica del nuovo organismo, se minore sarà l’opportunità di una sua disciplina normativa.

Per il tono eminentemente politico di queste riunioni, esse sono spesso caratterizzate da una tendenziale informalità. La menzionata Conferenza dei capi degli esecutivi in Germania pur riguardando il solo livello orizzontale, è sorta spontaneamente, senza bisogno di previsioni normative che la chiamassero in vita.

Con riguardo alla cadenza degli incontri, è possibile immaginare, per ora, una o al più due riunioni per anno. Negli Stati federali la frequenza delle riunioni varia di Stato in Stato; per esempio, è annuale in Australia, più frequente in Canada.

In ogni caso, l’autorevolezza dell’istituzione è legata alla circostanza che le riunioni sono spesso precedute da consultazioni dei livelli di Governo statali, da richieste di integrazione dell’ordine del giorno da parte degli Stati, dalle aspettative e anche dal clima, più in generale, mediatico che si crea intorno a questi incontri.

Rimane il profilo più delicato relativo ai rapporti della Conferenza degli esecutivi con il «sistema delle conferenze» vigente. La natura prettamente politica della prima non porta a escludere il «sistema delle conferenze», anzi si potrebbe pensare a un’organizzazione reticolare con al centro la Conferenza degli esecutivi e intorno a essa l’attuale «sistema delle conferenze», che ha bisogno, tuttavia, di aggiustamenti.

A quest’ultimo proposito, si pensi agli effetti della legge Delrio: la dequotazione delle province e l’istituzione delle città metropolitane avranno sicuri effetti sulla rappresentatività e sulle modalità di voto e non solo. Inoltre, se c’è una camera legislativa in cui le autonomie sono rappresentate e se dovesse esserci un luogo di confronto politico tra gli esecutivi, resta aperto e da riscrivere il ruolo dell’attuale «sistema delle conferenze», con l’obiettivo di rafforzarne l’attività di implementazione delle decisioni normative, anche nell’attuazione amministrativa. Soprattutto, va meglio definita la funzione dell’intesa, come strumento per rendere effettivo il rispetto del principio di leale collaborazione, in un quadro costituzionalmente mutato, ma che non può comunque essere declinato in chiave centralistica.

Ricordo sempre la grande lezione del professor Bartole, che ritiene che la rilevanza costituzionale della collaborazione si configuri come un problema di interpretazione del sistema complessivo e come l’espressione di un indirizzo più flessibile e adeguabile a una situazione politica, che comunque continuerà a richiedere un assetto delle competenze statali e regionali difforme da quello fondato su una rigida e garantita separazione. In tal senso, il problema non è e non è mai stato la costituzionalizzazione del «sistema delle conferenze», ma del ruolo, rilevante sul piano dei princìpi costituzionali, che vogliamo assegnare loro. Questo è anche il motivo per cui sarebbe un errore rinunciarvi.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D’ALIA

PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa per la sua relazione, che è molto interessante perché ci fa entrare nel vivo e nella concretezza delle questioni che sono oggetto della nostra indagine.

Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, presidente. Prima lei ha detto scherzosamente al Sottosegretario Bressa che sarebbe il caso di sopprimere questa Conferenza, visto che abbiamo introdotto il nuovo Senato, con queste funzioni: faccio però fatica a comprendere la sua spiegazione. Non le sembra che ci sia un assembramento di organismi? Glielo chiedo perché abbiamo già il Senato che è collegato alle Regioni, la Conferenza che pare debba sopravvivere e, almeno per le Regioni a statuto speciale, le Commissioni paritetiche. Certo, questi organismi e questi enti si possono anche coordinare, però si contenderanno le competenze. Tutti quanti si preoccupano di fare un coordinamento centrale, per cui, di federalismo, è rimasto ben poco in fondo.

Tuttavia, se questi organismi e questi enti devono sopravvivere, si trova sempre qualche funzione, con buona volontà. Mi sembra che la sua sia stata appunto una elencazione di buoni intenti che, volendo e se qualcuno lavora bene, può avere anche senso. Certo, in questo caso devo dire che stiamo esagerando perché siamo arrivati a un assembramento di enti intermedi.

FRANCESCO RIBAUDO. Qualche giorno fa si è svolta l’audizione dell’onorevole Bassanini:

vorrei capire se il Sottosegretario Bressa condivide l’impostazione da lui esposta sul nuovo sistema delle conferenze, cioè quella di dare, nella trasformazione che sarà necessaria, solo una funzione amministrativa vera e propria e non più una partecipazione attiva, cioè nella fase di formazione della legge e, quindi, nella fase ascendente, come avviene per ora per molti provvedimenti. Certo, essendovi il Senato che rappresenta le autonomie, su quel fronte penso che non sia necessario l’intervento delle conferenze.

Ritengo, invece, che il coinvolgimento delle autonomie locali – Città metropolitane, Comuni e Regioni – sia ancora necessario e veramente utile nella fase di definizione degli atti amministrativi e legislativi, cioè atti di Governo vero e proprio, ciò comporterà chiaramente una modifica sostanziale anche nell’organizzazione.

PRESIDENTE. Rivolgo anch’io, qualche domanda al Sottosegretario.

Dalla relazione sembra emergere con chiarezza la necessità che il «sistema delle conferenze» sia uno strumento necessario anche a seguito della riforma costituzionale e dell’introduzione del nuovo Senato e che debba essere uno strumento integrato o complementare con esso. Mi pare anche di capire dalla sua relazione che comunque, anche a Costituzione vigente e non ancora modificata, il «sistema delle conferenze» necessiti di una riforma che renda più agevole il funzionamento e il raccordo, nell’attuazione del principio di leale collaborazione che oggi sovrintende i rapporti fra lo Stato e le Regioni.

Per queste ragioni, le rivolgo qualche domanda, anche a seguito delle audizioni che abbiamo svolto.

Secondo lei sarebbe utile se la legge elettorale per il nuovo Senato prevedesse la necessità della partecipazione allo stesso dei Presidenti di Regione? Quale dovrebbe essere, alla luce della natura della Camera dei territori così come viene configurata nella riforma costituzionale, l’organizzazione del Senato che è speculare a quella delle conferenze? Secondo lei, poiché si tratta di una Camera che tutela o dà voce agli interessi cosiddetti territoriali, la sua organizzazione e il suo funzionamento dovrebbero essere più orientati, anche nella costituzione dei gruppi parlamentari del Senato e nel funzionamento delle strutture, per componenti politiche, come avviene oggi, o viceversa, essere organizzati sulla base della rappresentanza territoriale delle Regioni e dei Comuni? Un’ulteriore questione di nostro interesse, che peraltro è stata oggetto anche dell’audizione del Ministro dell’interno Alfano, riguarda il ruolo e il funzionamento della Conferenza Stato-città.

La composizione attuale della Conferenza Stato-città, quindi anche della Conferenza unificata,  consente la partecipazione del sistema delle autonomie locali, cioè dei sindaci e dei presidenti degli enti di area vasta (ex province), attraverso associazioni di diritto privato, l’ANCI e l’UPI, che designano i rappresentanti all’interno della Conferenza. In merito a ciò, anche una parte della dottrina si è soffermata per evidenziare il rischio di una carenza obiettiva di rappresentatività.

Le chiedo, poiché il sistema elettivo del Senato comunque consente la partecipazione dei sindaci, ancorché eletti dai Consigli regionali, in un’ipotesi di riorganizzazione e di riforma del sistema delle Conferenze, se sia opportuno che la partecipazione degli amministratori degli enti locali sia legata alla designazione fatta dalle «associazioni» di categoria o attraverso un sistema che possa forse garantire una partecipazione anche più ampia degli enti locali.

Lo dico perché abbiamo 8.000 comuni, 100 ex province, anzi forse anche di più di 100 ma non tutti questi soggetti aderiscono o hanno aderito a queste associazioni: le domando, quindi, se non sia per caso utile studiare o introdurre un meccanismo che consenta una più larga investitura dei soggetti che nel «sistema delle conferenze» rappresentino gli amministratori degli enti locali.

Le sottopongo un’ulteriore questione con riferimento a un aspetto che nell’audizione della Ministra Boschi è stato evidenziato, cioè la scarsa trasparenza – non vorrei essere equivocato nel termine – delle attività del «sistema delle conferenze».

Il «sistema delle conferenze», oggi, è un sistema che concentra in sé l’80 per cento, a volere essere generosi, del carico di lavoro delle attività che segnano i rapporti fra lo Stato, le Regioni e il sistema delle autonomie territoriali. Questo è evidente sia per le decisioni di carattere strategico e politico, come ci ha detto anche la Ministra della salute Lorenzin, sia per quelle attinenti maggiormente all’attività amministrativa, che diventa la parte più determinante del modo in cui, sui territori, si articolano le scelte in settori strategici, dalla sanità alla formazione e così via.

In questo sistema, la pubblicità e l’accessibilità da parte dei cittadini, con la riforma del nuovo Senato e quindi con la Camera dei territori, diventeranno oggettivamente più ampie: le chiedo, quindi, se ritiene opportuno, anche da questo punto di vista, introdurre sistemi che consentano forme di pubblicità più accessibili per i cittadini riguardo al lavoro, alle decisioni, alle metodologie, all’organizzazione e al funzionamento del «sistema delle conferenze». Sottosegretario, la ringrazio anche per l’analisi di diritto comparato che ha svolto nella relazione, che sarà uno degli aspetti che approfondiremo nella nostra indagine conoscitiva.

Un’ulteriore domanda riguarda il fatto che l’analisi comparata degli ordinamenti in cui sono presenti organi di coordinamento intergovernativo rileva che in molti casi si è fatto riferimento e si è fatto ricorso a una organizzazione del «sistema delle conferenze» che tenda ad assicurare una specializzazione per materie. La relazione intergovernativa tra lo Stato centrale o federale le Regioni avviene non in maniera «generalista» in un’unica sede, ma in sedi specializzate di raccordo che riguardano i vari settori di intervento in cui vi è una concorrenza delle competenze o una condivisione nelle scelte delle competenze statali e regionali. Le chiedo se ritenga che, anche da questo punto di vista, vi possa essere una soluzione che migliori la qualità del lavoro delle conferenze, quindi anche la funzione di raccordo che il nuovo Senato è chiamato a svolgere.

Da ultimo, nel corso dell’audizione del professor Bassanini, ma anche della discussione che abbiamo svolto con i colleghi in Commissione, è emerso che forse sarebbe necessario pensare a un collegamento molto più stretto, appunto perché si ritiene necessario mantenere il «sistema delle conferenze», ancorché riformato con l’introduzione del nuovo Senato. Tuttavia, si evidenzia la necessità di capire come si possa articolare in concreto una forma di collegamento funzionale del «sistema delle conferenze» rispetto al lavoro parlamentare del nuovo Senato, che è nuovo e complesso.

Inoltre, le domando se questo non possa, ad esempio, implicare anche la possibilità di immaginare una struttura amministrativa unica, del «sistema delle conferenze» e del nuovo Senato che sia una struttura amministrativa unica, per le parti di rispettiva competenza, per il Senato e per il «sistema delle conferenze», che sono diversi ma che, inevitabilmente, devono svolgere un’attività insieme.

Lo dico perché altrimenti si rischia o la sovrapposizione o la possibilità di assumere decisioni politiche divergenti, il che non rientrerebbe nella logica della riforma costituzionale. Sto parlando di una struttura amministrativa unica che possa condividere e predisporre l’istruttoria per tutti gli atti che poi saranno di competenza o del nuovo Senato, rispetto a ciò che la riforma costituzionale prevede, o il «sistema delle conferenze», ovviamente riformate. La ringrazio.

GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie. Io vorrei che fosse chiara una cosa, altrimenti rischiamo di procedere per stereotipi.

Gli Stati federali o gli Stati a ordinamento regionale portano con sé, per definizione, la necessità di strumenti di collegamento e di coordinamento tra livello centrale e livello federale. Inoltre, ciò comporta modalità che, a seconda dei vari modelli con cui i federalismi si sono sviluppati, sono molto chiare: vi sono strumenti e istituzioni che possono essere diversi tra di loro, ma per i quali esistono comunque strumenti di raccordo, quindi la definizione della funzionalità di uno Stato federale non si fa sulla base della conta delle istituzioni che si occupano del coordinamento tra i vari livelli, ma sulla base dell’efficienza complessiva del sistema.

Noi dobbiamo fare i conti con il modello che risulta dalla riforma costituzionale, che prevede una Camera politica e una Camera di rappresentanza territoriale, le cui competenze sono legislative a pieno titolo, ma ruotano sostanzialmente attorno alla garanzia del sistema delle autonomie.

Questo è straordinariamente importante perché, laddove è necessario o assumere decisioni legislative che tengano insieme il livello statale e quello regionale, questo è il luogo dove questo avviene, prima e non dopo. Stiamo quindi parlando di una dimensione propriamente legislativa.

Inoltre, voi tutti sapete che le azioni di Governo consistono nel predisporre le leggi, ma sono fatte anche di politiche pubbliche e, quindi, se il Senato riformato assolve pienamente e in maniera compiuta alla necessità di raccordare le legislazioni, il primo Presidente del Senato avrà una responsabilità immensa, perché sarà colui il quale determinerà il rapporto tra Camera e Senato nel procedimento legislativo. Ci sarà molto più da scrivere con la prassi e con le convenzioni che non con il testo scritto della Costituzione.

Certo, se siamo d’accordo che il compito del nuovo Senato è questo, sappiamo che il resto appartiene ad altri livelli istituzionali, cioè ai livelli di governo e ai livelli cui competono le decisioni amministrative, quindi non possiamo sovraccaricare il Senato di funzioni e compiti che non ha.

D’altra parte, non possiamo immaginare, poiché noi siamo uno Stato regionale, che il Governo nazionale non abbia le occasioni per confrontare la propria politica pubblica, per esempio sui trasporti, sulla sanità e sulla ricerca, con i sistemi regionali che hanno competenze a riguardo. Ecco perché, quando parlo di una Conferenza degli esecutivi cui affidare un ruolo eminentemente politico, non ho in mente una sovrastruttura o di soggetti che necessitino di nuove elezioni o di nuovi meccanismi. Ho in mente semplicemente che il Presidente del Consiglio, insieme al soggetto eventualmente delegato, incontri i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome una o due volte all’anno per definire le rispettive posizioni e confrontarsi su quelle che saranno le scelte politiche degli esecutivi.

Faccio un esempio: non è pensabile, come è accaduto recentemente con riferimento al Piano di smaltimento dei rifiuti e alla previsione, alla luce della normativa europea, di identificare gli inceneritori di interesse nazionale, che il rapporto tra Governo e Regioni si limiti a due sedute di discussione in Conferenza Stato-Regioni, anche se accompagnate da una serie di incontri bilaterali: politicamente non c’è mai stato il confronto tra le proposte politiche e le azioni politiche delle singole Regioni e l’idea politica del coordinamento e delle scelte politiche nazionali.

Ho riportato l’esempio dello smaltimento dei rifiuti, ma lo stesso dicasi per le grandi infrastrutture, la sanità, la ricerca e qualsiasi argomento che ha a che fare con la politica di Governo sia nazionale o sia regionale.

Noi abbiamo smarrito la funzione costituzionalmente definita che è affidata alle Regioni. Certo, le  regioni hanno una competenza legislativa, ma non si risolve nella competenza legislativa la funzione politica istituzionale delle Regioni. Le Regioni sono nate perché dovevano essere attori di politiche pubbliche rispettose e a contatto con le esigenze dello sviluppo del proprio territorio.

Direi che, nel corso degli ultimi anni, questa funzione così forte si è in qualche modo stemperata.

Inoltre, le Regioni sono diventate delle gigantesche macchine burocratico-amministrative, capaci  anche di decisioni politiche importanti, che hanno, comunque, l’obiettivo, costituzionalmente loro assegnato, di essere una parte fondamentale e decisiva delle politiche pubbliche di questo Paese, per cui il «sistema delle conferenze» deve rientrare in questo circuito, non come una proliferazione e un assembramento di istituzioni, ma come buon meccanismo di un sistema che ha una propria capacità di confronto, con la traduzione di tale confronto in azioni politiche efficaci per i cittadini che vengono governati.

Non si tratta di una dichiarazione di buone intenzioni, ma semplicemente di una visione istituzionale su cosa sia uno Stato regionale e su come uno Stato regionale possa funzionare. Tale Stato è un orologio che, se mancano dei meccanismi, segna l’ora esatta solo due volte al giorno perché è fermo. Tuttavia, non possiamo più permetterci questo lusso.

Rispondo quindi alle domande specifiche che mi sono state rivolte. Purtroppo non ho avuto modo di ascoltare l’audizione dell’onorevole Bassanini, che però credo abbia detto sostanzialmente quello che anch’io ho cercato di delineare: è chiaro che il «sistema delle conferenze» attuale, se esiste questa Conferenza di livello politico, deve essere concentrato sull’attuazione amministrativa di tutti i provvedimenti, ma anche sull’implementazione normativa, perché non è detto che tutto si risolva nel circuito Governo-Parlamento.

Noi sappiamo che l’attività delegata poi non avrà nel Senato un luogo di confronto vero o, meglio, pur avendolo, questo sarà limitato, quindi sarà necessario che, nell’attuazione dei decreti legislativi, il mondo degli esecutivi regionali possa avere un luogo di confronto.

Soprattutto, al di là di una dimensione amministrativa che deve essere perfezionata e razionalizzata, il senso del permanere delle conferenze, così come sono adesso, sta nell’istituto dell’intesa, che rappresenta lo strumento attraverso il quale si raggiunge un accordo su politiche fondamentali tra il Governo e le Regioni.

La settimana scorsa abbiamo concluso due importantissime intese con il sistema regionale.

Un’intesa ha riguardato la ripartizione del taglio e la ripartizione del Fondo sanitario. Capite bene è che questo è un atto di Governo: dopo l’approvazione del Parlamento sono le Regioni che devono valutare il modo con cui il taglio ha effetti sui propri e sui rispettivi bilanci e, quindi, esercitano una funzione di controllo rispetto all’attività del Governo.

L’altra intesa che abbiamo raggiunto era l’accordo tra lo Stato e le Regioni per la distribuzione di 4 miliardi e mezzo di euro per investimenti nella banda ultralarga. A riguardo, dopo un confronto piuttosto serrato, si è deciso come queste risorse dovessero essere distribuite Regione per Regione.

Questi esempi rappresentano atti e dimensioni che sfuggono, ovviamente, alla mera definizione del contenuto legislativo di una norma, perché attengono all’attuazione delle leggi e dei contenuti delle previsioni normative. In tal senso, il Senato svolge una funzione e la Conferenza degli esecutivi resta a un livello di confronto eminentemente politico.

Sono tanto convinto di questo che sono perfino convinto che ciò non debba essere nemmeno regolato con una legge, cioè dovrebbe nascere spontaneamente, come accaduto in Germania perché è un’esigenza vitale per le Regioni avere un confronto col Governo centrale e viceversa. Certo, in questa dimensione della ridefinizione del «sistema delle conferenze» sicuramente i problemi sono abbastanza delicati.

Per quanto riguarda la legge elettorale per il Senato, si affronta un tema incandescente.

L’onorevole Kronbichler mi sembra sia particolarmente contento della legge che abbiamo approvato. La presenza obbligatoria dei Presidenti non credo sia possibile perché avremmo dovuto probabilmente inserire tale previsione direttamente in Costituzione.

Il Presidente di una Regione ha la possibilità di essere eletto perché potrebbe essere il capolista della lista o, nel caso di rappresentanza di due soli senatori per Regione, potrebbe essere proposto direttamente dal Consiglio regionale.

Per quanto riguarda l’organizzazione del Senato, credo che la logica vorrebbe, in coerenza con lo spirito della riforma, che non ci siano gruppi politici. Ritengo che sia complicata, anche se auspicabile, l’organizzazione per gruppi territoriali, perché non abbiamo previsto, a differenza di altri sistemi, il voto bloccato per rappresentanze regionali.

Non ho condiviso – è un’opinione strettamente personale – la soluzione trovata del sistema elettorale diretto, perché, di fatto, come ho detto anche nella relazione, se si astrae quel tipo di rappresentanza, cioè la rappresentanza territoriale, in qualche modo, si attribuisce una rappresentanza politica, seppure diminuita, per le competenze del Senato nei confronti del Governo, non essendovi il voto di fiducia.

Credo che sarebbe un segno di grande intelligenza istituzionale se il prossimo Regolamento del Senato prevedesse un’articolazione dei gruppi per territori e non per formazioni politiche.

Il ruolo della Conferenza Stato-città pone una questione più generale che riguarda l’efficacia e la serietà del modello rappresentativo degli enti territoriali, perché la possibilità di immaginare modifiche della diversa composizione della Conferenza Stato-città, cui faceva riferimento il Presidente, è astrattamente possibile e praticamente molto complesso.

Per la Conferenza Stato-città, che ha una funzione in questo caso eminentemente consultiva,bisognerebbe prevedere per legge una rappresentanza estremamente complessa, perché vi sono 8.000 comuni, di cui 5.000 al di sotto dei 5.000 abitanti, e venti Regioni: non saprei, quindi, quale potrebbe essere il meccanismo in grado di individuare realmente una rappresentatività capace di essere tale e non, invece, frutto di altre forme e altri tipi di accordi.

Certo, se mi rendo conto che è complesso immaginare una forma di rappresentatività, mi rendo anche conto che attualmente il sistema è debole. Lo dico perché l’ANCI è un’organizzazione sostanzialmente privata, anche se composta da enti pubblici, che continua ad avere carichi di responsabilità decisionale sempre crescenti: per tale motivo io sposterei l’asse del problema dallemodalità di elezione o nomina dei rappresentanti nella Commissione – uso un termine inappropriato per brevità – la definizione del ruolo delle associazioni rappresentative degli enti locali.

L’attività delle attuali Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Unificata non è poco trasparente, ma poco interessante, il che è diverso, nel senso che su trenta punti all’ordine del giorno, un paio possono avere un significato perché o precludono a un’intesa o pongono un tema rilevante, mentre gli altri concernono tutti atti di attuazione amministrativa di previsioni di legge o di pareri su adeguamenti normativi alla normativa europea. Con riferimento all’adeguamento alla normativa europea, una gran parte di questi atti potrà essere assolta dal Senato e quindi alleggerita.

L’attività amministrativa finalizzata a definire il provvedimento attuativo delle previsioni normative, ad esempio per difendere gli olivi dalla xylella, è effettuata da personale tecnico e addetti ai lavori. Comunque, tutti gli atti della Conferenza sono pubblici e accessibili in via telematica, perché a distanza di due o tre giorni vengono pubblicati: l’accesso, come per tutte le altre attività amministrative, dà la possibilità di vedere la documentazione alla base delle decisioni assunte.

Per quanto riguarda la questione della specializzazione per materie, di fatto il «sistema delle conferenze» attuali già la prevede, nel senso che si arriva in sede plenaria dopo che le pratiche sono state istruite dalle varie Commissioni tecniche, composte dai rappresentanti delle Regioni e dai rappresentanti delle amministrazioni interessate. Io non avrei in mente come sbocco finale il modello del Belgio dove il sistema è stato formalizzato evi è una Commissione che si occupa delle infrastrutture e delle ferrovie, una della scuola e così via. Questo avviene ma su un piano di confronto tecnico, che trova poi una sintesi nella riunione della Conferenza Stato-città o della Conferenza unificata. Tale meccanismo deve essere sicuramente modificato ma io non ne immaginerei uno diverso, altrimenti si corre il rischio che uno strumento di coordinamento diventi uno strumento di assembramento e che vi siano troppi luoghi in cui si cerca di trovare una sintesi, nessuno dei quali è in grado di farlo.

L’ultima domanda che il presidente mi ha rivolto estremamente interessante: io non ho una risposta, nel senso che credo che solo l’attuazione della riforma sarà in grado di farci capire qualipossano essere le relazioni più proficue tra il Parlamento, in modo particolare il Senato, e il «sistema delle conferenze». Attualmente, questo avviene in maniera del tutto improvvisata e informale, cioè non esiste nessuna relazione tra il sistema delle conferenze e l’attività legislativa.

Io immagino che, se dovesse esserci la Conferenza degli esecutivi, questa in qualche modo avrebbe anche il compito di indirizzare l’attività legislativa, sulla base delle priorità che vengono stabilite. Come poi praticamente questo lavoro possa dispiegare al meglio i propri effetti, credo che sia una scommessa tutta da costruire, per vincerla, e non escludo che quanto lei stia o abbia immaginato o prospettato possa attuarsi. Onestamente non sono ancora in grado di conoscere le modalità con cui ciò possa essere reso possibile, perché i primi due anni dell’attività del Senato saranno decisivi per capire l’efficacia del meccanismo che con la riforma abbiamo messo in atto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa.

Vorrei solo precisare il senso della mia domanda, che per ragioni di brevità ho omesso di precisare: mi riferivo l’esercizio del potere di richiamo, nel procedimento legislativo monocamerale, che è assegnato, dalla nuova formulazione dell’articolo 70, al Senato. Naturalmente, poiché il termine per l’esercizio del potere di richiamo è ridotto e molto breve, è evidente che anche per la configurazione del Senato, per la sua composizione e per il modo in cui si dovrà organizzare il suo lavoro, una stretta connessione, quindi un’istruttoria preliminare congiunta, in via amministrativa, degli organi del Senato e di quelli della Conferenza, può consentire al Senato di svolgere quel lavoro in maniera più efficiente, anche a supporto dell’attività che il «sistema delle conferenze», nella fase successiva all’approvazione delle leggi, in fase di applicazione e di esecuzione delle stesse nel rapporto concreto fra Stato e Regioni, dovrà poi fare.

GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie. Lei ha sicuramente chiarito, ma la mia risposta non cambia, nel senso che è auspicabile che questo possa avvenire. Ne approfitto per chiarire un concetto sul quale non mi sono: di attività normativa implementativa da parte del «sistema delle conferenze», l’occhio cade laddove la competenza è di fatto monocamerale. È chiaro, infatti, che non si può escludere un confronto nell’attuazione di una legge, che può avere effetti estremamente importanti sulla vita delle autonomie. Lo dico per chiarezza e perché immagino che non si voglia duplicare una funzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa, che avremo modo di audire, alla luce della nostra collaborazione, anche in altre occasioni. La ringrazio sia per la relazione sia per la partecipazione e per il lavoro di collaborazione che il Governo, per il suo tramite, sta svolgendo con la Commissione. Dichiaro quindi conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 9.

 

2. Indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoraili, con particolare riguardo al “Sistema delle conferenze”. Parere giuridico con profili di diritto comparato.

Jörg Luther, Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” 2

Sommario: 1. Premesse.  2. Le funzioni di rappresentanza delle istituzioni territoriali. (1).Il Senato nella nuova forma di governo.(2).Parametri costituzionali dell’attuale sistema delle conferenze. (3). Impatto dei vincoli costituzionali futuri sul sistema delle conferenze: a) strutture, b) principi della legge delega, c) funzioni della Conferenza Stato-Regioni interferenti con la legislazione, d) funzioni analoghe della Conferenza Stato-autonomie locali e della Conferenza unificata, e) superamento della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale e funzioni della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, f) altre funzioni di rappresentanza territoriale del Senato concorrenti con quelle proprie delle istituzioni. (4) Legittimità di Presidenti-senatori.(5) Illegittimità di “senatori del Presidente”.(6) Esperienze costituzionali comparate.a) House of Lords, b) Senato statunitense, c) Ständerat svizzero, d) Senato australiano, e) Rajya Sabha indiana, f) National Council of Provinces sudafricano, g) Bundesrat tedesco, h) Bundesrat austriaco, i) Senato francese, k) Senato belga, l) Eerste Kammer olandese, m) Seand Eireann irlandese, n) Senato spagnolo, o) Consiglio Nazionale sloveno, p) Senato polacco, q) Senato ceco. (7) Conclusioni. 3. Le funzioni di raccordo. (1) Storia della carriera del termine “raccordo”.(2) Costituzionalizzazione delle norme attributive di funzioni di raccordo. (3) Raccordi nella formazione delle politiche europee. (4) Comparazione di sistemi di conferenze interattive con seconde camere: a) Germania,  b) Austria, c) Svizzera, d) Spagna, e) Francia, f) Polonia, g) Stati Uniti. (5) Forme di partecipazione delle seconde camere ai raccordi con l’UE: a) Germania, b) Austria, c) Spagna, d) Francia.(6) Conclusioni. 4. La leale collaborazione. (1) Leale collaborazione tra enti e tra camere.(2) Leale collaborazione tra Senato e sistema delle conferenze? (3) Clausola di supremazia. (4) Esperienze costituzionali comparate: a) Germania, b) Svizzera, c) Austria, d) Stati Uniti. (5) Conclusioni. 5. Procedure di negoziazione. (1) Profili di diritto italiano. (2) Profili comparati: a) Stati Uniti, b) Austria, c) Svizzera, d) Germania, e) Spagna. (3) Conclusioni. 6. Criticità del sistema delle conferenze. Possibile ruolo delle assemblee regionali. (1) Profili  (2) Profili comparati: Germania.

 

1. Premesse.

I quesiti posti dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali riguardano non solo l’implementazione della riforma costituzionale, ma anche le necessità o opportunità di adeguare le basi normative dell’esistente sistema delle conferenze alla costituzione vigente, anche alle parti invariate della stessa.

In effetti, il sistema delle conferenze, conformato da norme legislative parzialmente confermate da giudizi di costituzionalità e da giurisprudenza costituzionale creativa fondata sul principio di leale collaborazione, rischia sia di corrodere la responsabilità del governo per la determinazione della politica generale, sia di non promuovere le autonomie consentendo una rappresentanza delle Regioni e degli enti locali senza una corretta imputazione di responsabilità democratica.

La riforma costituzionale delinea il nuovo “piccolo” Senato della Repubblica con norme di principio relative alla sua funzione e alla sua struttura, statuendo una riserva di legge e una disciplina transitoria solo per l’elezione dei senatori. Dal punto di vista del diritto costituzionale si dovrebbe parlare di un nuovo modello di “bicameralismo imperfetto” e di una seconda camera ispirata una sorta di “corporativismo territoriale”. Dal punto di vista del diritto comparato, il modello più vicino, almeno per composizione ma anche per la maggior parte delle funzioni, appare il Bundesrat austriaco, del quale si discute peraltro negli ultimi anni se sostituirlo con i parlamenti regionali in rete o con la conferenza dei presidenti dei Länder o se comunque inserire loro nella stessa conferenza[3] .

Le funzioni del Senato riformato divergono da quelle della Camera per l’esclusione di funzioni di indirizzo e controllo nei confronti del Governo, per l’aggettivo “territoriale” della rappresentanza e per le sue funzioni di “raccordo”, nonché per le materie e procedure della legislazione e alcune funzioni partecipative e valutative ulteriori, speciali o strumentali e accessorie rispetto a quelle di rappresentanza, raccordo e legislazione. Alla luce di queste nuove funzioni, si ritiene che la riforma costituzionale, ove ratificata dal corpo elettorale, non solo priverebbe entrambe le Camere della loro residua legittimazione costituzionale, ma delegittimerebbe anche l’attuale sistema delle conferenze sin dall’attivazione del nuovo Senato.

De constitutione ferenda, la legittimazione democratica attenuata del Senato deriverebbe peraltro da organi che sono percepiti in crisi di legittimazione. La sua legittimazione democratica sarebbe di un livello inferiore rispetto a quella della Camera dei Deputati, ma da organo costituzionale politico sarebbe sempre superiore a quella di un organismo che ancorché utile non è istituito per volontà della costituzione revisionata, non è più dotato di funzioni costituzionalmente necessari, non agisce necessariamente con componenti eletti e non assicura una pubblicità adeguata dei propri atti, né una responsabilità democratica effettiva dei propri membri dinnanzi ai consigli regionali e comunali.

Per rispettare lo spirito innovatore della riforma, il sistema delle conferenze non andrebbe necessariamente “rottamato”, ma decisamente innovato, opportunamente semplificato e politicamente responsabilizzato.

La comparazione offre un menu di dispositivi normativi e pratici che possono servire a tali propositi. Le scelte possono essere fatte nella prassi o attraverso le norme del regolamento del Senato, ma la soluzione più certa e prudente sarebbe una legge “organica” (art. 117  co. 2 lett. f) e g) Cost.) sia per le funzioni del Senato sia per il sistema delle conferenze quale organi dello Stato-ordinamento, legge che (purtroppo) sarà bicamerale solo nelle parti che riguardano i raccordi europei (art. 70, co. 1, ult. per. Cost.). 

2. La riforma costituzionale all’esame delle Camere supera l’attuale sistema di bicameralismo perfetto, configurando il Senato quale Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali. In che termini si ritiene che debba essere riordinato l’attuale sistema delle conferenze tenuto conto del futuro assetto costituzionale? Quale incidenza potrà avere, da questo punto di vista, la nuova legge elettorale del Senato e, in particolare, l’eventuale presenza nel Senato dei Presidenti delle Regioni?

(1) L’attribuzione al Senato delle funzioni di rappresentanza delle istituzioni territoriali ridetermina innanzitutto le relazioni tra le due camere e gli altri organi della forma di governo. A prescindere dalle speranze e dai timori, la differenziazione delle funzioni di rappresentanza tra le camere esclude non solo ogni mandato imperativo per i Senatori, ma rafforza anche il divieto per i membri della nuova Camera dei Deputati di confondere la rappresentanza della Nazione con una rappresentanza di interessi locali non generalizzabili, divieto che tuttavia difficilmente dispenserà i deputati dal lavoro politico nel territorio della circoscrizione nella quale sono eletti. La differenziazione non vieta né all’intero Senato di rappresentare la Repubblica italiana come “una e indivisibile” nella promozione delle autonomie, né ai singoli senatori, anche quelli di nomina o esperienza presidenziale, di concorrere a determinare la politica nazionale orientandosi ai programmi di partiti (art. 49), anche se non è prevista né la presenza di gruppi parlamentari partitici (art. 72, co. 4 Cost., art. 82, co. 2 Cost.), né uno statuto delle opposizioni (art. 64, co. 2 Cost.). Pertanto, in casi di idee ed interessi politici confliggenti, i rappresentanti delle istituzioni territoriali sono autorizzati a privilegiare, nel dubbio, le idee e gli interessi comuni alle istituzioni territoriali.

Il Presidente della Repubblica, capo anche dello Stato ordinamento, rappresenterà un’unità nazionale che non può essere presunta, ma deve essere riprodotta in forme nuove. Nel disegno della riforma, l’unità è integrata principalmente attraverso l’interazione delle due camere che a loro volta legittimano il potere del Presidente attraverso l’elezione congiunta, indirettamente democratica. Le sue funzioni mutano perché non può più sciogliere il Senato, solo più gli organi di rappresentanza delle regioni, sentito il parere del Senato (art. 126, co. 1). Non solo potrebbero aversi più rinvii presidenziali, ma potrà sempre rivolgere dei messaggi “alle camere”, vista la differenziazione delle funzioni probabilmente anche messaggi mirati solo al Senato. Neanche la costituzione riformata consentirà al Presidente della Repubblica di indirizzare o controllare le attività del sistema delle conferenze, attuale o futuro.

Se il Governo richiederà la fiducia solo più alla Camera dei Deputati, il Senato sarà meno condizionabile, ma non avrà una funzione di indirizzo e controllo politico nazionale. Questo non vieta di considerare la rappresentanza territoriale una funzione di controllo e di indirizzo politico “integrativa”, speciale rispetto a quella generale e classica ora riservata alla Camera (art. 55, co. 3). Tuttavia il Governo potrebbe pretendere di rispondere solo alla Camera dei deputati per il ruolo che svolge nel sistema delle conferenze.  Il Senato potrebbe faticare a relazionarsi con le conferenze, potendo tutt’al più sperare in un sostegno tramite atti di indirizzo e controllo dei consigli regionali e locali. Se la rappresentanza senatoriale delle istituzioni territoriali si svolge invece non esclusivamente nei confronti della Camera dei deputati, ma anche nei confronti dello stesso Governo, si configura un tipo nuovo di rappresentanza politica a garanzia delle autonomie, sempre per il bene della Repubblica, al quale deve subordinarsi anche il sistema delle conferenze.

La funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali non assorbe, ma si pone in un rapporto di concorrenza con le funzioni di rappresentanza propria degli enti costitutivi della Repubblica (art. 114 Cost.). Tali funzioni della Regione, attribuite al Presidente della Giunta (art. 121, co. 3 Cost.), ma anche, nell’ambito delle proprie competenze, al Consiglio regionale e al suo Presidente (art. 121, co. 1 Cost., art. 122 co. 3 Cost.) nonché agli organi, dei Consigli delle autonomie locali (art. 123, co. 4 Cost.) nonché con quelle delle istituzioni di raccordo sovra- ed internazionali (art. 11 Cost.), quali il Comitato delle regioni (UE) e il Congresso dei poteri locali e regionali (Consiglio d’Europa).

(2) L’attuale sistema delle conferenze, disciplinato nell’esercizio delle competenze di cui all’art. 117, co. 2, lett. f) e g)) della Costituzione, deve rispettare le funzioni unitarie di indirizzo politico ed amministrativo del Governo (art. 95, co. 1 Cost.), garantire l’equilibrio complessivo dei bilanci e il buon andamento dell’amministrazione (art. 97, co. 1 e 2 Cost.), riflettere la rappresentanza presidenziale delle Regioni (art. 121, co. 3 Cost.) e non menomare l’autonomia statutaria nella determinazione della forma di governo regionale (art. 123, co. 1 Cost.). E controverso se tale sistema implementa in modo ottimale i principi fondamentali della repubblica e della democrazia (art. 1, co. 1 e 2 Cost.), della pari dignità sociale dei cittadini elettori degli enti costitutivi della Repubblica (art. 3 Cost.), dell’autonomia e decentramento (art. 5 Cost.) e dell’internazionalità (art. 11 Cost.). Per quanto non sia vietata una soppressione integrale delle conferenze, il principio fondamentale delle autonomie garantisce un minimo di cooperazione spontanea e anche associativa tra le istituzioni territoriali, e, nel caso delle regioni a statuto speciale, anche momenti di collaborazione bilaterale. Viceversa, il principio fondamentale dell’unità potrebbe giustificare sia il trasferimento delle funzioni delle conferenze al Senato “neocorporativo”, sia il mantenimento di alcune strutture di raccordo in seno al governo, purché funzionalmente chiaramente subordinate e non competitive rispetto a quelle del nuovo Senato.

(3) Alla luce della riforma costituzionale, il sistema deve pertanto essere integralmente riordinato, tenendo conto dei seguenti vincoli costituzionali futuri (ulteriormente approfonditi con riguardo alle funzioni di raccordo (infra sub 2), alle intese e agli accordi (infra sub 4) nonché alla formazione delle politiche europee (infra, sub 6):

a) Per quanto riguarda la struttura della Conferenza  Stato-città ed autonomie locali e della Conferenza unificata, potrebbe diventare irragionevole dare cinque seggi alle città metropolitane e sei alle province, enti vasti non più costitutivi della Repubblica (art. 114, co. 1 e 2 Cost.), mentre non dovrebbe essere irragionevole conservare almeno per ora un rappresentante dell’UPI come quello dell’UNCEM, comunque qualificabili come associazioni di enti associativi dei comuni. Sarebbe lecito e forse anche opportuno raccordare la strutture di queste conferenze anche con i Consigli delle autonomie locali nelle regioni, integrando ad es. i relativi presidenti. Per quanto riguarda invece la struttura della Conferenza Stato-Regioni, nulla vieterebbe già de lege lata una modifica del d.p.c.m. del 12 ottobre 1983 per rendere partecipe alla conferenza un rappresentante della conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Le ragioni per le quali tale richiesta è stata disattesa finora potrebbero venire meno con l’approvazione della riforma costituzionale che istituisce una rappresentanza delle istituzioni territoriali, non delle associazioni di istituzioni territoriali.

c) Per quanto riguarda i principi della delega dell’art. 9 della legge  n. 59/1997, non può più mantenersi il principio di  “partecipazione  della  medesima  a  tutti  i  processi decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale almeno a livello di attività consultiva obbligatoria”, ancorché sulla premessa di una “qualche implicazione degli “indirizzi di politica generale” di pertinenza degli organi statali” (Corte costituzionale sent. n. 408/1998). La Conferenza non ha titolo a prestare consulenza obbligatoria ai processi decisionali di interesse delle istituzioni territoriali che rientrano tra le funzioni di rappresentanza territoriale del nuovo Senato. Né può mantenersi il principio di “semplificazione delle procedure di raccordo tra Stato e regioni attraverso la concentrazione in capo alla Conferenza di tutte le attribuzioni relative ai rapporti  tra  Stato e regioni”. Anche tale principio diventerà  nella sua esclusività  incompatibile con le norme di principio dell’art. 55, co. 4 per. 1 Cost. per la quale il Senato sarà competente per la rappresentanza territoriale e per il raccordo tra gli enti costitutivi della Repubblica, norme che peraltro non distinguono tra funzioni legislative ed esecutive (v. infra 2).

c) Le competenze della conferenza Stato-Regioni che incidono nei procedimenti legislativi collidono potenzialmente con le funzioni generali di rappresentanza territoriale e di raccordo (v. infra quesito 2) nonché con quelle più specifiche del Senato di cui all’art. 55, co. 5 Cost. riformato. Questo vale in particolare per il parere preventivo “sugli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome” (art. 2, co. 3 d.lgs. n. 287/1997), da riferirsi ora quanto meno alla legislazione statale di cui all’art. 117, co. 4 Cost. riformato,  o quelli successivi, “in  sede  di  esame parlamentare” dei disegni di legge urgenti o delle leggi di conversione dei decreti-legge e “in sede di esame definitivo degli schemi di  decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari anche per le leggi di conversione dei decreti-legge” (art. 2, co. 5 d. lgs. n. 287/1997) o infine “ogni oggetto di interesse regionale che  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ritiene opportuno sottoporre  al  suo  esame,  anche  su richiesta della Conferenza dei presidenti  delle  regioni  e  delle province autonome di Trento e di Bolzano” (art. 2, co. 4 d. lgs. n. 287/1997), clausola generale che può interessare ogni competenza legislativa statale.  Devono ritenersi assorbite tuttavia, in ogni caso, le competenze della stessa conferenza per gli schemi di decreti legislativi ricognitivi dei princìpi fondamentali tratti dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, da adottare in sede di prima applicazione della precedente riforma costituzionale (art. 1, co. 4 l. n. 131/2003) nonché per i testi unici meramente compilativi delle disposizioni legislative vigenti non aventi carattere di principio fondamentale nelle materie di legislazione concorrente (art. 3 l.n. 131/2003).

Non vale replicare alla collisione delle competenze del Senato e della Conferenza che quest’ultima intervenga solo in un subprocedimento dell’iniziativa legislativa governativa e che i suoi pareri non sono vincolanti. Nella misura in cui i pareri implicano un apprezzamento degli interessi delle Regioni anche nel loro insieme, possono pregiudicare le funzioni del Senato, sia nelle residue competenze di piena co-legislazione, sia in quelle di sola partecipazione interlocutoria al procedimento legislativo, creando una duplicazione dei canali di rappresentanza con il rischio concreto di contraddizioni. Se si deve escludere ogni ingerenza della conferenza nelle funzioni di co-legislazione, anche per le altre funzioni solo accessorie alla legislazione deve essere garantito sempre  una subordinazione della funzione rappresentativa della conferenza a quella del Senato.

Se il Senato avrà solo il diritto di ottenere il riesame delle leggi “monocamerali”, potrà avere interesse a un sistema di early warning per questi procedimenti di non co-legislazione, specialmente per leggi a tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o dell’interesse nazionale (art. 117, co. 4 Cost.). A questo proposito, la conferenza riformata non potrebbe diventare organo ausiliare del Senato, perché il Senato non potrebbe formulare osservazioni su disegni di legge non ancora all’esame della Camera (art. 70 u. c.). Il Senato intero o i singoli senatori potrebbero tuttavia avere accesso ai pareri preventivi della conferenza e diritti di informazione dietro interrogazione dei membri della conferenza al fine di acquisire elementi per una posizione propria, possibilmente sin dal momento in cui vengono espressi e quindi anche prima che il disegno di legge governativo venga comunicato – simultaneamente – alle camere. Dal momento che il Senato potrà anche prendere iniziative di legge e richiedere alla Camera l’esame di iniziative proprie o dei consigli regionali (art. 71, co. 1 e 2 Cost.) nonché comunque sempre formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera (art. 70 u.c.), i poteri inerenti alle “attività conoscitive” potrebbe anche implicare l’accesso a pareri o l’audizione dei membri della conferenza in relazione a disegni di legge non governativi.

A questo riguardo va ricordato sempre che la Repubblica deve adeguare i metodi della sua legislazione, quindi anche il procedimento, alle esigenze dell’autonomia e del decentramento (art. 5 Cost.). Questo non vieta un’anticipazione degli orientamenti delle Regioni in conferenza purché la sede definitiva della loro rappresentanza nel procedimento legislativo diventi effettivamente il Senato. L’identificazione della parte prevalente in situazioni di intreccio di competenze, la commisurazione delle c.d. materie trasversali, la valutazione dei presupposti della c.d. chiamata in sussidiarietà, e quella dell’impatto dell’esercizio da parte statale della potestà concorrente in materia di coordinamento finanziario sono pratiche di garanzia delle autonomie che nel disegno della riforma costituzionale devono avere la loro sede privilegiata nel Senato.

d) Ragionamenti analoghi valgono per le competenze della Conferenza Stato-autonomie locali in relazione a iniziative legislative e atti generali riguardanti l’ordinamento e il funzionamento degli enti locali (art. 9, co. 6  d. lgs. 287/1997) e per quelle della Conferenza unificata riguardanti i disegni di legge finanziaria e i disegni di legge collegati, per il documento di programmazione economica e finanziaria e per tutte le iniziative di legge che intervengono sui decreti  legislativi  adottati in base all’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59; (art. 9, co. 2 d. lgs. 287/1997). Al riguardo va ricordato che non si tratterà più di leggi bicamerali, ma l’esercizio di tutte le competenze legislative attinenti al diritto della Repubblica può esigere una rappresentanza delle istituzioni territoriali. In particolare, le leggi di bilancio e di rendiconto consuntivo devono essere addirittura obbligatoriamente esaminati, avendo soli quindici giorni a disposizione per proposte di modificazione (art. 70, co. 5 Cost.).

e) Un problema a parte è costituito dall’ulteriore differenziazione del sistema delle conferenze avvenuta per effetto della legge n. 42/2009 e del d. lgs. n. 86/2011.  La Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale (art. 3) potrebbe per la sua composizione bicamerale essere diventata incompatibile con un principio di separazione dei poteri implicito nel nuovo bicameralismo differenziato, principio rafforzato dalla restrizione delle ipotesi di esercizio collettivo della legislazione (art. 70, co. 1 Cost.), dalla diversificazione delle regole sulla composizione delle commissioni (art. 71, co. 4 Cost.) e dall’abrogazione della norma costituzionale che legittima la commissione bicamerale per le questioni regionali (art. 126 Cost.). La “Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica” svolge invece speciali funzioni di coordinamento e raccordo per la Conferenza unificata. Essendo stata soppressa la (terza) Commissione tecnica paritetica e venendo meno la legittimazione della commissione bicamerale, il Senato dovrebbe quanto meno poter avvalersi della residua Conferenza permanente per la verifica dell’attuazione del federalismo fiscale e per rappresentare in ultima analisi le esigenze di autonomia finanziaria delle istituzioni territoriali. Al di là delle esigenze di semplificazione del sistema delle conferenze, questo dovrebbe servire anche alla legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica, di perequazione finanziaria, dei riferimenti di costo e di fabbisogno delle funzioni pubbliche delle istituzioni territoriali, di eventuali interventi speciali nonché – unica ipotesi di legge bicamerale – dei principi generali relativi al patrimonio degli stessi (art. 119, co. 2-6  Cost.).

f) La rappresentanza delle istituzioni territoriali da parte del nuovo Senato è concorrente rispetto a quella dei Presidenti delle Regioni e degli altri organi elettivi degli enti territoriali anche  per quanto riguarda le altre competenze delle conferenze, di natura (inter)governativa ed amministrativa e pertanto rilevanti per la determinazione degli indirizzi politici ed amministrativi del Governo statale e delle istituzioni territoriali. A questo riguardo, le funzioni di raccordo e le altre attribuzioni specifiche dell’art. 55, co. 5 Cost. riformato, ancorché non esclusive ma concorrenti, dovrebbero prevalere complessivamente su quelle delle conferenze, ma non potranno configurare un potere di indirizzo e controllo politico generale invasivo delle competenze della Camera, né una compressione irragionevole delle funzioni di rappresentanza individuale delle autonomie.

In particolare, per quanto riguardano le competenze delle conferenze di cui alla legge n. 313/2003, la richiesta di riesame degli interventi sostitutivi adottati dal Governo nei casi di assoluta urgenza in attuazione dell’art. 120 della Costituzione (art. 8, comma 4) è superata dal parere obbligatorio del Senato di cui all’art. 120, co. 2 Cost..

La nuova competenza della verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato rileva non solo per la valutazione della qualità della legislazione, ma anche per quella dell’amministrazione preconfigurata dai criteri di cui al nuovo art. 118, co. 2 Cost. nonché per la valutazione dell’impatto dell’attuazione di tali leggi sulle autonomie.

La valutazione dell’attività delle pubbliche amministrazioni è peraltro una funzione che riguarda tutte le amministrazioni dello Stato ordinamento e che può assorbire ad es. la valutazione dei risultati della pianificazione di cui all’art. 2 co. 7 d.lgs. 287/1997.

La nuova funzione di concorso all’espressione di pareri sulle nomine di competenza del Governo, infine, può assolvere addirittura funzioni di garanzia ulteriori rispetto a quella delle autonomie territoriali. La funzione concorrente della Conferenza Stato-regioni di “acquisire le designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle  province  autonome  di  Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge” potrebbe essere trasferita al Senato il quale potrebbe rafforzare la responsabilità degli amministratori ai sensi dell’art. 118, co. 2 Cost. riformato.

Sono funzioni governative ed amministrative delle Conferenze che presuppongono invece una rappresentanza delle istituzioni territoriali e costituiscono funzioni di raccordo anche la determinazione dei criteri di  ripartizione  delle  risorse  finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione (art. 2, co. 1, let. f), le proposte nei confronti di altri organi dello Stato,  di  enti  pubblici  o  altri  soggetti,  anche  privati,  che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse (let. h), la nomina, nei casi previsti dalla legge, di “responsabili di enti ed  organismi  che  svolgono attività o prestano servizi strumentali all’esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano” (let. i) e l’approvazione degli schemi di convenzione tipo per l’utilizzo da parte dello Stato e delle regioni di uffici statali e regionali (let. l). Si tratta sempre di funzioni sulle quali la rappresentanza diretta delle istituzioni territoriali può essere concorrente con quella affidata al Senato, ma nulla vieterebbe classificarle come funzioni di raccordo e quindi trasferirle, con legge organica, al Senato, assicurando in tal modo una maggiore semplificazione e trasparenza anche dell’azione amministrativa negli attuali contesti di multilevel governance.

(4) Per quanto riguarda l’ipotesi di senatori presidenti di Giunta regionale, non persuade l’interpretazione rigorosa secondo cui la Costituzione riformata vieterebbe l’elezione dei Presidenti a senatori. La previsione dell’art. 57, co. 5 Cost. riformato che i senatori siano eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” non equivale a un vincolo del consiglio in sede di elezione dei senatori alle “scelte dei candidati consiglieri espresse dagli elettori” e non va separata dalla contestuale elezione presidenziale, specialmente se il presidente della giunta regionale è per volontà dello statuto componente e/o consigliere dello stesso consiglio regionale.

L’art. 57, co. 6 cost. riformato che affida alla legge elettorale la disciplina delle modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica “tra i consiglieri e i sindaci” (e della cessazione dalla “carica elettiva regionale o locale”) e la stessa formula utilizzata anche dall’art. 39, co. 1 della legge di revisione costituzionale non implicano un’interpretazione autentica restrittiva della parola “componente”. Altrimenti verrebbe stabilito in deroga all’art. 122, co. 4, per. 1 Cost. che la rappresentanza della Regione da parte del Presidente non possa avere luogo in Senato. Inoltre non si vede perché e come il regolamento del Senato possa stabilire limiti all’elezione o nomina delle cariche negli organi del Senato “in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali” (art. 63, co. 2 Cost.). Se si interpretano le disposizioni sulla struttura degli organi costituzionale alla luce delle loro funzioni, la rappresentanza senatoriale delle “istituzioni territoriali” è una rappresentanza degli enti, cioè né dei soli territori o della relativa popolazione, né dei consigli regionali. La tesi dell’esclusione dei presidenti sarebbe coerente più con un sistema di elezione diretta. In quello dell’elezione indiretta avrebbe invece la conseguenza irrazionale di escludere  i presidenti non solo dall’elettorato passivo, ma anche da quello attivo per i senatori.

In ultima analisi non va escluso che nel linguaggio dei revisori della Costituzione, “consigliere” sia stato inteso come sinonimo di “componente”, termini invece accuratamente distinti solo nello statuto piemontese. Pertanto non spetta alla legge elettorale del Senato, né alla legge che disciplina le ineleggibilità e incompatibilità, né al regolamento del Senato, ma solo alla fonte statutaria regionale (art. 123, co. 1 Cost.) determinare la forma di governo della regione, quindi anche decidere se il Presidente sia  “componente” del consiglio regionale equiparata al “consigliere”[4]. Per chiudere le controversie sarebbe in ogni caso preferibile un ritocco redazionale alla Costituzione riformata prima dello scioglimento delle camere. Nulla vieterebbe peraltro la presentazione di iniziative di legge costituzionale correttive della riforma costituzionale, in particolare anche di alcune infelici disposizioni transitorie, prima della fase calda del referendum costituzionale.

(5) Contrariamente a quanto sostenuto nel corso dell’indagine, il riformato art. 57, co. 2 Cost. non permetterà nemmeno di fare “eleggere i senatori su proposta del Presidente della Giunta regionale”, in modo che quest’ultimo avrebbe i «suoi» uomini in Senato”, espressione distante dall’idea della rappresentanza territoriale e da un meccanismo imperniato sul Consiglio regionale. La formula “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” difficilmente potrebbe legittimare una posizione dominante del Presidente, escludendo sia suoi poteri discrezionali nella valutazione di tale conformità, sia una subordinazione delle scelte degli elettori alla scelta del (candidato) presidente. Non è escluso che la legge statale preveda un voto di preferenza senatoriale per le liste collegate ai candidati alla presidenza e consenta l’elezione a senatore anche del Presidente che abbia in sede di presentazione della candidatura dichiarata la sua disponibilità alla carica di senatore. Nulla vieta poi anche che i candidati alla Presidenza e le liste collegate dichiarino quale sindaco intendono promuovere a senatore della Regione. Ogni potere di ingerenza che andasse invece al di là di una dichiarazione di preferenza non vincolante dei candidati alla presidenza della Regione e di quella dei capi di partito o di gruppo consigliare – così come ogni forma di supplenza dei senatori nelle funzioni deliberative del Senato – potrebbe esigere una riforma della riforma costituzionale.

(6) Altra questione, squisitamente politica e quindi più di scienza politica che non di scienza giuridica, è se sia conveniente eleggere i presidenti delle giunte regionali a senatori. Secondo il principio “in dubbio pro libertatem”, in particolare del favore per la libertà politica, la risposta a tale quesito andrebbe lasciata sia ai politici interessati, sia al corpo elettorale. Tutti potrebbero fare tesoro allora delle esperienze costituzionali comparate:

a) La funzione di rappresentanza territoriale intesa come rappresentanza di domini feudali o comunità peraltro non era estraneo al bicameralismo aristocratico fino alla rivoluzione francese e fu sviluppata successivamente soprattutto nei modelli federali delle seconde camere elettive. Gli studi e le statistiche sulla rappresentatività territoriale della House of Lords, da tempo in attesa di una riforma che la rafforzi, evidenziano che su 601 ben 387 lords hanno un titolo con una denominazione territoriale, 185 Lords sono stati MP eletti in circoscrizioni regionali e locali, 137 sono o sono stati consiglieri locali, 27 consiglieri regionali. Nel 2015 si registra la presenza di 4 lords che sono anche consiglieri nelle assemblee regionali e altri 23 lords già consiglieri, dei quali 3 hanno rivestito anche la carica di “First Minister” regionale[5].

b) Rispettando il principio di separazione dei poteri orizzontale e verticale nei sistemi federali, il Senato statunitense pare che non abbia mai conosciuto governatori senatori, ma oggi ben 11 senatori sono ex-governatori. Un buon ex-governatore potrebbe anche in Italia avere buone chances di essere eletto a senatore. Una candidatura degli ex-presidenti alle elezioni per il consiglio regionale potrebbe allora diventare una candidatura per il Senato. Ma questa premiazione dell’esperienza non è comune a tutti i sistemi federali.

c) La forma di governo presidenziale non è decisiva per questo modello di premiazione degli elder statesmen. I 46 deputati dello Ständerat svizzero sono eletti direttamente dai corpi elettorali dei cantoni e non sono incompatibili con posizioni del potere esecutivo cantonale (art. 144 Cost., art. 14 legge federale del 13.12.2002). Tuttavia, nella prassi sono elette solo (frequentemente) persone che hanno avuto esperienza di governo cantonale[6] .

d) Piuttosto rileva il sistema elettorale, anche perché il premio all’esperienza non viene dato ovunque. Nel Senato australiano, ad es., le elezioni dirette dei senatori con il sistema proporzionale non premia gli ex-governatori o ex-legislatori[7] .

e) Le candidature ed elezioni possono in effetti essere anche dominate da utilità partitiche.  In India è stato conservato il modello statunitense originario delle elezioni indirette della Rajya Sabha, ma con metodo proporzionale da parte dei parlamenti dei vari Stati (art. 80). Il bicameralismo deve essere conservato anche a livello regionale (art. 168 Cost.), con un terzo dei consiglieri regionali eletti dai consigli locali (art. 171 Cost.). Questi eletti possono, ma non devono essere membri dei corpi elettorali che li eleggono. Nella prassi elettorale, la rappresentanza territoriale e l’esperienza di legislatore pertanto non contano affatto[8].

f) In Sudafrica invece, i membri del National Council of Provinces sono per il 60 % eletti da, ma non necessariamente “tra” i consiglieri provinciali, anche perché il consigliere provinciale perde la propria carica non appena viene eletto consigliere nazionale[9]. Nella prassi, spesso vengono eletti consiglieri che hanno perso le elezioni nazionali o provinciali. Per questi consiglieri eletti indirettamente è ammesso il “recall” da parte dei consigli provinciali se perdono la fiducia del partito che ne ha proposto l’elezione o se cambia la maggioranza in consiglio (art. 62 cost.). A questi consiglieri eletti indirettamente si aggiungono altri quattro “special delegates”: uno è il premier del governo provinciale e tre sono consiglieri provinciali che restano consiglieri e rappresentano il parlamento provinciale solo temporaneamente nella trattazione di argomenti particolari (art. 61 Cost.).

g) La rappresentanza territoriale non è una funzione esplicitamente attribuita, ma può ritenersi implicita nel mandato imperativo praticato al Bundesrat tedesco quando il Minsterpräsident o il sindaco governatore della città-stato delegano altri ministri o assessori o funzionari accreditati nei loro uffici di rappresentanza presso la Federazione (art. 52 LF), modello originale prodotto dal federalismo monarchico ottocentesco e conservato in una forma depotenziata al fine di rendere possibile un quasi-monocameralismo e di evitare momenti di duplicazione del Governo[10]. Il Bundesrat non si articola formalmente in gruppi politici, ma è composto dai membri dei governi dei Länder, peraltro con presenza dei Ministerpräsidenten e Regierende Bürgermeister anche nelle commissioni dello stesso, ad es. nella Commissione Affari Europei. Questo non significare escludere la politica dei partiti dal Bundesrat, ma quanto meno alleggerire le pressioni verso l’omologazione delle coalizioni nei vari livelli di governo e favorire ricerche di posizioni bipartisan[11].

Va inoltre segnalato che nella maggior parte dei Länder sono nominati appositi ministri per gli affari federali ed europei, l’equivalente funzionale di un ministro degli esteri. Una simile soluzione potrebbe essere anche adottata dalle regioni italiane, specialmente ove volessero integrare i consiglieri eletti senatore nella giunta regionale.

h) Il riformato Senato italiano si ispira più al modello del Bundesrat austriaco, eletto dai consigli dei Länder e integrati, con diritto di ascolto e di parola, ma senza diritto di voto o di istruzione, dai presidenti dei Länder (Landeshauptmänner) i quali possono essere membri anche del Landtag e devono avere dei supplenti (art. 101, co. 2 e 3, 105 B-VG), ma – a quanto pare a fortiori – non possono essere anche eletti consiglieri federali (art. 36, co. 4 BV-G). Tale soluzione del solo diritto di parola, in sostanza un diritto di censura nei confronti di senatori che volessero interpretare gli interessi regionali in modo divergente dalla posizione del capo di governo del Land, richiederebbe in Italia almeno una norma del regolamento del Senato.

i) Necessiterebbero indagini empiriche più approfondite alcune altre seconde camere europee elette indirettamente. Il Senato francese “assure la représentation des collectivités territoriales de la République” (art. 24, co. 3), con senatori eletti indirettamente e incompatibili con cariche esecutive locali e regionali, non invece con la carica di consigliere locale o regionale. Dei 348 senatori francesi attuali 266 rivestono altre cariche elettive, di cui due la carica esecutiva di presidenza di un consiglio regionale, 14 quella di presidenza  di consiglio dipartimentale. Nel 2017 si applicherà una nuova legge che esclude un cumulo di mandati per le principali cariche esecutive delle istituzioni territoriali:

«• les fonctions de maire, de maire d’arrondissement, de maire délégué et d’adjoint au maire,

• les fonctions de président et de vice-président des conseils régionaux, départementaux et des établissements de coopération intercommunale (EPCI) à fiscalité propre,

• les fonctions de président de l’Assemblée de Corse, de président et de vice-président des assemblées et conseils des collectivités d’outre-mer,

• les fonctions de présidents et de membres des conseils exécutifs de Corse, de Martinique, de Saint-Barthélemy, de Saint-Martin et de Saint-Pierre-et-Miquelon,

• les fonctions de président, de vice-président et de membre du Gouvernement de la Nouvelle-Calédonie et de la Polynésie française,

• les fonctions de président et de vice-président du Congrès de la Nouvelle-Calédonie et des assemblées de province de la Nouvelle-Calédonie,

• les fonctions de président de l’Assemblée des Français de l’étranger, de membre du bureau de l’Assemblée des Français de l’étranger et de vice-président de conseil consulaire,

• plus largement, les fonctions de président et de vice-président de l’organe délibérant de toute autre collectivité territoriale créée par la loi»[12].

k) Nel Senato belga, 50 su 60 senatori sono eletti dai parlamenti delle comunità linguistiche tra i propri componenti, gli altri sono cooptati ma incompatibili con la carica di membro del parlamento di una comunità o regione (art. 119), incompatibilità estesa dalla legge sulle elezioni provinciali a tutti i senatori. Non sono previste in costituzione incompatibilità per i membri dei governi regionali, ma – secondo uno studio del senato francese – la carica di senatore cessa se egli è eletto nel governo di una comunità linguistica ed è anche incompatibile con una carica nell’esecutivo di comunità e regioni[13]

l) La Eerste Kammer olandese è stata democratizzata solo nel 1923, in base al sistema elettorale proporzionale costituzionalmente garantito per entrambi le camere (Generalstaaten). Gli stati provinciali, presiedute da un commissario del re, eleggono i “senatori” della prima camera. L’art. 57, co. 2 stabilisce un’incompatibilità per i ministri e segretari di stato, non invece per le cariche di governo delle province. Fino al 1971, il membro della prima camera aveva anche altre cariche, in particolare quella di sindaco o ministro di provincia o anche quella di leader sindacale, successivamente pare essersi stabilizzata una tendenza ad escludere altre cariche politiche o pubbliche[14].

m) Il modello corporativo dello Seanad Eireann irlandese ha una componente territoriale in quanto 43 su 60 senatori sono eletti dai parlamentari della prima camera e della seconda camera uscente e membri designati dai consigli municipali e di contea, la cui scelta è tuttavia vincolata a cinque c.d. Vocational Panels, dei quali solo uno valorizza esperienze amministrative. Per questo panel possono essere fatte proposte anche dalla Association of Irish Local Government[15]. La costituzione impone ai ministri di essere membri del parlamento, ma solo due ministri possono essere membri del Senato. La carica di Senatore quindi non è incompatibile con funzioni di governo, ad eccezione con quelle di primo ministro (Taoiseach), del suo vice e del ministro delle finanze (art. 28.7 Cost.) ma di tale norma è stato fatto uso solo due volte.[16] I senatori eletti nel 2016 non dichiarano appartenenze neanche a consigli locali.

n) Nel Senado spagnolo, i senatori sono eletti indirettamente dai parlamenti regionali solo i senatori delle Comunidades autonomas  (art. 69, co. 5 Cost. e fonti procedurali autonome), attualmente 58 su 266. E stabilita espressamente l’incompatibilità della carica di deputato e di componente di assemblea della Comunidad (art. 67), mentre gran parte degli statuti delle Comunidades autorizza il cumulo e la sincronizzazione di mandati tra centro e periferia[17].

o) Anche nel Consiglio Nazionale della Slovenia, 22 su 40 membri sono eletti dagli enti locali, con norme costituzionali di incompatibilità che non includono le cariche locali.

p) Nel Senato della Polonia, l’elezione diretta dei 100 senatori è governata da regole di incompatibilità che ammettono esplicitamente l’assunzione di funzioni governative (art. 103, co. 1 Cost.), anche a livello locale[18].

q) Analoga è la disciplina del Senato della Repubblica Ceca (art. 22 Cost), dove i ministri sono tuttavia esclusi dalla presidenza delle commissioni e del plenum (art. 32 Cost.).

(7) In conclusione, la presenza dei Presidenti delle Regioni accanto ai senatori consiglieri e sindaci non può essere vietata dal legislatore statale. Potrebbe rafforzare l’autorevolezza e la legittimazione democratica del Senato. Potrebbe rafforzare la rappresentanza territoriale rispetto a quella partiti, disincentivando la formazione di gruppi e premiando alleanze e cooperazioni interregionali. Non implicherebbe la fine del sistema delle conferenze, anzi potrebbe garantire una leale collaborazione del sistema delle conferenze anche rispetto al Senato. Per evitare un sovraccarico di lavoro e riunioni, molto dipenderà dalla capacità di auto-organizzazione del Senato e dalla creatività del suo regolamento. Il regolamento potrebbe infatti  prevedere sul modello tedesco procedure di approvazione anche senza seduta, cioè in riunione telematica, e consentire una istruttoria in commissioni alle quali partecipino anche esperti e che siano supportate sia dalle strutture parlamentari integrate (art. 40, co. 3) sia da una struttura comune delle giunte e dei consigli regionali e locali (v. infra sub 6).

2. Il nuovo articolo 55, quinto comma, primo periodo, della Costituzione, come modificato dal progetto di riforma costituzionale, attribuisce al Senato l’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Il secondo periodo prevede peraltro il concorso del Senato all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Come potranno atteggiarsi i rapporti tra le due Camere con riferimento alle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali? Quale potrà essere il ruolo del “sistema delle Conferenze”?

(1) Per poter interpretare adeguatamente l’art. 55 co. 5 riformato, occorre ricordare innanzitutto la breve storia della carriera del termine “raccordo” che –  come anche il francese ottocentesco “raccord” (1835) – proviene da un linguaggio tecnico generale e deriva dal verbo “ri-accordare”, attività che mira a creare un’armonia visibile di una pluralità di elementi. È un’acquisizione piuttosto recente del linguaggio giuridico, non privo di significato vincolante per il legislatore. Fu innanzitutto accreditato nella giurisprudenza costituzionale come sinonimo di collegamento normativo tra funzioni per la prima volta da Vezio Crisafulli (da relatore della sent. n. 68/1971) e comparve poi per la prima come titolo di un convegno dell’Associazione Magistrati della Corte dei Conti nel 1975[19]. Nel 1977, il termine entrò nel vocabolario politico della Commissione intercamerale per le questioni regionali. Una mozione votata a larghissima maggioranza dalla Camera dei Deputati tra il 15 e il 16 luglio 1977 impegnava il Governo a tenere conto delle conclusioni della Commissione interparlamentare per le questioni regionali, ridefinendo il “potere degli enti locali allo scopo di eliminare il disordine creato nelle istituzioni e per la incontrollata dilatazione della spesa pubblica, dal proliferare di enti intermedi ai quali manca ogni raccordo istituzionale” (cit. dal relatore L. Elia nella sent. n. 173/1981).

Riferita anche da A. La Pergola al contesto istituzionale delle autonomie (sent. n. 149/1981: “raccordo con gli organi periferici di controllo”), il termine è stato usato dal D.P.C.M. del 12 ottobre 1983, istitutivo della prima Conferenza “con compiti di informazione, di consultazione, di studio e di raccordo” e sviluppato dalla dottrina nelle prime indagini della commissione affari regionali, distinguendo raccordi in forma di organi da raccordi in forma di procedimenti[20]. Il legislatore comincia usare il termine già per la disciplina di funzioni di coordinamento in situazioni emergenziali[21] o in contesti di programmazione[22] e lo integra nel vocabolario delle riforme istituzionali con la l. n. 400/1988 che attribuisce alla Conferenza compiti di “informazione, consultazione e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale suscettibili di incidere nelle materie di competenza regionale”[23].

La sent. n. 214/88 (relatore A. Baldassarre) parla infine di “svariate misure di raccordo o di coordinamento paritario – come, ad esempio, le intese, le consultazioni, le richieste di parere, le convenzioni, le informazioni reciproche, le quali sono in perfetta armonia con il principio fondamentale della “leale cooperazione”, che questa Corte (…)  ritiene essere alla base dei rapporti tra Stato e regioni, e, in particolare, di quelli fra essi ordinati su base paritaria, cioè i c.d. rapporti orizzontali.”

Il raccordo è quindi un modo di leale collaborazione tra enti o organi che si può tradurre in diverse forme procedimentali ed organizzative, quali co-decisione, concertazione,  consultazione e informazione, conferenza ecc., tra istituzioni. Tale collaborazione è finalizzata a “perseguire la formazione di una volontaria unitaria composita delle istituzioni coinvolte, nel caso del Senato quindi dello Stato, rappresentato dalle componenti presidenziali, e delle istituzioni territoriali, Regioni e Comuni.

Dal punto di vista del diritto comparato si tratta di una specialità italiana peraltro non recepita nel linguaggio giuridico della svizzera italiana, né con equivalenti nel francese, inglese o tedesco giuridico. La costituzione svizzera conosce solo il raccordo ferroviario (disposizione transitoria dell’art. 87: “I grandi progetti ferroviari comprendono … il raccordo della Svizzera orientale e occidentale alla rete ferroviaria europea ad alta velocità”). In Francia, il contratto di “raccordement” riguarda solo l’allacciamento alla rete elettrica. Nell’UE, raccordo si usa solo per trasporti, energie, meccanica, componenti chimiche (eurovoc, IATE), traducendo raccordo tra formazione e lavoro con link/lien. Nel linguaggio giuridico inglese e tedesco, l’equivalente funzionale sarebbe piuttosto il termine di cooperazione, c.d. Kooperationsrecht, fondato sul dovere di leale cooperazione tra Unione e Stati (art. 4, co. 3 TUE) e a quello di cooperazione interistituzionale (art. 13, co. 2 TUE).

(2) La costituzionalizzazione delle norme attributive di funzioni di raccordo ad opera della riforma costituzionale approvata esige sforzi ulteriori di chiarificazione concettuale. Sul piano delle fonti, questa costituzionalizzazione non prosegue l’obiettivo di una garanzia dello status quo legislativo, quanto piuttosto l’attribuzione di una funzione nuova compensativa della riduzione di quelle legislative e delle altre garanzie delle autonomie territoriali. Gli enti costitutivi della Repubblica sono resi co-responsabili per il bene complessivo dello Stato-ordinamento.

Pertanto le funzioni di raccordo di cui al nuovo art. 55, co. 5 Cost. non possono esaurirsi nella semplice esistenza di un organo che rappresenti gli enti territoriali interni dello Stato ordinamento. In effetti, una simile funzione di “raccordo organizzativo” non sarebbe più che una semplice specificazione della rappresentanza territoriale un suo limite. Il Senato servirebbe allora solo a integrare simbolicamente le istituzioni territoriali nell’unità della Repubblica. Pertanto il raccordo non può essere realizzato solo dalla condizione giuridica dei singoli consiglieri-senatori che nella loro duplice veste di senatori e di “consiglieri“ regionali o sindaci saranno i nuovi membri di questo organo.

Le funzioni di raccordo procedimentale non possono esaurirsi nemmeno nel potere residuale del Senato di concorrere all’esercizio della funzione legislativa statale, né possono essere identificate con le altre funzioni elencate nello stesso lungo capoverso.

Il Senato della Repubblica è da un lato titolare di  (non: “delle”) funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica, dall’altro “concorre” come Senato della Repubblica Italiana all’esercizio “delle” (non: “di”) funzioni di raccordo con l’UE, cioè può essere co-titolare o semplice organo partecipante alle fasi di iniziativa ed istruttoria o integrativa dell’efficacia di determinati atti giuridici nell’ordinamento italiano e in quello dell’UE (cfr. infra sub 3).

Le funzioni di raccordo pertanto non possono che abbracciare tutte le funzioni legislative ed esecutive dello Stato e degli enti costitutivi della Repubblica nonché dell’UE. Sono funzioni trasversali riferibili a tutte le funzioni nelle quali si realizza una cooperazione tra lo Stato e le autonomie territoriali da un lato e tra queste ultime e l’Unione Europea dall’altro. Una riserva di legge è stabilita solo per la partecipazione del Senato a nomine di competenza del Governo, ma anche l’individuazione delle altre funzioni di raccordo amministrativo non può che spettare al legislatore (arg. art. 97, co. 2 Cost.).

Le funzioni di raccordo possono, ma non devono includere la stipulazione di intese ed accordi, escluse quelle interregionali (v. infra quesito 4). Possono includere anche il coordinamento della programmazione statale e regionale finora svolta in Conferenza, perfino i criteri di ripartizione territoriale di risorse finanziarie, l’attuazione di direttive UE ecc.. Essendo anche il coordinamento una funzione di raccordo, potrebbe svolgere funzioni di raccordo anche per quanto riguarda le “nomine dei responsabili di enti ed  organismi  che  svolgono attività o prestano servizi strumentali all’esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome”, la nuova competenza del Senato di “concorrere ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge” potrebbe estendersi anche a una parte di queste nomine.

In ultima analisi, il Senato potrà rivendicare ed esercitare anche funzioni di raccordo amministrativo ed intergovernativo nella multilevel governance. Più forte sarà la rappresentanza degli esecutivi regionali, più idoneo sarà il Senato a svolgere funzioni di partecipazione alla governance.

La riforma costituzionale pone tuttavia anche dei limiti alle funzioni di raccordo del Senato. Innanzitutto il Senato potrà diventare l’organo costituzionale preposto alle funzioni principali di raccordo, ma non potrà assorbire oltre alle funzioni di raccordo legislativo anche tutte quelle di raccordo amministrativo, sacrificando del tutto la separazione tra primo e secondo potere. Spetterà alla legge “organica” – peraltro monocamerale – individuare funzioni di raccordo amministrativo adeguate, cioè solo laddove esista effettivamente un bisogno di raccordo non realizzabile senza accorgimenti organizzativi procedimentali. Inoltre non può assorbire le funzioni di raccordo amministrativo endoregionali, né quelle di cooperazione interregionale e intercomunale spontanea, né le funzioni delle commissioni paritetiche.

Infine non potrà diventare luogo di esercizio unitario di funzioni di amministrazione attiva (art. 118 co. 1 Cost.), né ostacolare la semplificazione e trasparenza dell’azione amministrativa laddove (art. 118, co. 2 Cost.), né pregiudicare il buon andamento delle amministrazioni (art. 97, co. 2  Cost.), ad es. precludendo scambi diretti di informazioni tra le varie amministrazioni o costituendo “raccordi tra raccordi”. La partecipazione al Senato non può sbarrare nemmeno l’acceso ai conflitti di attribuzione inter-istituzionali. Non tutto può essere raccordato e anche le funzioni amministrative di raccordo del Senato non possono presumersi, ope constitutionis, conformi ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Più funzioni di raccordo amministrativo saranno assunte dal Senato, più complesso diventeranno anche i rapporti tra le due camere. Nella misura in cui si conservano funzioni di raccordo in sede di conferenza, sarà la prima camera a dovere controllare ed indirizzare il Governo, controllo che in realtà appare spesso inefficace. Nella misura in cui il Senato assorbe tali funzioni, il controllo sulla partecipazione del Governo ai raccordi rischia di trasformarsi invece in un controllo della prima sulla seconda camera.

(3) Per quanto riguarda i raccordi nella formazione delle politiche europee, il Senato riformato approverà i “trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” – termine impreciso che pare estendibile a tutti gli accordi internazionali che incidono sui diritti e doveri della Repubblica italiana quale membro dell’Unione europea, quindi inclusi trattati come quello di Schengen e il fiscal compact che incidono su tale status – e concorrerà “all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea” – termine che sembra abbracciare sia i “rapporti dello Stato con l’Unione europea” disciplinate da legge monocamerale (art. 117, co. 2, lett. a) Cost.), sia i profili di partecipazione delle Regioni e delle Province autonome “alle decisioni dirette alla formazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’UE” nonché all’attuazione ed esecuzione degli atti UE disciplinati da legge bicamerale (art. 117, co. 5 Cost.), sia il parere del Senato sull’esercizio dei poteri sostitutivi “nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria” (art. 120, co. 2 Cost., esempio di drafting anacronistico). A questo riguardo, la legge n. 234/2012 potrebbe incontrare dubbi di parziale incostituzionalità sopravvenuta e richiedere delle modifiche:

a) l’art. 8 l. n. 234/2012 consente a entrambi le Camere di consultare i consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome. Se il raccordo tra lo Stato e l’UE è compito del Governo, il concorso a tale raccordo sui profili di interesse delle autonomie e la relativa rappresentanza dovrebbe per volontà della costituzione riformata essere riservato al Senato. Per avere un “concorso” con leale collaborazione, le due Camere dovrebbero scambiarsi eventuali bozze di parere.  Pertanto anche la comunicazione delle osservazioni di cui all’art. 25 l. n. 234/2012 dovrebbe essere fatta ad entrambi le Camere. La Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni potrebbe essere autorizzata ad integrare le osservazioni dei singoli consigli;

b) l’art. 19  l. n. 234/2012 stabilisce che a fianco d Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) è istituito un “Comitato tecnico di valutazione” che “istruisce e definisce le posizioni che saranno espresse dall’Italia in sede di Unione” (co. 2 a) e dispone che le riunioni di detto Comitato tecnico,  “qualora siano trattate materie che interessano le regioni e le province autonome, si svolgano presso la Conferenza e partecipino un rappresentante di ciascuna regione e provincia autonoma indicato dal rispettivo presidente e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, da rappresentanti indicati dall’ANCI, dall’UPI e dall’UNCEM (co. 5). Sono presenti inoltre sempre, in qualità di osservatori, funzionari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati designati dalle rispettive amministrazioni, e negli affari regionali anche rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome (co. 6). L’art. 2 della stessa legge prevede peraltro che anche alle sedute del CIAE “quando si trattano materie che interessano le regioni e le province autonome” partecipino – probabilmente solo con diritto di ascolto e parola e non di voto – “il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per i rispettivi ambiti di competenza, il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), il presidente dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e il presidente dell’Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti Montani (UNCEM)”.

Tale disciplina, tutta costruita per l’attuale forma di governo, difficilmente sembra compatibile con quella futura che istituisce una rappresentanza organica di tutte le istituzioni territoriali. Per un Senato che deve concorrere ai raccordi con l’UE non sembra lecito riservare delle funzioni di “osservazione” ai funzionari del Senato, escludendone gli stessi senatori eletti, in particolare il presidente di un’eventuale commissione affari europei del Senato. Le linee generali, le direttive e gli indirizzi deliberati dal CIAE non possono più essere adottate semplicemente con la partecipazione delle associazioni di categoria, piuttosto richiederebbero un concorso del Senato; 

c) per quanto riguarda le sessioni europee delle conferenze (art. 22, 23 l. n. 234/2012), il Governo deve finora solo informare tempestivamente le Camere sui risultati emersi durante tale sessione, ma non è previsto alcun concorso del Senato a queste sessioni destinate a “raccordare le linee della politica nazionale, relativa all’elaborazione degli atti dell’Unione Europea, con le esigenze rappresentate dalle regioni e dalle province autonome, nelle materie di competenza di queste ultime”. Né può il Senato intervenire sui pareri delle conferenze sugli indirizzi generali relativi all’elaborazione e all’attuazione degli atti dell’Unione Europea che riguardano le competenze delle regioni e delle province autonome sui criteri oppure sul parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali sui criteri e sulle modalità per conformare l’esercizio delle funzioni di interesse degli enti locali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi. Proprio sulla legge europea andrebbe invece riservata l’ultima parola al Senato;

d) ai sensi dell’art. 24 l. n. 234/2012, le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza, possono trasmettere osservazioni su progetti di atti UE entro trenta giorni dalla data del ricevimento degli atti “al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro per gli affari europei dandone contestuale comunicazione alle Camere, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome e alla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome” (co. 3). Anche il Sento dovrebbe avere un analogo diritto di rappresentanza. Se serve un’intesa, il Ministro convoca la Conferenza (co. 4), ma la decisione sull’apposizione di una riserva (co. 5) dovrebbe essere riservata al Senato più che alla Conferenza e anche dall’illustrazione delle posizioni del governo non dovrebbe essere escluso il Senato (co. 9).

e) Ai sensi dell’art. 26 l. n. 234/2012, la partecipazione degli enti locali si svolge nella Conferenza Stato-città ed autonomie locali ed esclude ogni concorso attivo del Senato.

f) l’art. 27 l. n. 234/2012 esclude ogni concorso del Senato nella nomina dei membri titolari e supplenti del Comitato delle regioni, indicati invece dalle associazioni degli enti locali e da quelle delle regioni. Un’attribuzione analoga potrebbe essere prevista anche per i rappresentanti italiani nel Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa.

(4) La comparazione dei “sistemi delle conferenze” intergovernative nei paesi con seconde camere[24] dimostra innanzitutto che la cooperazione degli esecutivi è per lo più un fenomeno informale e politico, ma che esiste una tendenza crescente a disciplinarlo anche nella Costituzione (ad es. art. 145 Cost. Spagna, art. 35-37, 91a-91e Legge fondamentale Germania, art. 15a, 23d, 59b Cost. Austria; esemplare da ultimo gli art. 44-49 Cost. Svizzera). In secondo luogo, ove le secondo camere sono organi federali, devono partecipare alla supremazia del potere centrale su quello periferico. L’informalità delle conferenze implica una loro strumentalità rispetto ai raccordi organici offerti dalle seconde camere.

a) Storicamente le Länderkonferenzen tedesche sono nate solo dopo il Bundesrat dell’Impero Germanico, con una norma del regolamento interno del governo dell’Impero nel 1924. Per il mezzo del Bundesrat tedesco attuale, i Länder collaborano alla legislazione e all’amministrazione federale (art. 50), mentre per mezzo delle conferenze esercitano autonomamente in forme comuni o concertate o con la collaborazione di organi federali le proprie competenze. Le 16 commissioni del Bundesrat rispecchiano pertanto le competenze dei ministeri federali, inclusi gli affari esteri e difesa,  mentre le 18 conferenze ministeriali coincidono solo in parte con le commissioni del Bundesrat (Europa, interni, salute, ambiente, circolazione, economia, finanze) sono più orientate verso i ministeri regionali, ad es. unendo famiglia e anziani, parità e giovani  (Bundesrat: gioventù e famiglia) o separando agricoltura da tutela dei consumatori, interni da sport e integrazione da lavoro e affari sociali (uniti nel Bundesrat). Mentre una conferenza si occupa dell’edilizia, ben due commissioni del Bundesrat si occupano rispettivamente di governo del territorio e di edilizia abitativa. Solo in materia di scienza esiste una commissione con un rappresentante del Land. Mentre il Bundesrat ha sede e un apparato proprio a Berlino, le conferenze non sono unificate e hanno sede nei Laender che a turno la presiedono, anche se le strutture amministrative delle 4 principali (economia, circolazione, interni, finanze) sono domiciliate presso la segreteria del Bundesrat.

In entrambi le istituzioni sono possibili deleghe e sostituzioni, nelle commissioni del Bundesrat per lo più a funzionari degli uffici regionali di rappresentanza a Berlino. La conferenza non è vincolata all’ordine del giorno che comprende di solito tra 10 e 15 affari e tiene sedute non pubbliche, il Bundesrat ha in genere da 60 a 80 affari all’odg che sono dibattute in seduta pubblica, ma preparate dalle commissioni in seduta non pubblica.   

A differenza del Bundesrat, le conferenze non sono organi costituzionali della Federazione e non si occupano di affari federali, ma soprattutto di affari autonomi e questioni di status comuni. Pertanto le conferenze non devono in alcun modo menomare le competenze del Bundesrat. Nel 1992, la conferenza dei presidenti, la Ministerpräsidentenkonferenz (MPK) ha deliberato formalmente di non discutere affari pendenti nel Bundesrat[25].

I regolamenti delle conferenze contemplano norme procedurali analoghe rispetto a quelle del Bundesrat e hanno abbandonato sin dal 2004 la regola dell’unanimità. Quello della conferenza dei ministri della cultura (Kultusministerkonferenz), ad es., stabilisce che le delibere sono prese all’unanimità se “servono a produrre la necessaria unitarietà e mobilità nell’istituzioni della formazione, se producono effetti per i bilanci regionali, se riguardano la stessa conferenza o  l’istituzione di istituzioni comuni”, altrimenti serve una maggioranza di 13 su 16 Länder, mentre le delibere di procedura sono prese a maggioranza semplice.

La partecipazione del Bundesrat all’amministrazione del Bund consiste essenzialmente in un potere di approvazione di fonti normative secondarie, in particolare di regolamenti (Rechtsverordnungen) e di norme amministrative (Verwaltungsvorschriften). Questo vale per tutte le fonti secondarie che derivano da leggi che richiedono l’approvazione del Bundestag o la cui esecuzione spetta ai Länder come affare autonomo o delegato, ma anche per principi e tariffe per i servizi delle poste e telecomunicazioni e costruzione, gestione e prezzi delle ferrovie (art. 80 co. 2 LF). Per queste materie, il Bundesrat ha anche un diritto di iniziativa nei confronti del governo (art. 80 co. 3 LF). L’ approvazione viene deliberata spesso in forma condizionata, costringendo il governo a modificare tali fonti prima che entrino in vigore[26];

b) per quanto riguarda i rapporti tra il Bundesrat austriaco e la Landeshauptleutekonferenz dei nove presidenti dei Länder austriaci, la legge costituzionale federale si limita a garantire ai governatori dei Laender diritto di parola nel Bundesrat. L’organo è implicitamente riconosciuto dalla norma che disciplina l’istituzione di una commissione mista per la determinazione delle retribuzioni dei funzionari pubblici eletti in una delle camere, composta da 3 membri nominati dai presidenti della prima camera (art. 59b BV-G), 2 membri nominati dal presidente del Bundesrat, e 5 membri nominati dal presidente federale su proposta dei presidenti dei Laender (2), dell’associazione dei comuni (1) e di quella delle città (1), cui si aggiunge un ex-magistrato.

Come nel Bundesrat tedesco, accanto a quella dei presidenti esistono conferenze dei membri di governo regionali, dei direttori amministrativi che preparano le sedute (Landesamtdirektorenkonferenz), dei presidenti dei parlamenti regionalie di esperti regionali. Il coordinamento è realizzato dall’Ufficio di coordinamento dei Länder con sede presso il governo del Niederösterreich (Verbindungsstelle der Bundesländer). Alla conferenza dei presidenti sono invitati anche il Kanzleramtminister e il direttore del servizio costituzionale del Bundeskanzleramt. Il potere politico di questo sistema sembra crescere, mentre quello del Bundesrat sembra diminuire[27].

Nella prassi, il Bundesrat austriaco si organizza a differenza delle conferenze in gruppi politici. Il Bundesrat austriaco ha anche non solo competenze legislative. Pur non partecipando al rapporto fiduciario, può esercitare tutti i poteri  di controllo ed indirizzo spettanti anche alla prima camera del parlamento: interpellanze, question-time, richiesta di comparizione, accesso ad informazioni, risoluzioni. A questo si aggiunge il diritto a un ricorso in via principale di un terzo dei membri del Bundesrat e il diritto alla censura di sussidiarietà e altre prerogative negli affari europei (infra sub 6), peraltro sin dal 2015 con un diritto di parola degli europarlamentari. Durante l’inchiesta del 2014 sulla riforma del Bundesrat è stato chiesto anche un diritto di veto in materia di finanze[28].

Una totale parificazione dei poteri di controllo tra le due camere sarebbe in Italia incompatibile con il nuovo art. 55 co. 3 Cost., una totale esclusione di qualsiasi strumento di indirizzo e controllo sulle funzioni di raccordo sarebbe invece incompatibile con il nuovo art. 55, co. 5 Cost.;

c) lo Ständerat svizzero è stato affiancato solo nel 1993 dalla conferenza dei governi dei cantoni (Konferenz der Kantonsregierungen, KdK), inizialmente coinvolta soprattutto nei lavori per la riforma costituzionale. La convenzione che la istituisce definisce come scopo

il rinnovamento e lo sviluppo del federalismo, la divisione dei compiti tra federazione e cantoni, la formazione della volontà e delle decisioni all’interno della Federazione, l’esecuzione di compiti della Federazione da parte dei cantoni nonché la politica esterea e di integrazione (art. 1, co. 2). La  conferenza deve cooperare con le autorità federali e  realizzare un coordinamento “con altre istituzioni della cooperazione verticale” (art. 3, co. 3) nonché cooperare con la conferenza dei direttori amministrativi e con  le altre conferenze intercantonali, incluse quelle regionali Zentralschweizer Regierungskonferenz (ZRK), Westschweizer Regierungskonferenz (WRK), Nordwestschweizer Regierungskonferenz (NWRK) Ostschweizer Regierungskonferenz (ORK) (art. 4)[29]. L’ufficio di collegamento pubblica una relazione annuale delle attività delle conferenze nonché i nominativi degli esperti che compongono i vari gruppi di lavoro, per lo più competenti per politiche europee e accordi con UE, ma anche ad es. per l’attuazione del diritto federale e per le convenzioni intercantonali[30]. La conferenza decide con la maggioranza di 18 su 26 governi cantonali.

Nel 1998 la KdK ha convenuto con lo Ständerat un’intensificazione della cooperazione. Al di là dei due incontri annuali, lo Ständerat informa la conferenza preventivamente sugli ordine del giorno delle proprie sessioni per consentire una partecipazione di delegati della conferenza alle proprie sedute su temi di interesse cantonale[31];

d) in Spagna, il sistema delle conferenze include la Conferencia de Presidentes, le Conferencias Sectoriales e le Comisiones Bilaterales de Cooperación, sistema che è stato razionalizzato dalla recente Ley 40/2015, de 1 de octubre, de Régimen Jurídico del Sector Público[32]. La Conferenza dei presidenti delle comunità autonome spagnole, istituita nel 2004, si riunisce finora solo raramente per deliberare accordi con lo Stato o raccomandazioni. Sono finora poche sia le convenzioni sulla gestione di servizi propri, da comunicare al Parlamento, sia gli accordi di cooperazione, da autorizzare da parte del parlamento (art. 145, co. 2 Cost.). Il regolamento della conferenza approvato nel 2009 stabilisce come obiettivi un dialogo sulle politiche pubbliche, settoriali e territoriali dello Stato, su attuazioni congiunte di carattere strategico e su questioni di competenza bilaterali, il potenziamento delle relazioni di cooperazione tra stato e autonomie nonché l’impulso e l’orientamento delle conferenze settoriali e di altri organi di cooperazione multilaterale (art. 2). La conferenza ha sede nel Senato, ma può tenere sedute anche nelle sedi dei governi autonomi partecipanti (art. 4, co. 4)[33].

Il centro del sistema delle conferenze sono le Conferencias Sectoriales che devono ora essere informate sui progetti di legge e di regolamento dello Stato e delle Comunità autonome che possono interessare l’ambito delle competenze anche di altre amministrazioni pubbliche, il tutto al fine di evitare duplicazioni e consentire una pianificazione congiunta della produzione normativa. Anche la “Ley 7/1985, de 2 de abril, Reguladora de las Bases del Régimen Local” nella sua versione attuale rafforza la centralità del sistema delle conferenze settoriali nel quale è anche integrata una Conferencia de Ciudades[34].

La dottrina auspica una revisione integrale del sistema delle conferenze[35], ma anche delle riforme che trasformino il Senato in organo permanente;

e) per quanto riguarda la Francia,  va segnalata innanzitutto l’avvenuta istituzione delle prima conferenza delle collettività territoriali nella sede del Senato Francese nel dicembre 2014, peraltro partecipata dal presidente del Senato[36]. Le più recenti riforme del territorio e delle regioni hanno rafforzato le conferenze amministrative (conférence territoriale d’action publique, conférences régionales de l’aménagement et du développement du territoire, conférence de coordination des collectivité territoriales)[37]. È stata invece archiviata la proposta di creare un «Haut Conseil des territoires». Il recente rapporto di Claudy Lebreton (Une nouvelle ambition territoriale pour la Fance en Europe – Mission sur l’Aménagement du territoire : refonder les relations entre Etat et collectivités territoriales, 2016)[38] propone invece la creazione di un «Conseil des collectivités» sul modello del comitato delle regioni dell’UE, con compiti di mera consulenza sull’esecuzione delle leggi e non concorrenti con le competenze del Senato[39], e una riforma del sistema di elezione del Senato che tenga maggiormente conto dei risultati delle elezioni amministrative. Anche altre misure dovrebbero rafforzare la collaborazione tra stato ed istituzioni territoriali, specialmente per il governo del territorio;

f) cenni ulteriori meritano i poteri di nomina[40] e di controllo politico sussidiario del Senato polacco, anche in assenza di informazioni su eventuali rapporti tra il senato e la conferenza dei voivodeship marshals. La legge che disciplina lo statuto dei parlamentari autorizza i senatori come i deputati a chiedere informazioni e spiegazioni a membri dei governi nazionale, regionale e locale e chiedere alle amministrazioni di prendere in considerazione certe situazioni. Possono inoltre partecipare a sedute di consigli delle istituzioni territoriali, invitare rappresentanti di tutte le istituzioni alle sedute delle proprie commissioni ed esaminare le relazioni dell’ombudsman[41];

g) qualche cenno ulteriore merita ancora il sistema statunitense delle Governors’s conferences. Tali riunioni sono organizzate sin dal 1908 all’interno della National Governors Association  (NGA) che svolge funzioni di lobbying di categoria in aggiunta a quella individuale[42] ed è dotata di un esecutivo bipartisan e di proprie strutture di supporto, sin dal 1967 in particolare di un Office for Federal Relations preposto all’elaborazione di posizioni di policy e scambio di best practices. Gli stati si avvalgono sin dal 1933 inoltre del Council of State Governments (CSG) con sede a Lexington. Alla commissione che ne revisiona le norme organizzative partecipano tre senatori, ma l’executive board del CSG è formato esclusivamente da delegati degli Stati rappresentativi di tutti i loro poteri, incluso quello giudiziario. L’obiettivo del consiglio, anche secondo la bozza attuale, non contempla l’adozione di atti o negoziazione di accordi[43];

(5) per quanto riguarda le forme di partecipazione delle seconde camere ai raccordi con l’UE, particolari esperienze sono offerte dalle seconde camere dei membri dell’associazione dei senati europei i cui scopi statutari includono peraltro: “development of relationships between members, promotion of bicameralism in the framework of parliamentary democracy, and strengthening of European identity and awareness”. In questa sede interessano in particolare Germania, Austria, Spagna e Francia.

a) Il ruolo del Bundesrat tedesco e dei parlamenti regionali nelle politiche dell’integrazione europea è stato ampiamente disciplinato nella costituzione riformata[44], ma risulta nella prassi ancora meno visibile di quello del Bundestag. I dettagli sono disciplinati da una legge federale la “Legge sulla collaborazione tra Federazione e Länder negli affari dell’Unione Europea” del 12 marzo 1993 (EUZBLG 1993 e succ. mod.), che include nel suo allegato  punti di un accordo tra la Federazione e i Länder e riserva la disciplina di ulteriori dettagli ad accordi ulteriori (§ 9).

La collaborazione del Bundesrat si svolge da un lato nella Europakammer, la camera europea prevista in costituzione (art. 52, co. 3 a LF), dall’altro lato in una “Commissione per le questioni dell’Unione Europea” (Ausschuss für Fragen der Europäischen Union), i cui precedenti risalgono fino al 1957.

Essendo il Bundesrat un organo di rappresentanza dei governi dei Länder, entrambi gli organi sono composti da delegati dei governi regionali, cioè dai ministri competenti per materia, in genere appositi ministri per gli affari federali ed europei o gli stessi presidenti dei governi dei Länder (Niedersachsen, Mecklenburg, Berlin, Hamburg) o anche ministri per o con altre materie (interni, giustizia ecc). Nella maggior parte, un membro della Kammer svolge in un’unione personale anche funzione di membro della Commissione.

In base alle fonti costituzionali e legislative sopra individuate cui si aggiungono le disposizioni delle costituzioni dei Länder e il regolamento interno del Consiglio federale (Geschäftsordnung des Bundesrats del 26 novembre 1993, GO-BR), la Europakammer svolge le funzioni di partecipazione del Bundesrat negli affari dell’UE in tutti i casi d’urgenza o di riservatezza delle quali non può essere investito il plenum nella sua riunione mensile (§ 45d GO-BR). Le delibere della Europakammer sono preparate dalle altre commissioni (§ 45e GO-BR), in particolare dalla commissione per le questioni dell’UE che si occupa di tutti gli affari dell’UE che rientrano nei titoli di competenza del Bundesrat o dei Länder, cioè dall’agricoltura fino ai servizi, pagamenti, asilo e immigrazione, traffico, concorrenza ecc, incluse le questioni di sussidiarietà e di proporzionalità e tutti i profili delle politiche di integrazioni, in ogni caso in cui si esprime una posizione vincolante per il governo o in cui si esercitano diritti in base alla legge sulla responsabilità per l’integrazione.

Le sedute della Europakammer sono di norma pubbliche (§ 45f GO-BR), mentre quelle della commissione non sono pubbliche. Le delibere della Europakammer sono di norme pubblicate con motivazione, mentre il resoconto delle sedute resta riservato (§ 45j GO-BR).  I resoconti dei lavori della commissione nella legislatura attuale e di quella precedente sono secretati, mentre tutte le altre possono essere visionate solo nella biblioteca dell’organo. Alle sedute della Europakammer possono partecipare membri e incaricati dei governi federali e regionali nonché “altre persone se ammesse dal presidente” (§ 45g GO-BR), ma non è dato sapere chi partecipa a quale titolo e se sono invitati anche ad es. i membri del Comitato delle Regioni. E appena il caso di ricordare che alla commissione affari europei del Bundestag  partecipano con diritto di parola anche gli europarlamentari dei partiti che hanno superato la soglia di sbarramento per il Bundestag.

Nella realtà, le convocazioni della Europakammer sono rare. Se il presidente ritiene che la decisione non necessiti di dibattito, la deliberazione viene presa di norma in via di consultazione ad interpello (“Umfrage”) verbalizzata dalla segreteria (§ 45i GO-BR).

b) Per quanto riguarda il Bundesrat austriaco, la legge costituzionale federale garantisce un’informazione tempestiva da parte del Governo federale che consente al Consiglio federali di esprimere pareri su tutti i progetti in ambito UE (Art. 23, e co. 1). La posizione è di norma vincolante se il parere ritiene necessaria l’approvazione di una disposizione di legge costituzionale (co. 4)[45]. La costituzione garantisce inoltre una sostanziale parità dei diritti delle due camere con riguardo agli affari europei, inclusi i controlli di sussidiarietà e la richiesta di ricorsi alla Corte di giustizia dell’UE. Ciascun Ministro federale, all’inizio di ogni anno, riferisce all’inizio di ogni anno ad entrambi le Camere sulle iniziative che si devono attendere in tale anno da parte del Consiglio e della Commissione nonché sulla prevedibile posizione austriaca al riguardo (art. 23f co. 2 B-VG).

Mentre nel consiglio nazionale esiste una subcommissione della commissione principale (Hauptausschuss) che si occupa di tutti gli affari UE non avocati dalla commissione principale e le cui delibere più importanti sono riferite nel servizio informazioni parlamentari (Parlamentskorrespondenz) nonché un’apposita commissione per lo ESM (European Stability Mechanism), nel Bundesrat è stata istituita con apposite norme regolamentari (§ 13 a e b Geschäftsordnung Bundesrat) una commissione affari UE le cui sedute, a differenza delle altre 22 commissioni settoriali e della conferenza bicamerale per le finanze, sono di norma pubbliche, tranne che quando vertono su atti segretati secondo le norme generali in materia.

A richiesta di più della metà dei consiglieri di tre dei nove Länder, la deliberazione di un affare è riservato al plenum dietro istruttoria della commissione. Il ministro componente, la stessa minoranza, un quarto dei membri del Bundesrat o, in casi urgenti, un singolo consigliere possono chiedere di mettere all’ordine del giorno della commissione un progetto dell’UE. In tal caso, il presidente della commissione richiede un’informazione scritta del ministro competente secondo le norme della legge sulle informazioni UE (EU-Informationsgesetz – EU-InfoG, BGBl. I Nr. 113/2011). Ogni gruppo rappresnetato in commissione può chiedere almeno tre volte per anno informaazioni scritte dettagliate su documenti europei. Ulteriori richieste possono essere fatte dal presidente, sentita la conferenza dei capigruppo.  Alle sedute della commissione possono partecipare con diritto di parola tutti i membri del consiglio e gli europarlamentari eletti in Austria. Il presidente può mettere all’ordine del giorno anche questioni di attualità. Possono essere sentiti ministri e loro delegati.

c) Nel Senato spagnolo, articolato come quello austriaco per gruppi politici,  non esiste una commissione affari europei, essendo stata invece istituita una commissione mista bicamerale per gli affari Europei con la Ley 8/1994 e con risoluzioni congiunte[46]. In tale sede possono chiedere di comparire anche i membri dei governi delle comunità autonome[47].

Il regolamento del Senato attribuisce alla “Comisión General de las Comunidades Autónomas” inoltre le seguenti funzioni:

“p) Ser informada, por el Gobierno y la Comisión Mixta Congreso-Senado para las Comunidades Europeas, sobre los procesos de adaptación normativa o actos de los órganos de la Unión Europea con trascendencia regional o autonómica.

q) Formular al Gobierno sus criterios respecto a la representación española en todos aquellos foros internacionales donde haya una participación territorial.

r) Conocer la cuantía y distribución de los Fondos de la Unión Europea destinados a la corrección de los desequilibrios regionales o interterritoriales en España, así como efectuar el seguimiento de la ejecución de los proyectos de inversión que se financien a su cargo”.

d) Nel Senato francese è stata istituita una commissione affari europei per volontà della riforma costituzionale del 2008 (art. 88-4, co. 4 Cost.). Secondo le disposizioni del regolamento del Senato, la Commissione ha finora 36 e in futuro 41 membri nominati  «de façon à assurer une représentation proportionnelle des groupes politiques et une représentation équilibrée des commissions permanentes.» (art. 73bis). Il regolamento non consente una partecipazione di altri soggetti e dispone la comunicazione delle posizioni solo al Governo e all’altra camera. Con sentenza del 25 giugno 2009, le Conseil constitutionnel ha deciso che le proposte della commissione possono essere riconsiderate dal Senato stesso a norma del proprio regolamento: «le Gouvernement ainsi que les groupes d’opposition et les groupes minoritaires dans le cadre du jour de séance mensuel qui leur est réservé ont le droit de demander que le Sénat se prononce sur cette proposition avant l’expiration du délai d’un mois prévu par le quatrième alinéa de l’article 73 quinquies». Nel 2015, la commissione ha peraltro tenuto una seduta comune con l’analoga commissione del Senato italiano[48].

(6) In conclusione, i ruoli delle due camere si differenziano innanzitutto per la funzione di controllo ed indirizzo politico generale della Camera nei confronti del Governo, funzione negata al Senato e solo parzialmente compensata da quelle di raccordo tra gli enti costitutivi della Repubblica e con l’UE. Non vi è dubbio che i 630 deputati della Camera potranno avere un rapporto più intenso con il territorio che i senatori e che Governo non vorrà perdere il proprio potere nel sistema delle conferenze, potendo opporsi all’attuazione della riforma costituzionale[49].

Per aver un Senato con funzioni di raccordo anche politiche o di alta amministrazione, non sarebbe sufficiente rendere qualche suo rappresentante partecipe ai procedimenti di raccordo delle conferenze, perché a differenza delle ipotesi di “concorso” ai raccordi in ambito UE un raccordo organizzativo con il sistema delle conferenze non è equivalente con una titolarità di proprie funzioni di raccordo ex art. 55, co. 5 Cost. riformata. 

La comparazione dimostra che potrebbe essere considerato anche insufficiente trasferire semplicemente la sede della conferenza al Senato. Se il nuovo Senato si dovrà occupare della qualità delle pubbliche amministrazioni e dell’attuazione delle politiche, la qualità delle funzioni di raccordo del Senato sarà decisiva per la riuscita di una riforma complessiva del regionalismo che riesca a rilegittimare le istituzioni territoriali attraverso una migliore performance delle autonomie amministrative. Il sistema delle conferenze dovrebbe essere subordinato a questa esigenza e avere una struttura differenziata per materie, pienamente interattiva con le commissioni del Senato.

3. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il ‘sistema delle Conferenze’ costituisce «una delle sedi più qualificate per l’elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione» (sentenza n. 31/2006) e ha finora svolto un ruolo significativo, sulla base dei criteri di riparto della legislazione del vigente titolo V, ai fini dell’attuazione delle leggi, sia sul piano regolamentare che su quello amministrativo. Nel nuovo titolo V previsto dal progetto di riforma costituzionale, come potrà dispiegarsi il principio di leale collaborazione? Come potranno riflettersi i nuovi criteri di riparto della potestà legislativa e regolamentare e la c.d. “clausola di supremazia” sul ruolo delle Conferenze?

(1) La “leale collaborazione” è notoriamente un principio del regionalismo cooperativo sviluppato nella giurisprudenza costituzionale e riconosciuto in parte esplicitamente (art. 120, co. 2 Cost.), in parte implicitamente dalle riforme costituzionali precedenti. Il principio è di natura procedimentale e indica innanzitutto un “metodo” di garanzia di “unità composita” della Repubblica delle autonomie (art. 5 Cost.), ma riconosce anche la necessità di ricercare un bene comune nella res pubblica (art. 1) e nelle sue relazioni con le organizzazioni internazionali (art. 11 Cost.). Dal principio generale bisogna tuttavia distinguere le sue forme e regole concrete

Dal punto di vista della comparazione, la leale collaborazione è un principio comune degli stati e delle organizzazioni internazionali come l’Unione Europea, caratterizzate da condizioni di pluralismo istituzionale ed ha una matrice federale nella cd. fedeltà federale, a sua volta riconducibile alla buona fede dell’esecuzione dei patti federali (pacta sunt servanda). Secondo la giurisprudenza costituzionale italiana, esso “deve governare i rapporti tra lo Stato e le Regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui le rispettive competenze concorrano o si intersechino” (Corte costituzionale sent. n. 242/1997). Non è superato con l’abolizione della legislazione concorrente perché “deve presiedere tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e regioni” (sent. n. 31/2006[50]), anzi tra tutti gli enti costitutivi della Repubblica.

Si può discutere se l’abolizione della competenza concorrente sia completa (con l’eccezione dell’art. 122, co. 1 Cost.), se abbia solo l’obiettivo di ridurre il contenzioso costituzionale e se tale obiettivo sia effettivamente realizzabile. La giurisprudenza costituzionale tende a ritenere la leale collaborazione non imperante nelle materie di competenza esclusiva dello Stato (sent. n. 43/2004), semmai nelle materie di competenza residuale della Regione (sent. n. 412/2007). Pertanto, i futuri conflitti sulle forme di leale collaborazione riguarderanno soprattutto le ipotesi di intersezione delle competenze, ipotesi la cui frequenza aumenterà con il numero e dipende dal grado di precisione delle norme di competenza. Al riguardo, la nuova competenza di rappresentanza e raccordo del Senato più che prevenire conflitti, può operare una forma di canalizzazione dei conflitti. Il tasso di conflittualità dei rapporti tra Stato e Regioni dipenderà dall’autorevolezza che guadagneranno le proposte di modifica del Senato quali offerte di “lodo” politico. L’autorevolezza presupporrebbe tuttavia un consociativismo delle autonomie difficile da realizzare a fronte delle pressioni dei partiti e dei tempi stretti con i quali si possono ottenere decisioni di maggioranze anche non rappresentative di tutte le autonomie.

Nei conflitti di competenze da intersezione, la leale collaborazione tra Stato e Regioni dovrebbe poi trasformarsi anche in una leale collaborazione tra le Camere, ma non sono previsti raccordi organizzativi del tipo del Vermittlungsausschuss tra Bundestag e Bundesrat (art. 77, co. 2 Legge Fondamentale tedesca) nemmeno per casi di emergenza o di stato di guerra (art. 53a Legge fondamentale). La decisione dei Presidenti delle Camere sulle “eventuali questioni di competenza” potrebbero comporre non solo conflitti fra le Camere, ma indirettamente anche fra lo Stato e le istituzioni territoriali (art. 70, co. 6 Cost. rif.). Tuttavia, tali decisioni non potrebbero menomare le competenze della Corte costituzionale, semmai contribuire politicamente ad una minore conflittualità. Qualche strumento di mediazione informale ulteriore potrebbero prevedere anche i regolamenti delle camere, autorizzando ad es. i presidenti di commissione o i relatori del Senato ad essere “sentiti” nelle commissioni della Camera dei deputati prima che questa si pronunci definitivamente sulle proposte di modifica. In questo modo potrebbero essere anche trovate mediazioni diverse dalle proposte di modifica del Senato, consentendo una pronuncia sulla modifica che riapra, se necessario e non precluso da obblighi di votazione “a data certa”, addirittura la fase dell’istruttoria e riduca nel contempo in modo ragionevole il rischio di una ulteriore proposta di modifica del Senato[51].

Le funzioni di raccordo del nuovo Senato possono quindi, in ultima analisi, offrire delle nuove opportunità di leale collaborazione politica, lasciando per il resto invece sostanzialmente immodificati gli istituti giuridici di leale collaborazione disciplinati concretamente dagli artt. 117, co. 5, 8 e 9 Cost., 118, co. 3 Cost., 120 co. 2 Cost..

(2) Nella misura in cui il Senato riuscirà effettivamente ad assumere un ruolo di mediazione tra Stato ed istituzioni territoriali,  i nuovi criteri di riparto delle competenze tra gli enti e tra le camere si rifletteranno anche sul ruolo del sistema delle conferenze che dovrà necessariamente essere riformato secondo quanto indicato in precedenza (supra par. 1 e 2). Il ruolo del sistema delle conferenze sarà preparatorio ed esecutivo per la leale collaborazione tra gli enti, ma sussidiario e non vincolante per le funzioni del Senato. Sarà più il sistema delle conferenze a dover collaborare con il Senato che non viceversa il Senato con organo non costituzionale. Solo il Senato potrà anche vigilare affinché il ruolo del sistema delle conferenze non degeneri in una pseudo-collaborazione tra lo Stato e gli enti territoriali..

Il potere effettivo delle conferenze future dipenderà tuttavia dalla composizione del Senato e dalle modalità di comunicazione ed interazione tra le istituzioni su tutti i livelli di governo. Attraverso il nuovo Senato dovrebbero acquisire in effetti un maggiore potere anche i consigli regionali, i quali pur in assenza del mandato imperativo potrebbero voler controllare e condizionare maggiormente le scelte presidenziali effettuate o rappresentate sia nelle conferenze sia in Senato (cfr. anche infra sub 6). Il “diritto alla leale collaborazione” delle istituzioni territoriali nel loro complesso potrà essere viceversa difeso dal Senato, proponendo  anche modifiche delle leggi statali monocamerali al fine di rafforzare i poteri delle conferenze relativi alle funzioni amministrative, incluse quelli relativi all’approvazione dei regolamenti.

(3) La c.d. clausola di supremazia (o salvaguardia) è un termine ambiguo perché riferibile sia ai rapporti tra le Camere, sia a quelli tra lo Stato e le istituzioni territoriali. In caso di leggi di cui all’art. 117, co. 4 Cost. rif., la Conferenza può offrire alla Regione una prima opportunità di difesa da richiami generici alla tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o all’interesse nazionale. Essendo quest’ultimo posto alla fine dei cataloghi e quindi sussidiario rispetto alle competenze che lo positivizzano nelle competenze trasversali nonché rispetto all’interesse dell’unità che lo precede nel testo, sembra diverso da quello abrogato nel 2001 e più proiettabile più in una dimensione internazionale. In sede di conferenza si dovrebbe poter eccepire e dimostrare soprattutto l’effettiva omogeneità giuridica della legislazione regionale esistente o le cause effettive della disunione economica della Repubblica che il Governo pretende di correggere con mezzi forse non idonei o non adeguati.

La dottrina dovrà riflettere soprattutto sul legame tra la clausola di supremazia e il principio di sussidiarietà, specialmente in caso di “chiamata in sussidiarietà”. La giurisprudenza costituzionale (sin dalla sent. n. 303/2003) aveva messo in luce che i principi di sussidiarietà ed adeguatezza potevano “assumere la funzione che aveva un tempo l’interesse nazionale”, dandone una “valenza squisitamente procedimentale” e richiedendo quindi la “presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà.”

Orbene, la nuova clausola di supremazia potrebbe essere letta come un tentativo di overruling della giurisprudenza costituzionale che cerca di facilitare delle chiamate in sussidiarietà anche senza intesa. Restando tuttavia invariate le positivizzazione del principio di leale collaborazione che legittimavano tale costruzione giurisprudenziale, si potrebbe anche ritenere che in tutti i casi di pratiche di sussidiarietà, l’utilizzo dell’art. 117 co. 4 Cost. potrebbe essere considerato arbitrario ove non si cercasse previamente almeno un’intesa debole. L’interpretazione spetterà in ogni caso nuovamente alla Corte costituzionale.

(4) Per quanto riguarda le esperienze costituzionali comparate, la clausola di supremazia recepisce sostanzialmente concetti dell’art. 72, co. 2 della Legge fondamentale tedesca, omettendo tuttavia l’obiettivo della “realizzazione di condizioni di vita equivalenti nel territorio federale” che attua il principio dello Stato federale sociale (art. 20, co. 1 LF). Nella misura in cui l’art. 3, co. 2 Cost. impone alla Repubblica la realizzazione dei diritti sociali, la tutela dell’unità giuridica ha comunque una funzione dinamica, riconosciuta anche all’analoga formula tedesca nella giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht di Karlsruhe[52].

a) Al riguardo va ricordato che la giurisprudenza costituzionale tedesca pratica tradizionalmente una forma di sindacato materiale limitato (weak), limitandosi a verificare la non arbitrarietà delle scelte di unitarizzazione del legislatore[53]. Questa linea restrittiva – che non va confusa con una insindacabilità totale – ha tuttavia anche una ragione storica specifica nella circostanza che la clausola dell’unità era stata inserito nella Legge fondamentale su richiesta del governo militare degli alleati e che sviluppava l’art. 9 della costituzione di Weimar secondo cui “nella misura in cui sussiste un bisogno per l’emanazione di disposizioni uniformi”, l’Impero legiferava su welfare e pubblica sicurezza, i pilastri dello Stato sociale. La c.d. Grundsatzgesetzgebung, cioè il potere dell’Impero di stabilire principi per una serie di materie di legislazione regionale (art. 10) era considerata un caso speciale di necessità presunta di tutela dell’unitarietà.

L’unità del diritto e dell’economia era stata raggiunta invece per altre vie nella precedente costituzione germanica del 1871. L’Impero aveva competenza legislativa “nella misura in cui di quanto è necessario per l’esercizio dei poteri costituzionalmente conferiti e per la tutela delle istituzioni concesse” (art. 62). Nell’esercizio di questo potere legislativo, la legge dell’Impero poteva contenere delle disposizioni di dettaglio meramente sussidiarie e quindi cedevoli nei confronti della legislazione dei Länder[54]. In questo senso si potrebbe anche interpretare la nuova clausola di supremazia, cioè come potere dello Stato di intervenire con un mix di norme cogenti e derogabili per la legislazione regionale.

b) Nel 2004, in Svizzera è stata abrogata tramite referendum la nuova disposizione costituzionale che consentiva alla federazione di svolgere “compiti che esigono una disciplina uniforme” (art. 1, co. 2 Cost. federale), ma i giudici non possono sindacare l’incostituzionalità di leggi federali. Dal 1815 al 1848, la legislazione della prima confederazione era basata su una legislazione comune “concordata” tra i cantoni. L’art. 7 della costituzione federale del 1848 aveva salvaguardato il diritto di concludere “Vorkommnisse” (occorrenze) “su oggetti della legislazione, della giustizia e dell’amministrazione che dovevano essere comunicate e potevano essere bloccate dalle autorità federali”[55]. Nell’ottica comparata si  potrebbe concludere che la necessità di una tutela dell’unità giuridica del paese potrebbe non sussistere qualora le regioni presentassero nella seconda Camera (e anticipassero nel sistema delle conferenze) un accordo sull’esercizio uniforme delle proprie competenze.

c) Un sistema non federale, ma rilevante per l’Italia fu quello austriaco designato dalla Legge fondamentale austriaca sugli affari comuni dei Länder e sulla loro trattazione del 1867 che distingueva competenze per  leggi comuni, approvate anche per l’Ungheria, da  c.d. “leggi pattuite”, cioè approvate simultaneamente dal Reichsrat austriaco e da quello ungherese, per affari amministrati a livello regionale “secondo principi eguali da concordarsi di volta in volta”: commercio, dogane, produzione industriale, moneta, linee ferroviarie, sistema di difesa[56]. Nella costituzione austriaca odierna esistono tuttora competenze federali per la legislazione su principi fondamentali della legislazione regionale (ad es. assistenza ai poveri e diritto dei lavoratori, art. 12 B-VG) accanto a competenze legislative federali condizionate da particolari necessità soggettive o oggettive (ad es. smaltimento rifiuti, procedimento amministrativo, limiti di emissioni, art. 10, co. 1 n. 12 B-VG, art. 11 co. 2 e 5) e molto ristrette di legislazione pattuita tra Bund e Laender per le amministrazioni federali delegate dai Laender in materia di polizia delle strade non locali e polizia della navigazione interna  (art. 15, co. 4 B-VG).

d) Il modello svizzero potrebbe aver indotto infine anche gli Stati Uniti a creare nel 1890 la National Conference of Commissioners on Uniform State Laws (UCL), una conferenza di ca. 300 esperti delegati degli stati che hanno elaborato ca. 200 atti di legislazione  uniforme per le legislature regionali, prefiggendosi l’obbiettivo “to promote uniformity in the law among the several States on subjects as to which uniformity is desirable and practicable”[57]. Una conferenza analoga, la Uniform Law Conference of Canadafu istituita nel 1918 in Canada[58]. Sin dal 2004 esiste anche il Mexican Center of Uniform Law.

(5) In conclusione, il principio di leale collaborazione resta un principio costituzionale con alcune regole positivizzate ed altre giurisprudenziale, da riconsiderare in caso di entrata in vigore della riforma costituzionale. Il nuovo Senato offre delle opportunità per rafforzare la

cooperazione orizzontale tra le autonomie e una leale collaborazione tra i loro esecutivi e consigli, ma solo se sarà in grado di sviluppare un’azione più strategica che reattiva. Nulla vieterebbe già de constitutione lata di sperimentare – sul modello svizzero e statunitense – sin da subito creare una fondazione comune delle autonomie che proponga una uniformazione spontanea della legislazione regionale o, prendendo sul serio il diritto di iniziativa legislativa, dei packages di legislazione statale e regionale “pattuita”. In questo modo, lo stesso regionalismo e le autonomie locali potrebbero sfruttare la maggiore vicinanza dei rispettivi livelli di governo ai problemi dei cittadini. Un uso virtuoso delle istituzioni è sempre possibile, sulla probabilità reale si possono nutrire dubbi.

4. Il futuro assetto costituzionale e la ridefinizione delle funzioni del ‘sistema delle conferenze’ richiederanno la revisione delle procedure di negoziazione tra Stato ed enti territoriali. Come potranno configurarsi queste procedure nel nuovo sistema?

(1) Le procedure di negoziazione tra  lo Stato e gli enti territoriali possono condurre alla conclusione di intese e accordi negoziati nelle conferenze (art. 3 e 4 d.lgs. n. 287/1997). Rispetto a tali disposizioni, il principio direttivo della legge di delega esige una “specificazione  delle  materie per le quali è obbligatoria  l’intesa e della disciplina  per i casi di dissenso.” (art. 9, co.1, let. c) l. n. 59/1997). La specificazione delle materie è stata rinviata ad altre leggi che non sono neanche elencate nel sito ufficiale della conferenza. La distinzione in “intese” ad iniziativa governativa ed “accordi” ad iniziativa degli enti e quella ulteriore tra intese forti e deboli non configura finora una disciplina giuridica razionale ed esauriente delle procedure. Le norme non garantiscono una separazione della concertazione politica, preliminare all’adozione di atti legislativi o amministrativi, dalla cooperazione verticale per la produzione di atti di alta amministrazione. Anche l’art. 4 del d. lgs. n. 303/1999 si è limitato a prospettare genericamente uno “sviluppo della collaborazione” (trasformando le autonomie in soggetti) e un “ordinato svolgimento dei rapporti”.

Il quadro costituzionale riformato non semplifica, semmai esige una semplificazione del quadro normativo. Entrambi le camere approvano con legge le intese di cui all’art. 116 co. 3 Cost. L’art. 117 distingue le intese tra regioni, ratificate da leggi regionali, da  intese tra regioni ed enti territoriali e “accordi con Stati”,  disciplinati da legge bicamerale. L’art. 118 co. 3 Cost. prescrive “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali e paesaggistici”, ora disciplinate con legge monocamerale. L’esercizio del potere sostitutivo e lo scioglimento del Consiglio regionale, sempre “previo parere del Senato”, non lascia invece spazio per un’intesa (superando quindi la sent. n. 165/2011). Laddove la Costituzione non prescrive pareri del Senato, la Costituzione non vieta implicitamente la prescrizione di ulteriori forme di intesa, specialmente ad opera di leggi bicamerali, ma non vieta neppure una reductio ad unum delle “forme di intesa” e la sostituzione delle ipotesi di intesa obbligatoria con un parere del Senato.

Nella misura in cui il Senato svolgerà effettivamente funzioni di raccordo, dovrebbe avere non solo conoscenza, ma potrebbe anche acquisire un potere di approvazione e veto, sospensivo o definitivo, rispetto alle intese. Questo potere sarà più facile acquisire nelle leggi bicamerali, ma potrebbe essere anche riconosciuto da leggi monocamerali. In questo modo spetterebbe al Senato conservatore delle autonomie e non alla Corte costituzionale garantire la lealtà della ricerca di intesa e rivedere delle scelte eventualmente affrettate della conferenza. Resterebbe invece impregiudicato e separato dal campo delle intese l’esercizio del potere sostitutivo e il relativo controllo della Corte costituzionale.

(2) Per quanto riguarda le esperienze di diritto comparato, occorre distinguere la disciplina della cooperazione negoziale nei sistemi federali da quelli degli Stati con garanzie costituzionali di decentramento. Nei sistemi federali, la cooperazione può essere autorizzata da norme costituzionali specifiche o vietata da una norma generale che istituisce un potere di autorizzazione del parlamento.

a) Nella Costituzione statunitense esiste la compact clause (art. 1, sect. 10, cl. 3): “No State shall, without the Consent of Congress, (…) enter into any Agreement or Compact with another State, or with a foreign Power, (…) unless (…) in such imminent Danger as will not admit of delay”. La giurisprudenza applica questa clausola solo ad accordi che istituiscono strutture amministrative comuni o statuiscono doveri reciproci, non avvendo finora dichiarato nullo alcun accordo interstatale per mancanza di autorizzazione[59].

b) L’art. 15 a della costituzione austriaca stabilisce che le intese vincolanti per la legislazione federale devono essere approvate dalla prima camera. Le altre intese tra Bund e Länder riguardanti “affari dei rispettivi ambiti di azione” sono autorizzate ope constitutionis, quelle tra i Länder devono essere comunicate al governo federale.

c) L’obbligo di comunicazione è sancito anche dall’art. 48 della costituzione svizzera che autorizza i cantoni a stipulare intese e creare istituzioni per svolgere in comune funzioni di interesse regionale, vietando accordi “contrari al diritto e agli interessi della Federazione o ai diritti di altri cantoni.”  I cantoni possono chiedere che la Federazione dichiari accordi su certe materie efficaci anche per i cantoni che si rifiutino di aderire (art. 48a Cost.).

d) Il potere dei Länder tedeschi di stipulare strumenti pattizi tra loro è sancito implicitamente nella clausola di competenza generale residuale di cui all’art. 30 LF.  Si distinguono tradizionalmente gli accordi (inter-)amministrativi dai c.d. “Staatsverträge”, cioè strumenti pattizia nei quali si disciplinano rapporti tra i Länder nella loro residua statualità e i cittadini, ad es. in materia di radiotelevisione o di ammissione agli studi in corsi di laurea soggetti a numero chiuso. Questi ultimi richiedono l’assenso dei parlamenti regionali e sono disciplinati secondo parte della dottrina, almeno per analogia, da fonti del diritto internazionale.

La partecipazione del Bund all’esercizio delle funzioni dei Länder e una cooperazione amministrativa tra Bund e Länder sono consentiti soli al fine di “migliorare le condizioni di vita”, in particolare nelle materie di “miglioramento della struttura economica regionale” e della “struttura agraria (art. 91a LF),  di promozione della ricerca scientifica (art. 91b), di sistemi di informatica (art. 91c), di studio della performance delle amministrazioni (art. 91d) e di sicurezza sociale di base per i disoccupati (art. 91e LF).

Controversa è invece la questione se la competenza pattizia può essere esercitata anche tramite intese o convenzioni che risolvono questioni inerenti alla delimitazione delle sfere di competenza del Bund e dei Länder. Particolare attenzione meritano al riguardo il c.d. Koenigsteiner Abkommen e il c.d. Lindauer Abkommen.

Il primo accordo fu concluso in data 30 agosto 1950 da membri del Bundesrat tedesco in una riunione nella sede dello stesso a Königstein e prevede che la carica di presidente del Bundesrat ruota annualmente tra i presidenti o sindaci dei Länder o stati-città, seguendo il numero decrescente della popolazione degli stessi. In questo caso, i “signori” del Bundesrat trovarono tra di loro un accordo bipartisan su come esercitare i propri poteri all’interno del Bundesrat.

La seconda convenzione, formalmente stipulata in data 14.11.1957 tra il Governo federale e le cancellerie dei Länder[60], serviva a risovere una controversia sull’interpretazione del potere dei Länder di stipulare con l’assenso del Governo federale trattati con stati esteri ai sensi dell’art. 32 co. 3 LF, secondo una dottrina federalista competenza esclusiva, secondo la dottrina unitarista solo competenza concorrente. Si trattava sostanzialmente di una transazione che consentiva di evitare conflitti fra il Bund e i Länder davanti alla Corte di Karlsruhe. La convenzione stabilisce in quali casi i Länder acconsentono (ossia tollerano) un’interpretazione estensiva del potere pattizio della Federazione in alcune materie, mentre in altre materie di competenza esclusiva dei Länder (ad es. culturali) richiede che il governo federale chieda al più tardi con la presentazione dello strumento pattizio al Bundesrat l’assenso dei governi dei Länder senza il quale lo strumento non può diventare efficace sul piano del diritto internazionale. Infine per ogni caso in cui un trattato internazionale tocca interessi essenziali dei Länder, il governo federale deve informare al più presto i Länder per consentire loro la rappresentazione di propri interessi e posizioni. A tal fine fu istituita una commissione permanente dei Länder per i trattati internazionali che interloquisce con il ministero degli esteri e i dicasteri competenti per materia.

Altre convenzioni (Vereinbarungen) tra il governo federale e i governi dei Länder disciplinano ad es. le modalità di informazione del Bundesrat in materie di politica europea (cfr. infra sub 6)[61].

e) I modelli federali sembrano aver condizionato anche quello spagnolo. L’art. 145 co. 1 Cost. vieta innanzitutto accordi di federazione tra Comunità sul modello svizzero del Sonderbund. Il secondo comma demanda invece agli statuti autonomi la disciplina delle ipotesi, dei requisiti e dei termini nei quali le Comunità autonome possono procedere a convenzioni (convenios de colaboracion) per la gestione e prestazione di servizi, da comunicare alle Cortes, mentre gli accordi di cooperazione che potrebbero sortire obblighi non solo amministrativi richiedono l’autorizzazione delle Cortes[62].

(3) Questi cenni di diritto comparato consentono di concludere che le procedure di negoziazione di intese o accordi potranno essere svolte sempre nel sistema delle conferenze, ma non potranno vincolare il parlamento che anzi deve potersi riservare strumenti di controllo anche quando si negoziano soltanto le competenze amminsitrative.

Nella misura in cui il Senato riuscisse effettivamente a rafforzare  la cooperazione orizzontale tra le autonomie (e all’interno delle istituzioni territoriali), l’informalità e il carattere politico di intese ed accordi non dovrebbe essere eccessivamente gravata da vincoli di calendario e di sede. Semmai occorre trovare delle modalità che garantiscano la concretezza e completezza operativa delle scelte concordate e garantiscano procedure di controllo idonee a smascherare pseudo-intese o accordi.

Infine, gli accordi potrebbero avere per oggetto peraltro anche la stessa conformazione del futuro Senato, fermo restando che il suo regolamento potrà essere approvato pure solo a maggioranza assoluta.

5. Quali sono le criticità nel funzionamento attuale del ‘sistema delle Conferenze’? Quali misure occorre adottare per rendere più efficaci i processi decisionali ed assicurare la trasparenza? Quali strumenti potrebbero consentire una valorizzazione del sistema delle Conferenze come sede di raccordo amministrativo?

Dell’attuale sistema delle Conferenze si lamenta – oltre alla mancata costituzionalizzazione – innanzitutto la mancanza di trasparenza. Sul sito ufficiale si trovano gli ordini del giorno e i verbali con diciture del tipo “parere favorevole” o “intesa sancita” , non il testo degli atti ai quali fanno riferimento. I verbali pubblicati non indicano i partecipanti, né annotano casi di dissenso. Vista l’alto numero di pratiche e la totale mancanza di una selezione per qualità politica e rilevanza pubblica delle decisioni, anche solo tramite comunicati di stampa, il sistema di registrazione e pubblicità-notizia degli atti non agevola la conoscibilità pubblica dei lavori della Conferenza che si atteggia come una qualsiasi commissione della pubblica amministrazione e  pretende una segretezza di governo non motivata atto per atto. Sotto questo profilo, anche l’interrogazione dei ministri che presiedono le sedute non garantisce una responsabilità democratica sufficiente delle decisioni prese. Gli atti delle conferenze dovrebbero essere rese pubbliche integralmente, insieme agli allegati, quanto meno attraverso un meccanismo di comunicazione al Senato in modo da partecipare della pubblicità degli stessi atti del Senato. A tal riguardo servirebbe peraltro un sistema di classificazione dei gradi di pubblicità di tali atti.

La minore trasparenza ha senz’altro dei vantaggi di informalità, ma non consente allo stato attuale una valutazione oggettiva dell’efficacia e della performance dei processi decisionali, essendo utilizzabili soltanto testimonianze e autovalutazione di soggetti partecipanti e pubblicazioni occasionali di singoli atti insieme a statistiche meramente formali.

In particolare non consente di distinguere le pratiche di effettiva negoziazione da quelle di semplice “presa d’atto”, da ottenere anche con procedure telematiche più snelle, e di esaminare la qualità delle eccezioni sollevate a titolo di rappresentanza delle istituzioni territoriali. Manca peraltro una seria analisi dei costi del sistema delle conferenze e dell’utilizzabilità  di strumenti di e-government (conferenze telematiche).

Una maggiore valorizzazione dell’expertise delle conferenze in sede di raccordo amministrativo potrebbe essere raggiunta tramite strumenti di controllo dei parlamenti regionali e del Senato. Una partecipazione di osservatori del Senato alle riunioni delle Conferenze, almeno per il periodo transitorio e di prima implementazione della riforma costituzionale, potrebbe consentire una migliore circolazione di informazioni anche riservate tra il potere esecutivo e il parlamento. Senza la conoscenza della realtà istituzionale, ogni valorizzazione rimarrà priva di criteri e come tale non produttiva per il buon andamento dell’amministrazione dei raccordi.

6. Negli ultimi anni è notevolmente cresciuto il contributo della Conferenza delle assemblee legislative delle Regioni, in particolare con riferimento alla partecipazione dell’Italia alla formazione delle politiche europee. Quale contributo ulteriore potrà apportare il coordinamento delle Assemblee legislative al nuovo circuito di coordinamento tra Stato e autonomie delineato dalla riforma costituzionale in corso di discussione? Si reputa inoltre opportuno assicurare un coinvolgimento delle Assemblee elettive nell’ambito delle Conferenze? Se sì, in quali forme?

(1) Al di là delle controversie sull’ispirazione federale o meno delle riforme costituzionali precedenti e di quella in itinere, non vi è dubbio che le assemblee legislative regionali italiane sono in una situazione di crisi di legittimazione, causato anche da uno svuotamento dei rispettivi poteri legislativi tali da privare di peso politico e funzionalità democratica anche il voto dei cittadini per le consigliature. La stessa Conferenza delle assemblee legislative potrebbe guadagnare influenza non solo ove fossero eletti a senatori presidenti o vicepresidenti delle assemblee, ma anche ove intendesse associare un limitato numero di altri senatori alla stessa conferenza. 

(2) Per quanto riguarda i profilo di diritto comparato, in questa sede è possibile solo un cenno alla Germania. Una conferenza dei presidenti dei parlamenti dei Laender (Landtagspräsidentenkonferenz, LPK) si era già costituita nel 1925 nella Repubblica di Weimar. Ricostituita nel 1947 ha avuto un ruolo significativo nelle ricostruzione della Germania, anche dopo la riunificazione[63]. Includendo anche i presidenti di Bundestag e Bundesrat, la conferenza si unisce di regola due volte all’anno e ogni due anni associa anche le assemblee austriache e dell’Alto Adige. La conferenza si occupa tradizionalmente del diritto parlamentare comparato e comune, ma anche delle politiche del federalismo e dell’integrazione europea.

Nel 2014 ha adottato ad es. una risoluzione che richiama ad un maggiore coinvolgimento dei parlamenti regionali nelle politiche dell’Unione europea. Particolare attenzione meritano al riguardo anche le norme costituzionali regionali che disciplinano la partecipazione dei parlamenti regionali tedeschi agli affari europei[64]: La costituzione del Land di Berlino del 1995 statuisce ad es. un obbligo di informazione tempestiva del governo (Senat) nei confronti del parlamento (art. 50). I dettagli sono stabiliti dal regolamento parlamentare.

La costituzione del Baden-Württemberg (1953/2008) è stata modificata nello stesso anno come segue: “Artikel 34a. (1) Il governo del Land informa al più presto possibile il Landtag su tutti i progetti in ambito di Unione europea che sono di significato politico eminente per il Land e toccano direttamente interessi essenziali del Land, dando l’opportunità di prendere posizione. (2) In caso di progetti che toccano essenzialmente competenze legislative del Land, il governo del Land tiene conto delle prese di posizione del Landtag. Lo stesso vale in caso di cessione di diritti di sovranità dei Länder all’Unione europea. (3) I particolari dell’informazione e della partecipazione del Landtag sono riservati ad un accordo tra governo e dieta del Land”. La disciplina dei dettagli è stata riservata ad una legge[65]. Un’accordo inter-oganico è stato stipulato in diversi altri Länder ed è stato in Baviera[66] allegato al regolamento interno del Landtag.

La partecipazione dei parlamenti regionali alle politiche europee per mezzo delle commissioni affari europei dei Länder risale peraltro sino all’anno 1978, anno in cui ne fu istituita una prima “commissione per affari federali e questione europei” in Baviera. Simili istituzioni sono state create sin dal 1990 anche in tutti gli altri parlamenti regionali. Rispecchiando i dicasteri nei governi regionali, non di rado tali commissioni svolgono funzioni ulteriori, ad es. in materie di relazioni regionali (Bayern), cooperazione allo sviluppo (Nordrhein-Westfalen), media e cooperazione (Brandeburgo), partnership interurbane (Hamburg), cooperazione nell’area del mare baltico (Schleswig-Holstein), economia e tecnologia (Sachsen-Anhalt), giustizia (Thüringen 1994-1999), affari legali (Mecklemburg-Vorpommern). Trattando affari tra di loro spesso eterogenei e trasversali, il peso politico di questi organismi è piuttosto limitato. La loro funzione di coordinamento è considerata non sempre effettiva[67].

Le modalità di partecipazione dei parlamenti regionali differiscono in più di un dettaglio e solo alcuni parlamenti dei Länder più grandi (Brandenburg, Baden-Württemberg, Bayern, Hessen und Nordrhein-Westfalen) hanno propri uffici a Bruxelles.


[1]Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali e le autonomie.

 

[2]Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.

 

[3]T. Ehs, N. Willroider, Forderungen und aktuelle Ideen zur Reform des österreichischen Parlamentarismus, Innsbruck-Wien-Bozen 2012, http://www.politischebildung.com/pdfs/36-te-nw.pdf  Nel 2014, la presidente dell’altra Kammer ha proposto di trasferire le funzioni del Bundesrat all’insieme dei parlamenti dei Länder, risposta alla quale la ÖVP ha replicato con la proposta di sostituirlo con la conferenza degli Landeshauptleute. La FPÖ invece propone di trasformare la seconda camera in un parlamento dei Länder, composto anche dai governatori dei Länder.

 

[4]Nulla vieterebbe peraltro allo statuto di dare anche al senatore sindaco eletto il diritto di ascolto e parola nello stesso consiglio regionale.

 

[6]La costituzione del 1798 prevedeva un senato formato dagli ex-direttori e da ex-ministri o governatori deputati dai cantoni.

 

[7]B. Stone, The Australian Senate: Strong Bicameralism Resurgent, in: J. Luther et al, A World of Second Chambers, Milano 2006,  542.

 

[8]S. Shastri, Representing the States at the Federal Level: the Role of the Rajya Sabha, in: J. Luther et al., A World of Second Chambers, Milano 2006, 58sss.

 

[9]P. De Vos, The Role of the National Council of Provinces in the Governance of South Africa, in:  J. Luther et al., A World of Second Chambers, Milano 2006, 622s.

 

[10]G. Anschütz, Bundesrat oder Staatenhaus, in: Deutsche politik 4 (1919), 111ss., rist.: in: D. Wilke / B. Schulte (eds.), Der Bundesrat, Darmstadt 1990, 57s..

 

[11]H.H. Klein, Parteipolitik im Bundesrat , Die öffentliche Verwaltung 1971, 325ss.

 

[12]Cfr. da ultimo loi organique 2014-125 del 1.2.2014, dichiarata conforme alla costituzione dalle sentenze del Conseil Constitutionnel 2014-688 DC e 2014-689 DC.

 

[13]Le cumul des mandats électoraux et des fonctions électives(2012), p. 27  https://www.senat.fr/lc/lc228/lc228.pdf  Cfr. M. Uyttendaele, Précis de droit constitutionnel belge, Bruxelles 2005, 266ss.

 

[14]B. Van den Braak, De Eerste Kamer. Geschiedenis, samenstelling en betekenis 1815-1995. Diss. Leiden, Den Haag 1998, 376.

 

[15]Sull’influenza cfr. M. Callahan, J. Keogan, Irish Local Government Inside Out, Dublin 2003, 116s.

 

[16]Nel 1957 e 1981 J. Kelly, G. Hogan, G. Whyte, The Irish Constitution, London 1994, 268.

 

[17]J. Cestellà Andreu, The Spanish Senate after 28 Years of Constitutional Experience, in: J. Luther, P. Passaglia, R. Tarchi, A world of Second Chambers, Milano 2006, 875s.

 

[18]M. Granat,  The Senate in Poland, in: J. Luther, P. Passaglia, R. Tarchi, A world of Second Chambers, Milano 2006, 974.

 

[19]Raccordo tra controllo e giurisdizione in sede regionale, il problema delle garanzie, Milano: Giuffrè, 1977.

 

[20]A. Baldassarre, I raccordi istituzionali fra Stato e Regioni speciali in Le Regioni, 1984, 667 ss; C. Desideri (a cura di), Policentrismo istituzionale e regioni: distribuzione dei poteri e forme di raccordo, Roma: ISR Istituto di studi sulle regioni, 1985

 

[21]  Art. 6, co. 6 DECRETO LEGGE 18 giugno 1986, n. 282 Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari: “I  Ministri  della  sanità  e dell’agricoltura e delle foreste riuniscono  i  presidenti  dei  comitati  di  cui  al  comma 5 per la determinazione  degli  indirizzi  ed  il  raccordo  tra l’attivita’ a livello regionale ed il programma indicato al comma 1.”  Art. 2, co.  3 DECRETO LEGGE 26 gennaio 1987, n. 8 (Misure  urgenti  per fronteggiare l’emergenza nel Comune di Senise ed in  altri  comuni interessati da dissesto del territorio e nelle zone colpite  dalle  avversità  atmosferiche  del  gennaio  1987,  nonchè provvedimenti relativi a pubbliche calamità): “al fine di consentire il necessario raccordo tra gli  interventi d’emergenza”.

 

[22]Art. 9 LEGGE 23 ottobre 1985, n. 595 “Norme  per  la  programmazione  sanitaria  e  per  il piano sanitario  triennale 1986-88”:  “per  le  attivita’  specialistiche presso strutture private convenzionate, il cui apporto va programmato avendo riguardo al pieno utilizzo  delle  strutture pubbliche ed al raccordo con queste ultime al fine di soddisfare comunque il diritto di accesso alle prestazioni specialistiche da parte del cittadino entro il termine massimo di tre giorni dalla richiesta all’unita’ sanitaria locale competente”.

 

[23]In dottrina successivamente A. Piraino/F. Teresi, La riforma del rapporto Regione – istituzioni locali: gli strumenti di raccordo alla luce dei nuovi indirizzi costituzionali, Soveria Mannelli: Rubbettino, 2004).

 

[24]Cfr. R. Bifulco, Ordinamenti federali comparati, Torino 2012, I, 393ss, II, 473ss.;  H. Schneider, Ministerpräsidenten: Profil eines politischen Amtes im deutschen Föderalismus, Wiesbaden 2001, 256ss.; M. Bothe, Zusammenarbeit der Gliedstaaten im Bundesstaat, Baden-Baden, 177ss.

 

[25]Risse,Wisser, in: W. Kluth, G. Krings (Hrsg.): Gesetzgebung. Rechtsetzung durch Parlamente und Verwaltungen sowie ihre gerichtliche Kontrolle, Heidelberg 2014, 430. Il regolamento di questa conferenza non è accessibile via internet. Quella dei ministri della cultura (Geschäftsordnung der Ständigen Konferenz der Kultusminister der Länder in der Bundesrepublik Deutschland gemäß Beschluss vom 19. November 1955 i. d. F. vom 29. August 2014, in: http://www.kmk.org/fileadmin/Dateien/pdf/gogr.pdf) stabilisce che le delibere sono prese all’unanimità se “servono a produrre la necessaria unitarietà e mobilità nell’istituzioni della formazione, se producono effetti per i bilanci regionali, se riguardano la stessa conferenza o  l’istituzione di istituzioni comuni”, altrimenti serve una maggioranza di 13 su 16 Länder, mentre le delibere di procedura sono prese a maggioranza semplice.

 

[26]Sulle interazioni cfr. Y. Hegele, N. Behnke, Die Landesministerkonferenzen und der Bund. Kooperativer Föderalismus im Schatten der Politikverflechtung. Politische Vierteljahresschrift54 (2013), 21-50.

 

[27]F. Palermo, M. Nicolini, Il bicameralismo. Pluralismo e limiti della rappresentanza in prospettiva comparata, Napoli 2013, 259ss.

 

[32]Artículo 146.Conferencia de Presidentes.

1. La Conferencia de Presidentes es un órgano de cooperación multilateral entre el Gobierno de la Nación y los respectivos Gobiernos de las Comunidades Autónomas y está formada por el Presidente del Gobierno, que la preside, y por los Presidentes de las Comunidades Autónomas y de las Ciudades de Ceuta y Melilla.

2. La Conferencia de Presidentes tiene por objeto la deliberación de asuntos y la adopción de acuerdos de interés para el Estado y las Comunidades Autónomas, estando asistida para la preparación de sus reuniones por un Comité preparatorio del que forman parte un Ministro del Gobierno, que lo preside, y un Consejero de cada Comunidad Autónoma.

Artículo 147. Conferencias Sectoriales.

1. La Conferencia Sectorial es un órgano de cooperación, de composición multilateral y ámbito sectorial determinado, que reúne, como Presidente, al miembro del Gobierno que, en representación de la Administración General del Estado, resulte competente por razón de la materia, y a los correspondientes miembros de los Consejos de Gobierno, en representación de las Comunidades Autónomas y de las Ciudades de Ceuta y Melilla.

2. Las Conferencias Sectoriales, u órganos sometidos a su régimen jurídico con otra denominación, habrán de inscribirse en el Registro Electrónico estatal de Órganos e Instrumentos de Cooperación para su válida constitución.

3. Cada Conferencia Sectorial dispondrá de un reglamento de organización y funcionamiento interno aprobado por sus miembros.

Artículo 148. Funciones de las Conferencias Sectoriales.

1. Las Conferencias Sectoriales pueden ejercer funciones consultivas, decisorias o de coordinación orientadas a alcanzar acuerdos sobre materias comunes.

2. En particular, las Conferencias Sectoriales ejercerán, entre otras, las siguientes funciones:

a) Ser informadas sobre los anteproyectos de leyes y los proyectos de reglamentos del Gobierno de la Nación o de los Consejos de Gobierno de las Comunidades Autónomas cuando afecten de manera directa al ámbito competencial de las otras Administraciones Públicas o cuando así esté previsto en la normativa sectorial aplicable, bien a través de su pleno o bien a través de la comisión o el grupo de trabajo mandatado al efecto.

b) Establecer planes específicos de cooperación entre Comunidades Autónomas en la materia sectorial correspondiente, procurando la supresión de duplicidades, y la consecución de una mejor eficiencia de los servicios públicos.

c) Intercambiar información sobre las actuaciones programadas por las distintas Administraciones Públicas, en ejercicio de sus competencias, y que puedan afectar a las otras Administraciones.

d) Establecer mecanismos de intercambio de información, especialmente de contenido estadístico.

e) Acordar la organización interna de la Conferencia Sectorial y de su método de trabajo.

f) Fijar los criterios objetivos que sirvan de base para la distribución territorial de los créditos presupuestarios, así como su distribución al comienzo del ejercicio económico, de acuerdo con lo previsto en la Ley 47/2003, de 26 de noviembre.

Artículo 149. Convocatoria de las reuniones de las Conferencias Sectoriales.

1. Corresponde al Ministro que presida la Conferencia Sectorial acordar la convocatoria de las reuniones por iniciativa propia, al menos una vez al año, o cuando lo soliciten, al menos, la tercera parte de sus miembros. En este último caso, la solicitud deberá incluir la propuesta de orden del día.

2. La convocatoria, que deberá acompañarse de los documentos necesarios con la suficiente antelación, deberá contener el orden del día previsto para cada sesión, sin que puedan examinarse asuntos que no figuren en el mismo, salvo que todos los miembros de la Conferencia Sectorial manifiesten su conformidad. El orden del día de cada reunión será propuesto por el Presidente y deberá especificar el carácter consultivo, decisorio o de coordinación de cada uno de los asuntos a tratar.

3. Cuando la conferencia sectorial hubiera de reunirse con el objeto exclusivo de informar un proyecto normativo, la convocatoria, la constitución y adopción de acuerdos podrá efectuarse por medios electrónicos, telefónicos o audiovisuales, que garanticen la intercomunicación entre ellos y la unidad de acto, tales como la videoconferencia o el correo electrónico, entendiéndose los acuerdos adoptados en el lugar donde esté la presidencia, de acuerdo con el procedimiento que se establezca en el reglamento de funcionamiento interno de la conferencia sectorial.

De conformidad con lo previsto en este apartado la elaboración y remisión de actas podrá realizarse a través de medios electrónicos.

Artículo 150. Secretaría de las Conferencias Sectoriales.

1. Cada Conferencia Sectorial tendrá un secretario que será designado por el Presidente de la Conferencia Sectorial.

2. Corresponde al secretario de la Conferencia Sectorial, al menos, las siguientes funciones:

a) Preparar las reuniones y asistir a ellas con voz pero sin voto.

b) Efectuar la convocatoria de las sesiones de la Conferencia Sectorial por orden del Presidente.

c) Recibir los actos de comunicación de los miembros de la Conferencia Sectorial y, por tanto, las notificaciones, peticiones de datos, rectificaciones o cualquiera otra clase de escritos de los que deba tener conocimiento.

d) Redactar y autorizar las actas de las sesiones.

e) Expedir certificaciones de las consultas, recomendaciones y acuerdos aprobados y custodiar la documentación generada con motivo de la celebración de sus reuniones.

f) Cuantas otras funciones sean inherentes a su condición de secretario.

Artículo 151. Clases de decisiones de la Conferencia Sectorial.

1. La adopción de decisiones requerirá la previa votación de los miembros de la Conferencia Sectorial. Esta votación se producirá por la representación que cada Administración Pública tenga y no por los distintos miembros de cada una de ellas.

2. Las decisiones que adopte la Conferencia Sectorial podrán revestir la forma de:

a) Acuerdo: supone un compromiso de actuación en el ejercicio de las respectivas competencias. Son de obligado cumplimiento y directamente exigibles de acuerdo con lo previsto en la Ley 29/1998, de 13 de julio, reguladora de la Jurisdicción Contencioso-administrativa, salvo para quienes hayan votado en contra mientras no decidan suscribirlos con posterioridad. El acuerdo será certificado en acta.

Cuando la Administración General del Estado ejerza funciones de coordinación, de acuerdo con el orden constitucional de distribución de competencias del ámbito material respectivo, el Acuerdo que se adopte en la Conferencia Sectorial, y en el que se incluirán los votos particulares que se hayan formulado, será de obligado cumplimiento para todas las Administraciones Públicas integrantes de la Conferencia Sectorial, con independencia del sentido de su voto, siendo exigibles conforme a lo establecido en la Ley 29/1998, de 13 de julio. El acuerdo será certificado en acta.

Las Conferencias Sectoriales podrán adoptar planes conjuntos, de carácter multilateral, entre la Administración General del Estado y la de las Comunidades Autónomas, para comprometer actuaciones conjuntas para la consecución de los objetivos comunes, que tendrán la naturaleza de Acuerdo de la conferencia sectorial y se publicarán en el «Boletín Oficial del Estado».

El acuerdo aprobatorio de los planes deberá especificar, según su naturaleza, los siguientes elementos, de acuerdo con lo previsto en la legislación presupuestaria:

1.ºLos objetivos de interés común a cumplir.

2.º Las actuaciones a desarrollar por cada Administración.

3.ºLas aportaciones de medios personales y materiales de cada Administración.

4.ºLos compromisos de aportación de recursos financieros.

5.º La duración, así como los mecanismos de seguimiento, evaluación y modificación.

b) Recomendación: tiene como finalidad expresar la opinión de la Conferencia Sectorial sobre un asunto que se somete a su consulta. Los miembros de la Conferencia Sectorial se comprometen a orientar su actuación en esa materia de conformidad con lo previsto en la Recomendación salvo quienes hayan votado en contra mientras no decidan suscribirla con posterioridad. Si algún miembro se aparta de la Recomendación, deberá motivarlo e incorporar dicha justificación en el correspondiente expediente.

Artículo 152. Comisiones Sectoriales y Grupos de trabajo.

1. La Comisión Sectorial es el órgano de trabajo y apoyo de carácter general de la Conferencia Sectorial, estando constituida por el Secretario de Estado u órgano superior de la Administración General del Estado designado al efecto por el Ministro correspondiente, que la presidirá, y un representante de cada Comunidad Autónoma, así como un representante de la Ciudad de Ceuta y de la Ciudad Melilla. El ejercicio de las funciones propias de la secretaría de la Comisión Sectorial corresponderá a un funcionario del Ministerio correspondiente.

Si así se prevé en el reglamento interno de funcionamiento de la Conferencia Sectorial, las comisiones sectoriales y grupos de trabajo podrán funcionar de forma electrónica o por medios telefónicos o audiovisuales, que garanticen la intercomunicación entre ellos y la unidad de acto, tales como la videoconferencia o el correo electrónico, entendiendo los acuerdos adoptados en el lugar donde esté la presidencia, de acuerdo con el procedimiento que se establezca en el reglamento de funcionamiento interno de la Conferencia Sectorial.

2. La Comisión Sectorial ejercerá las siguientes funciones:

a) La preparación de las reuniones de la Conferencia Sectorial, para lo que tratará los asuntos incluidos en el orden del día de la convocatoria.

b) El seguimiento de los acuerdos adoptados por la Conferencia Sectorial.

c) El seguimiento y evaluación de los Grupos de trabajo constituidos.

d) Cualquier otra que le encomiende la Conferencia Sectorial.

3. Las Conferencias Sectoriales podrán crear Grupos de trabajo, de carácter permanente o temporal, formados por Directores Generales, Subdirectores Generales o equivalentes de las diferentes Administraciones Públicas que formen parte de dicha Conferencia, para llevar a cabo las tareas técnicas que les asigne la Conferencia Sectorial o la Comisión Sectorial. A estos grupos de trabajo podrán ser invitados expertos de reconocido prestigio en la materia a tratar.

El director del Grupo de trabajo, que será un representante de la Administración General del Estado, podrá solicitar con el voto favorable de la mayoría de sus miembros, la participación en el mismo de las organizaciones representativas de intereses afectados, con el fin de recabar propuestas o formular consultas.

Artículo 153. Comisiones Bilaterales de Cooperación.

1. Las Comisiones Bilaterales de Cooperación son órganos de cooperación de composición bilateral que reúnen, por un número igual de representantes, a miembros del Gobierno, en representación de la Administración General del Estado, y miembros del Consejo de Gobierno de la Comunidad Autónoma o representantes de la Ciudad de Ceuta o de la Ciudad de Melilla.

 

[33]Cfr. solo lo studio datato di L. Bobbio et al., La Public Governance in Spagna, Formez 2004 http://biblioteca.formez.it/webif/media/spagna.pdf.

 

[34]Artículo 120 bis. El Estado impulsará la colaboración con las comunidades autónomas con el fin de crear órganos de cooperación conjuntos en materia de régimen local, tanto bajo la forma jurídica de Conferencia Sectorial como de otra naturaleza, de acuerdo con lo dispuesto en el artículo 5 de la ley 30/1992, de 26 de noviembre, de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del procedimiento Administrativo Común. – Art. 138 En el seno de la Conferencia sectorial para asuntos locales, existirá una Conferencia de ciudades de la que formarán parte la Administración General del Estado, las comunidades autónomas y los alcaldes de los municipios comprendidos en el ámbito de aplicación del título X de esta ley.

 

[35]http://web.archive.org/web/20150320205636/http://www.boe.es/boe/dias/2009/12/19/pdfs/BOE-A-2009-20388.pdf  Cfr. L. Frosina, Cooperazione e raccordi intergovernativi, Milano 2012, 415ss.

 

[36]https://www.senat.fr/presse/cp20141209a.html.

 

[37]Cfr. Art. L. 4421-3 : «Une conférence de coordination des collectivités territoriales est créée en Corse»

 

[39]“Le Sénat assure la production de la loi et du droit. Les collectivités assument le pouvoir territorial qui repose sur la mise en oeuvre de l’action publique dans le cadre des compétences qui leur sont dévolues par la loi. Le Conseil des collectivités et le Sénat auront deux rôles distincts mais complémentaires. Le CCF n’a donc pas vocation à entrer en concurrence avec le Sénat. Il devra faciliter la mise en oeuvre de l’action publique, en aval du processus législatif et réglementaire. Dans ses avis, il devra anticiper cette phase pour alerter le législateur sur les risques potentiels et suggèrera le cas échéant des aménagements. Cette fonction n’est actuellement pas remplie et son absence alimente un lourd contentieux entre les collectivités et l’Etat, d’une part, et entre les usagers et les pouvoirs publics, d’autre part, face à la complexité des procédures et l’inapplicabilité de certains textes”.

 

[40]Cfr. B. Banaszak et al., Constitutional Law in Poland, Den Haag Kluwer 2012, 140.

 

[41]M. Granat, op. cit., 998s.

 

[42]  Cfr. sulla diversificazione delle strategie di lobbying J. M. Jensen, The Governors’ Lobbyists, Federal-State Relations Offices and Governors Associations in Washington. University of Michigan Press 2016

 

[43]“The Council of State Governments, the multi-branch organization of the states and U.S. territories, champions excellence in state government, bringing state leaders from across the nation and through its regions together to put the best ideas and solutions into practice. To this end, CSG: maintains four strong regions; builds leadership skills to improve decision-making; advocates multistate problem-solving and partnerships; fosters collaboration and understanding among and between the branches of government; interprets changing national and international conditions to better prepare states for the future; advances the exchange of ideas and information among state governments and their subnational counterparts in other countries; provides opportunities for public- and private-sector leaders to interact on public policy issues; and promotes the sovereignty of the states and advocates their interests in the American federal system”.

 

[44]Art. 23  “4. Il Bundesrat, deve essere associato alla formazione della volontà della Federazione nella misura in cui il suo concorso sia richiesta sul piano interno per una misura analoga ovvero qualora i Länder siano competenti sul piano interno.  5. Qualora in un ambito di competenze esclusive della Federazione siano toccati interessi dei Länder, oppure qualora la Federazione abbia ad altro titolo il diritto di legiferare, il Governo federale tiene conto della posizione del Bundesrat. Se sono interessati in maniera preponderante competenze legislative dei Länder, l’organizzazione di loro uffici o il loro procedimento amministrativo, nella formazione della volontà della Federazione deve essere tenuto conto in modo determinante il parere del Bundesrat; in tal caso deve essere salvaguardata la responsabilità della Federazione per l’insieme dello Stato. Nelle questioni che possono comportare aumenti di spese o a diminuzioni di entrate della Federazione, è necessario l’assenso del Governo federale. 6. Se sono interessate in maniera determinante competenze legislative esclusive dei Länder, l’esercizio dei diritti spettanti alla Repubblica federale di Germania in qualità di Stato membro dell’Unione Europea deve essere delegato di regola dalla Federazione ad un rappresentante dei Länder nominato dal Bundesrat. L’esercizio dei diritti si realizza con la partecipazione del Governo federale e di concerto con esso; deve essere mantenuta la responsabilità della Federazione per l’insieme dello Stato.” (traduzione propria, con correzioni di quella di A. Morrone).

 

[45]4. Se il Consiglio federale ha raggiunto una presa di posizione su un’iniziativa riguardante l’emanazione di un atto giuridico vincolante che o richieda l’emanazione di disposizioni con legge costituzionale federale, con le quali viene limitata la competenza dei Länder nella legislazione o nell’esecuzione ai sensi dell’art. 44 co. 2, oppure contenga norme che possono essere stabilite solamente da tali disposizioni, allora il Ministro federale competente, nelle trattative e nelle votazioni in seno all’Unione Europea, può discostarsi da tale presa di posizione solo per gravi motivi di integrazione e di politica estera. Un discostamento è in ogni caso ammesso soltanto se il Consiglio federale entro un termine adeguato non si sia pronunciato contro di esso. Il Ministro federale competente deve riferire senza indugio al Consiglio federale dopo la votazione nell’Unione Europea ed eventualmente comunicare ad esso i motivi per i quali si è discostato dalla presa di posizione.

 

[46]Resolución de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado sobre desarrollo de la Ley 8/1994, de 19 de mayo, por la que se regula la Comisión Mixta para la Unión Europea, de 21 de septiembre de 1995, modificada por la Resolución de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 27 de mayo de 2010.

 

[47]Artículo 10  Ley 8/1994. 1. Los miembros de los Gobiernos de las Comunidades Autónomas y de las Ciudades Autónomas de Ceuta y Melilla Presidente o miembros del Consejo ejecutivo competentes podrán solicitar su comparecencia ante la Comisión Mixta para la Unión Europea para informar sobre el impacto de la normativa de las instituciones de la Unión Europea y de las propuestas de actos legislativos y otros documentos emanados de instituciones de la Unión Europea, de conformidad con el artículo 3.b) de esta Ley, sobre las materias en las que ostenten algún tipo de competencia. 2. La celebración de las comparecencias a las que se refiere el apartado 1 de este artículo se acordarán por la Mesa de la Comisión Mixta para la Unión Europea o a petición de dos grupos parlamentarios.

 

[48]http://www.senat.fr/compte-rendu-commissions/20151123/europ.html#toc2.

 

[50]La sentenza prosegue: “Tale regola (…) va al di là del mero riparto costituzionale delle competenze per materia, e opera dunque su tutto l’arco delle relazioni istituzionali fra Stato e Regioni, senza che a tal proposito assuma rilievo diretto la distinzione fra competenze esclusive, ripartite e integrative, o fra competenze amministrative proprie e delegate”.

 

[51]Cfr. E. Rossi, Una Costituzione migliore?, Pisa University Press 2016, 97ss..

 

[52]BVerfGE 13, 230 (233s.).

 

[53]BVerfGE 2, 224s.; 4, 127.

 

[54]P. Laband, Deutsches Reichsstaatsrecht, Tübingen 1907, 136.

 

[55]Cfr. art. 7 cost. federale 1874: Ogni lega speciale ed ogni trattato speciale di natura politica tra i Cantoni sono proibiti. Per il contrario hanno essi diritto di conchiudere tra loro delle convenzioni sopra oggetti di legislazione, di giustizia o amministrazione; però devono presentarle all’esame dell’Autorità federale, la quale se tali convenzioni contengono alcuna cosa di contrario alla Confederazione o ai diritti di altri Cantoni è autorizzata ad impedire l’esecuzione. Nell’opposto caso i rispettivi Cantoni hanno diritto di chiedere la cooperazione delle Autorità federali per l’esecuzione”.

 

[56]§ 2 Staatsgrundgesetz  vom 21. Dezember 1867 betreffend die allen Ländern de österreichischen Monarchie gemeinsamen Angelegenheiten und die Art ihrer Behandlung (R.G.Bl. 146/1867).

 

[58]http://www.ulcc.ca/en/about-us-en-gb-1/.

 

[59]Per i compacts con stati esteri cfr. Hollis, Duncan B., Unpacking the Compact Clause (May 5, 2009). Texas Law Review, 2009; Temple University Legal Studies Research Paper No. 2009-26. Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=1399665

 

[60]Testo in Zeitschrift fuer auslaendisches oeffenetliches Recht und Voelkerrecht  ZaoRV 20 (1959/60), 116s.

 

[61]Cfr. ad es. https://staatskanzlei.hessen.de/sites/default/files/media/staatskanzlei/bund-laender-vereinbarung_zum_europaeischen_stabilisierungsmechanismus.pdf.

 

[62]Cfr. L. Ferraro, La cooperazione anomala nello stato composto spagnolo, Napoli 2010, 114ss.. Con ulteriori riferimenti bibliografici.

 

[63]Cfr. Huth, Die Konferenz der Präsidenten der deutschen Landesparlamente Frankfurt a.M., 1988.

 

[64]R. Brohm, M. Sturzebecher,, Information der Landesparlamente durch die Landesregierungen in EU-Angelegenheiten im Vergleich, Potsdam, 23. Mai 2014, http://www.landtag.brandenburg.de/media_fast/5701/23-05-2014_Information_Landtage_durch_LReg_in_EU-Angelegenheiten_5-86.16073188.pdf.

 

[65]Gesetz über die Beteiligung des Landtags in Angelegenheiten der Europäischen Union (EULG) , 17.  2. 2011 (GBl. S. 77).

 

[66]Gesetz über die Beteiligung des Landtages durch die Staatsregierung (ParlamentsbeteiligungsG – PBG), 25. 5. 2003 (GVBl. S. 324).

 

[67]E. Röper, Landesparlamente und Europäische Union, Jahrbuch des öffentlichen Rechts der Gegenwart (JöR)  49, 2001, 268s.

 

 

Jörg Luther, Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.