Informazione ambientale e trasparenza: due discipline a confronto

Raffaella Porrato[1]

Sommario: 1. L’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali come definito nel d.lgs. 195 2005. 2. L’istituto dell’accesso civico come definito nel d.lgs. 33/2013. 3. Il rapporto fra la norma di cui al d.lgs. 33/2013 e il d.lgs. 195/2005. 4. La definizione data dalla giurisprudenza del concetto di informazione ambientale. 4.1 Interpretazione estensiva del concetto di informazione ambientale. 4.2 Accesso ambientale e richieste generiche. 4.3 Accesso ambientale nei confronti di atti in corso di completamento, o in procedimenti in corso di svolgimento. 4.4 Accesso non sorretto da ragioni ambientali. 4.5 Accesso ambientale e tutela della proprietà intellettuale. 4.6 Accesso e tutela delle informazioni commerciali. 4.7 Costi connessi alla messa a disposizione dell’informazione ambientale. 4.8 Ambito soggettivo di applicazione. 4.9 Tipologie di informazioni accessibili. 4.10 Accesso ambientale e procedimenti giudiziari in corso. 4.11 Accesso e diffusione del dato ambientale.

 

(Abstract)

L’articolo propone una lettura dell’istituto dell’accesso in materia ambientale alla luce dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui al d.lgs. 33/2013, recante la disciplina dell’accesso civico e, più in generale, degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione dell’informazione da parte delle pubbliche amministrazioni. L’articolo si sofferma in particolare sul contenuto dell’articolo 40 del d.lgs. 33/2013, concernente per l’appunto le informazioni ambientali, sulla genericità della disposizione normativa in esame e sui problemi generati da tale indeterminatezza. In esito alla trattazione è infine riportata un’ampia casistica di pronunce giurisprudenziali che hanno contribuito a definire in maniera più puntuale il concetto.

 

The article proposes a reading of access institute in environmental matters after pubblication of Legislative Decree no. 33/2013, concerning environmentals informations and, more generally, the availability and distribution to the public of information by public authorities. The article focuses in particular on the content of Article 40 of Legislative Decree no. 33/2013, concerning precisely the environmental information, uncertainty and the problems generated by such uncertainty. Finally a large series of court rulings limiting this content are reported.

 

L’intervento della modifiche operate al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) ad opera del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ha posto una serie di interessanti interrogativi in merito alla concorrenza dell’istituto dell’accesso civico, cosi come disciplinato dall’articolo 5 del d.lgs. 33/2013, ove oggetto della richiesta siano le informazioni ambientali disciplinate all’articolo 40 e dell’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali contenuto nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195.

 

1. L’istituto dell’accesso alle informazioni ambientali come definito nel d.lgs. 195 2005.

Il d.lgs. 195/2005 disegna la fattispecie dell’accesso all’informazione ambientale consentendolo a chiunque ne faccia richiesta senza che questi debba dimostrare il proprio interesse, laddove invece, com’è noto, la disciplina generale sull’accesso, consolidata nella legge sul procedimento amministrativo, prevede ai fini della concessione dell’accesso il possesso in capo al richiedente un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

L’ampliamento della legittimazione soggettiva si fonda sul fatto che la conoscenza di questo tipo di dati non realizza semplicemente un interesse del privato richiedente ma è condizione per la realizzazione di un interesse pubblico: quello alla tutela dell’ambiente e anche, molto spesso, della salute della collettività[2]. Dalla considerazione per cui l’esercizio del diritto d’accesso è garantito a chiunque senza dimostrare uno specifico interesse logicamente discende il fatto che questo sia da considerare in re ipsa per ciascun essere umano o ente che lo rappresenti o ne sia emanazione[3].

 

Oltre al profilo soggettivo l’accesso alle informazioni ambientali differisce dalla disciplina generale sull’accesso anche sotto il versante oggettivo, ovvero per il tipo di informazioni che ne sono oggetto.

Mentre infatti la legge generale sul procedimento prevede un accesso riferito al “documento”, sia pur con l’ampiezza definita all’articolo 22 della l. 241/1990, il d.lgs. 195/2005 estende il contenuto delle nozioni accessibili alle “informazioni ambientali”, contemplando anche un’attività elaborativa della P.A. debitrice dell’informazione richiesta.

La ratio della previsione normativa è evidentemente quella di garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale, eliminando di fatto ogni ostacolo, soggettivo ed oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente[4].

Il d.lgs. 195/2005 contiene poi una dettagliata regolamentazione del procedimento d’accesso, prevedendo che l’autorità pubblica metta a disposizione l’informazione richiesta quanto prima possibile e, comunque, entro trenta giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro sessanta giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta siano tali da non soddisfarla entro il suddetto termine di trenta giorni, previa tempestiva comunicazione al richiedente della proroga e dei motivi che la giustificano.

Sono inoltre presenti una serie di previsioni per il caso in cui la richiesta d’accesso risulti eccessivamente generica e il caso in cui sia richiesto l’accesso ai dati in un formato specifico, previsioni orientate comunque a garantire la collaborazione della P.A. al fine di soddisfare e rendere possibile l’accesso.

Sotto il versante delle esclusioni dall’accesso, per le quali la giurisprudenza ha in più occasioni specificato l’assoluta necessità di un’interpretazione restrittiva, il decreto contempla, oltre ai casi consueti, anche eccezioni alquanto generali, come quella riferita alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, disposizione di incerta definizione e potenzialmente idonea a estendere ad libitum il campo delle esclusioni.

Sul punto il Giudice comunitario ha avuto occasione di chiarire che la condizione ivi enunciata, secondo cui la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche deve essere prevista dal diritto, può essere considerata soddisfatta allorché esiste, nel diritto nazionale dello Stato membro interessato, una norma che dispone, in modo generale, che la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche costituisce un motivo di diniego di accesso a informazioni ambientali detenute da tali autorità, purché il diritto nazionale determini chiaramente la nozione di deliberazione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare[5].

Il d.lgs. 195/2005 contiene poi una norma di grande attualità, dal momento che all’articolo 8 prevede l’obbligo di diffondere una serie di informazioni riguardanti atti generali ma anche atti amministrativi più specifici riferiti a provvedimenti autorizzativi. Dunque già nel 1995 il legislatore, sia pur in attuazione di una normativa comunitaria settoriale e sovraordinata, aveva previsto che l’amministrazione fosse tenuta non solo al rilascio “passivo” dell’informazione, ovvero dietro richiesta dell’interessato, ma anche a farsi promotrice di una diffusione “attiva” dell’informazione, principio che poi ha compiutamente attuato il legislatore delegato nel 1993, attraverso l’emanazione di una norma generale riguardante la trasparenza e l’obbligo di pubblicare e diffondere l’informazione (d.lgs. 33/2013).

 

2. L’istituto dell’accesso civico come definito nel d.lgs. 33/2013.

La disciplina dell’accesso civico contenuta nel d.lgs. 33/2013 presenta caratteristiche similari alla disciplina dell’accesso alle informazioni ambientali sia sotto il versante della legittimazione soggettiva all’accesso – essendo essa riconosciuta in capo a “chiunque”- sia sotto il versante delle informazioni accessibili, anche qui non limitata a documenti ma genericamente estesa a “dati”.

I dati accessibili sono sia quelli per cui è presente un obbligo di pubblicazione nella vigente normativa sia, nei limiti della tutela di interessi giuridicamente rilevanti, atti “ulteriori”, rispetto ai precedenti (articolo 5, comma 2, d.lgs. 33/2013).

Anche qui il termine procedimentale per l’accesso è stabilito in trenta giorni, ed in più viene richiamato l’istituto della notifica ai controinteressati e la necessità di un provvedimento espresso e motivato che consenta o neghi l’accesso. Questa previsione di certo creerà non pochi problemi sotto il profilo dell’incremento degli oneri burocratici in capo all’amministrazione, soprattutto in campo ambientale, ove le richieste di accesso sono frequentissime e riferite a progetti, atti autorizzativi, dati contenuti in banche dati, verbali etc.

Infatti, a mente del regolamento sull’accesso di cui al d.p.r. 184/2006, la richiesta d’accesso può essere evasa immediatamente e senza formalità (articolo 5 del d.p.r), a seguito di richiesta anche verbale del richiedente ove l’informazione richiesta sia riferita a documenti immediatamente disponibili.

Si tratta invero di disposizione a forte valenza semplificativa sia per l’amministrazione che per il richiedente l’accesso, che ora questa previsione generale, richiedendo comunque l’intervento di un atto di natura provvedimentale dell’amministrazione, rischia di vanificare, almeno per il comparto dell’accesso civico.

Il decreto prevede poi che possa essere qualificato come accesso civico sia l’accesso presentato all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti, sia all’Ufficio relazioni con il pubblico, sia ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”, sia al responsabile della corruzione e della trasparenza.

Ma la sostanziale novità contenuta nel decreto (articolo 5, comma 10 d.lgs. 33/2013) è l’obbligo in capo al responsabile della prevenzione della corruzione, nel caso in cui la richiesta d’accesso concerna informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, di effettuare la segnalazione all’Ufficio di disciplina ai fini dell’eventuale adozione del procedimento disciplinare, nonché all’Organismo indipendente di valutazione (OIV) e al vertice politico dell’amministrazione.

Si tratta di una conseguenza importante che potrà senz’altro costituire un’efficace deterrente sul fronte della P.A. nella direzione dell’assicurare l’accesso e, ancor prima, la pubblicazione di tutti i dati di cui il d.lgs. 33/2013 prevede la pubblicazione obbligatoria.

Ma è anche importante sottolineare a questo riguardo, viste le pesanti conseguenze di ordine disciplinare che la norma ricollega alla fattispecie della mancata pubblicazione dei dati, la genericità della definizione normativa di “informazione ambientale”, contenuta nell’articolo 40 del d.lgs. 33/2013, attraverso il rimando all’articolo 2, comma 1, lett. a del d.lgs. 195/2005. Infatti, accanto ad elementi di chiara identificazione, quali l’obbligatoria pubblicazione delle relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, emergono elementi di definizione assai generica quali: “le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi”.

È chiaro che in una definizione normativa quale quella sopra riportata potrà ricadere pressoché la globalità dell’attività di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale.

Conseguentemente la fattispecie a cui la legge ricollega le informative all’OIV e all’Organo politico e l’avvio, seppur eventuale, dell’azione disciplinare, pare assumere i contorni della responsabilità oggettiva, vista l’eterogeneità del contenuto della definizione normativa di informazione ambientale. Ma su ciò si avrà occasione di soffermarci al paragrafo 4, laddove si cercherà di esaminare come la giurisprudenza è andata definendo il concetto di informazione ambientale.

 

3. Il rapporto fra la norma di cui al d.lgs. 33/2013 e il d.lgs. 195/2005.

Riassunte nei termini di cui sopra le specifiche caratteristiche e connotazioni dell’accesso così come regolamentato dal d.lgs. 195/2005 e dal d.lgs. 33/2013, pare che il rapporto fra le norme – per quanto riguarda la specifica regolamentazione – possa qualificarsi in termini di identità e di reciproca integrazione, vista anche la coincidenza del concetto di informazione ambientale contenuto nell’articolo 40 e nel d.lgs. 195/2005. Dal che consegue che ogni richiesta d’accesso all’informazione ambientale può essere qualificata come accesso civico, nei termini previsti dagli articoli 5 e seguenti del d.lgs. 33/2013.

È evidente infatti che, dal punto di vista del richiedente, il riferimento all’accesso civico si potrebbe configurare come più efficace, soprattutto in ragione del deterrente collegato alla segnalazione all’Ufficio di disciplina, all’OIV e al vertice politico.

L’articolo 40 del d.lgs. 33/2013 contiene da ultimo una norma di raccordo fra le due discipline, stabilendo che restano ferme le previsioni di maggior tutela recate dalle norme di settore, con chiaro riferimento alla legge 108/2001 (ratifica della convenzione di Aarhus)[6], al d.lgs. 195/2005, al d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 32 (Attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), ma anche a tutta la disciplina inerente il riutilizzo dei dati che potrebbe qualificarsi come categoria speciale dell’accesso e che grande importanza riveste in ambito ambientale. La materia ambientale, concernendo molto spesso ambiti afferenti ad attività d’impresa e contenendo dati di interesse per quest’ultima, si presta molto spesso a richieste inerenti il riutilizzo del dato. Ciò da e ha dato luogo a non pochi problemi soprattutto per l’aspetto della protezione del dato d’impresa a fronte di una sua diffusione massiva ed indiscriminata, tanto da spingere il Garante all’emanazione di specifiche linee guida sul tema[7].

Mentre l’aspetto del rapporto fra accesso civico ed accesso in materia ambientale non è ancora stato affrontato dalla giurisprudenza, il diverso tema del rapporto fra accesso civico e disciplina generale dell’accesso ha già impegnato le sedi giurisdizionali amministrative. Recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato[8] ha peraltro osservato come le nuove norme in materia di “Amministrazione Trasparente”, dettate con il d.lgs. 33/2013 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni disciplinino situazioni non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241.

Col citato d.lgs. n. 33/2013 si è inteso infatti procedere al riordino della disciplina, volta ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare “il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche”, quale integrazione del diritto “ad una buona amministrazione”, nonché per la “realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

 

4. La definizione data dalla giurisprudenza del concetto di informazione ambientale.

Si è fatto cenno poc’anzi all’estrema indeterminatezza del concetto di informazione ambientale: fondamentale è stata, sotto questo punto di vista, l’azione suppletiva svolta dalla giurisprudenza, che ha consentito di dare a questo concetto una forma più definita.

 

4.1 Interpretazione estensiva del concetto di informazione ambientale.

Innanzitutto giova sottolineare che l’aspetto che emerge in maniera pressoché unanime è la particolare ampiezza[9] del concetto di informazione ambientale, tale da ricomprenderne tutte le possibili connotazioni e sfaccettature, ivi inclusi, ad esempio, anche i profili attinenti alla materia della tutela del paesaggio[10] e della caccia ed attività venatoria[11]. Con riferimento a quest’ultimo aspetto si è sostenuto infatti che le relazioni stilate dalle regioni in adempimento ad un obbligo di referto imposto dalla vigente legislazione venatoria rientrino a pieno titolo fra le informazioni ambientali, in quanto relazioni sull’attuazione della vigente legislazione ambientale, espressamente citate dall’articolo 2 del d.lgs. 195/2005.

Dalla particolare ampiezza del concetto di informazione ambientale discende logicamente la possibilità che la suddetta richiesta possa comportare un’attività elaborativa per la P.A. debitrice della comunicazione richiesta, assicurando in tal modo una tutela più ampia, come si è osservato, rispetto a quella garantita dall’articolo 22 della l. n. 241/1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti già formati e nella disponibilità dell’amministrazione. La disciplina speciale della libertà d’accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva comunitaria di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale, eliminando di fatto ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente. Di conseguenza, ogni indebita limitazione, per via ermeneutica, della legittimazione a pretendere l’accesso alle informazioni ambientali risulta preclusa sia dal tenore letterale delle disposizioni, sia dalla loro finalità[12].

 

4.2 Accesso ambientale e richieste generiche.

Discende logicamente da quanto si è detto poc’anzi come sia sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, di elaborale e comunicarle al richiedente[13].

Tuttavia, anche se la richiesta può essere generica, questa non deve risolversi in un mero sindacato ispettivo nei confronti della P.A. L’accesso infatti non può essere un mezzo per compiere un’indagine o un controllo ispettivo, “cui sono ordinariamente preposti organi pubblici”[14]. Sulla scorta di tali motivazioni è stato ad esempio negato ad un’organizzazione sindacale l’accesso agli atti concernenti l’affidamento dei lavori di adeguamento e manutenzione del poligono di tiro presso una caserma.

Inoltre la richiesta d’accesso resta comunque subordinata a un principio generale di proporzionalità, di economicità e di ragionevolezza, per cui possono consentirsi solo gli accessi che non si traducano in uno sproporzionato aggravio per l’amministrazione, tale da metterne in pericolo l’efficienza gestionale[15]. Sotto questo profilo è stato osservato come informazioni voluminose e massicce, o di contenuto oggettivo molto ampio, ben dovrebbero essere rese acquisibili attraverso l’informazione attiva, piuttosto che essere fatte oggetto di accesso “passivo” documentale, che costituisce una modalità notevolmente più impegnativa e laboriosa, sia per l’amministrazione che per il cittadino. Peraltro questo concetto di informazione attiva altro non fa che riprendere l’idea di diffusione dell’informazione ambientale contenuta all’articolo 8 dello stesso d.lgs. 195/2005 e ribadita in maniera generalizzata dal legislatore del 2013.

È stato inoltre puntualizzato a questo proposito che la richiesta d’accesso non può essere logicamente riferita ad un accesso generalizzato a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di attività, perché ciò si tradurrebbe in un controllo generalizzato sull’attività amministrativa, conferendo all’istante poteri ispettivi che non gli competono. In tal senso si configura la richiesta di accesso a tutte le ordinanze di rimessione in pristino emanate da un Ente parco: è necessaria infatti la delimitazione e specificazione del contesto di riferimento e delle ragioni che costituiscono, ancorché limitatamente al settore ambientale, un interesse almeno all’acquisizione delle informazioni[16].

Del pari è stata ritenuta orientata ad un controllo generalizzato sulla gestione dei procedimenti amministrativi la richiesta di ricevere copia degli elenchi, pubblicati anni prima all’albo pretorio comunale, dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria circa le opere o le lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordinanze di sospensione[17].

Anche la richiesta di accesso alla documentazione inerente il carteggio intercorso tra l’Osservatorio Valle Susa per il collegamento ferroviario Torino Lione ed i comuni interessati è stata ricondotta a tale categoria generale del controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione: la richiesta d’accesso è stata dunque acconsentita circoscrivendola ai soli atti e documenti presentanti espressamente un nesso concreto con la materia ambiente, relativamente all’incidenza della misura amministrativa sugli elementi o fattori ambientali di cui all’articolo 2 del d.lgs. 195/2005[18].

Con riferimento all’eccessiva genericità dell’istanza e alla finalizzazione ad un controllo generalizzato dell’attività della P.A. è stato ritenuto legittimo il diniego di accesso da parte del Ministero della salute a fronte di una richiesta d’accesso presentata a seguito del diffondersi della notizia della contaminazione da virus di epatite[19].

Ai fini di non incorrere nell’eccezione della generalità della richiesta è necessario che sia comunque presente nella richiesta d’accesso il riferimento alle matrici ambientali, ovvero ai fattori e alle misure, elencati ai numeri 2 e 3 del d.lgs. 195/2005.

L’istanza di accesso infatti, pur se astrattamente riguardante un’informazione ambientale, non esime il richiedente dal dimostrare che l’interesse che intende far valere è un interesse ambientale, come qualificato dal d.lgs. 195/2005, ed è volto quindi alla tutela dell’integrità della matrice ambientale, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con specifiche e determinate finalità si faccia uso per scopi diversi, ad esempio, per ragioni patrimoniali[20], ma su ciò si dirà più diffusamente oltre.

 

4.3 Accesso ambientale nei confronti di atti in corso di completamento, o in procedimenti in corso di svolgimento.

Con riferimento a documentazioni e atti incompleti o in corso di completamento è ritenuto legittimo il diniego dell’accesso (rectius differimento) a condizione che questo contenga l’informazione al richiedente circa l’autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile[21]. Sulla base del principio enunciato è stato ritenuto legittimo il diniego all’accesso ai dati relativi ad un’indagine epidemiologica in corso, ritenendo invece accessibili i risultati di detta indagine[22].

Laddove poi alcuni documenti oggetto dell’istanza di ostensione documentale non siano effettivamente disponibili od esistenti, i richiedenti hanno diritto a ricevere dall’amministrazione un’espressa dichiarazione negativa, motivata ed allo stesso tempo certificatoria delle ragioni del mancato rilascio[23].

Il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che non possa essere imposto di consentire l’accesso a documenti che non siano nella disponibilità dell’ente perché non li ha formati né li detiene stabilmente, perché di competenza di altri Enti, e che parimenti non possa essere imposto l’onere di indicare quali Enti li detengono[24].

Anche nei confronti di atti di cui sia plausibile e ragionevole l’esistenza è ammissibile l’istanza di accesso e l’amministrazione è tenuta a dare riscontro a tali istanze eventualmente negando l’accesso ed informando l’istante circa l’inesistenza del documento. Si è in tal modo considerata ammissibile l’istanza di accesso a tutti gli atti inerenti la verifica di ottemperanza alle prescrizioni del decreto VIA del Ministero dell’Ambiente: l’esistenza del procedimento di verifica di ottemperanza presuppone infatti l’esistenza di documenti confluiti in siffatto procedimento[25]. In tal senso l’esigenza di una puntuale indicazione degli atti deve essere intesa in modo flessibile e non formalistico. Il diritto d’accesso alle informazioni di carattere ambientale può infatti concretizzarsi nella necessità di accedere ad un documento che di regola non si conosce, giustificata solo sulla base di una presunzione (che ex post può risultare infondata, ma che l’amministrazione non può a priori ritenere inammissibile) che la consultazione o l’acquisizione di copia del documento richiesto possa poi risultare effettivamente rispondente ad un interesse di tutela che solo il richiedente è competente a valutare[26].

Una recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato[27] affronta infine il problema inerente l’accesso in procedimenti in corso, affermando che il diniego di accesso alla documentazione ambientale non può fondarsi sul fatto che l’informazione non si sia ancora tradotta nell’adozione di provvedimenti amministrativi conclusivi. Il Supremo Giudice ha ritenuto infatti che anche le semplici istanze, e non solo i provvedimenti conclusivi possono formare oggetto dell’accesso, riformando in ciò il pronunciamento dei giudici di prime cure che non avevano ritenuto accessibili le semplici istanze di parte privata che non fossero ancora recepite in un provvedimento.

Con riferimento alla legge della Provincia di Bolzano, che ammette l’accesso in corso di procedimento, purché riferito ad atti esecutivi ed efficaci, si è ritenuto che il parere del Comitato di valutazione dell’impatto ambientale relativo a corsi d’acqua oggetto di derivazioni a scopo idroelettrico in concessione all’ENEL s.p.a., sia atto esecutivo, efficace e con rilevanza esterna[28].

 

4.4 Accesso non sorretto da ragioni ambientali.

Ampio dibattito giurisprudenziale si è poi sviluppato in merito al complesso problema per cui, se è vero che l’accesso in materia ambientale risulta concesso a chiunque e non contempla l’obbligo per il richiedente di dichiarare il proprio interesse ad accedere all’informazione ambientale, è parimenti necessario che la richiesta d’accesso sia sorretta da una ragione ambientale.

In particolare, si è osservato come l’amministrazione cui l’istanza di accesso è diretta (e, a fortiori, lo stesso giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell’eventuale diniego) ben possa pronunciarsi sull’effettiva sussistenza in capo al richiedente di un suo interesse propriamente “ambientale” agli effetti dell’accoglibilità della sua richiesta di accedere alla documentazione asseritamente contenente le “informazioni ambientali” da lui ricercate.

La domanda di accesso legata ad un interesse economico imprenditoriale, non può mutare qualificazione in sede giurisdizionale pur potendo astrattamente riguardare un’“informazione ambientale”. Peraltro, tale eventuale richiesta non esime il richiedente dallo specificare in sede amministrativa che l’interesse che lo muove è un genuino interesse ambientale come qualificato dal d.lgs. 195 del 2005 all’integrità della matrice ambientale, non potendo l’ordinamento ammettere che di un diritto nato con certe finalità (ambientali) si faccia uso per finalità del tutto diverse (economico-patrimoniali).

Sulla base di tali motivazioni si è negata la richiesta di presa visione e di estrazione di copia del “Piano di sviluppo aziendale”, richiamato nell’ambito dello Studio d’impatto ambientale, documentazione quest’ultima anche oggetto di diffusione ai sensi del predetto articolo 8 del d.lgs. 195/2005, nonché delle norme del Codice ambiente in materia di Valutazione d’impatto ambientale[29].

Non è stata riconosciuta sorretta da un genuino interesse ambientale ed oltretutto esulante dalla materia dell’accesso alle informazioni ambientali la richiesta di accesso ai documenti in base ai quali è stabilita la tariffa d’accesso all’impianto di trattamento rifiuti, che, ai sensi della normativa vigente, è stabilita dall’autorità regionale sulla base delle indicazioni fornite dalla società che gestisce l’impianto e che deriva anche dai costi industriali che ha dovuto sopportare il gestore, quali costi di investimento, costi di trasporto, costi di locazione, costi di personale etc. Tali costi rientrano tra le informazioni commerciali che sono naturalmente tutelate dal diritto alla riservatezza anche da parte della stessa norma sull’accesso alle informazioni ambientali. Dunque, si è ritenuto che la formazione della tariffa abbia una connessione del tutto indiretta con la materia ambientale, in quanto le sue componenti non sono direttamente attinenti alle informazioni ambientali elencate dall’art. 2 del d.lgs n. 195/2005[30].

Sempre con riferimento alle informazioni ambientali attinenti al comparto rifiuti, è stato negato il diritto d’accesso da recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato[31] ai documenti concernenti il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti sanitari, informazione di chiara attinenza alla categoria delle informazioni ambientali in quanto strettamente connessa al trasporto di rifiuti che, se non correttamente smaltiti, possono arrecare pregiudizi all’ambiente. La domanda infatti, ad avviso del Supremo Consesso, non si fondava su una preoccupazione circa lo stato di matrici ambientali, ma era volta all’acquisizione d’informazioni, quali quelle contenute nei formulari, che possono essere rilevanti per l’impresa per motivi concorrenziali e per acquisire dati commerciali riguardanti la concorrenza. Anche qui dunque il diritto di accesso, disciplinato per il perseguimento di finalità ambientali, risultava utilizzato per finalità del tutto diverse (economico-patrimoniali) e con un inutile aggravio dell’attività dell’amministrazione.

Similmente, sempre in tema di accesso alle informazioni ambientali supportata da finalità economiche patrimoniali, in caso di richiesta d’accesso agli atti del concessionario di pubblici servizi di gestione dei rifiuti è stato ritenuto legittimo il diniego di accesso agli atti di precedenti gare pubbliche da parte di un’impresa da tempo operante nel campo del trasporto e della gestione dei rifiuti, in quanto avrebbe consentito alla richiedente un’ingiustificata posizione di vantaggio in vista delle gare future bandite dalla Società a capitale pubblico[32].

Così parimenti la richiesta di accesso agli atti, documenti ed elaborati costituenti il progetto definitivo della superstrada Pedemontana Veneta, è stata ritenuta manifestamente carente di quel genuino interesse ambientale che solo giustifica l’applicazione dell’invocato d. lgs. 195/2005. L’istanza di accesso risultava infatti formulata dalla Pedemontana Veneta S.p.A., senza alcun cenno all’interesse ambientale, ma imperniata innanzitutto sulla sua qualità di soggetto promotore dell’intervento e partecipante alla gara per l’affidamento della relativa concessione, nonché sull’avvenuta conoscenza (a mezzo degli organi di stampa) della notizia della sottoscrizione del decreto di approvazione del progetto definitivo, con conseguente asserito “interesse a prendere visione di tutti gli atti e documenti relativi al suddetto progetto definitivo anche in vista della eventuale tutela giurisdizionale dei propri interessi”[33].

 

4.5 Accesso ambientale e tutela della proprietà intellettuale.

L’orientamento giurisprudenziale di particolare favor nei confronti dell’accesso sorretto da ragioni ambientali si riscontra anche a proposito della richiesta d’accesso a documentazioni progettuali depositata in occasione di procedimenti amministrativi afferenti ad interessi ambientali.

I giudici di primo grado hanno ritenuto la documentazione progettuale naturalmente accessibile sulla scorta della motivazione per cui la disposizione che prescrive che sia accessibile “ogni atto di natura amministrativa” si riferisce anche agli atti di soggetti privati, che vengono acquisiti in un procedimento amministrativo e che in virtù di tale acquisizione assumono anch’essi la natura di atti amministrativi, in quanto oggettivamente correlati al procedimento amministrativo e posti a base del provvedimento finale[34].

In senso sostanzialmente concorde alla giurisprudenza sopra riportata che considera prevalente l’accesso rispetto alla tutela della proprietà intellettuale si pone un orientamento del Tar Veneto[35] riferito ad una richiesta d’accesso ad elaborati relativi alla concessione di una derivazione d’acqua ad uso idroelettrico, assentendo alla richiesta di estrazione di copia di tutta la documentazione progettuale che non afferisca direttamente a profili involgenti il segreto industriale, secondo una valutazione necessariamente restrittiva in ordine agli eventuali profili ostativi.

Con specifico riferimento alla tematica dell’accesso a progetti e alla necessità di notifica ai progettisti in quanto controinteressati, è stato osservato, secondo un’interpretazione alquanto formalistica del dato normativo, come questi ultimi non si configurino come controinteressati in senso tecnico in quanto non espressamente menzionati nell’atto oggetto di ricorso[36].

 

4.6 Accesso e tutela delle informazioni commerciali.

Nelle pronunce poc’anzi riportate non si nega la qualità di informazione ambientale di quanto viene richiesto, ma si entra nel merito della finalizzazione della richiesta d’accesso, in particolare escludendola qualora si supponga l’attinenza a interessi economico patrimoniali. D’altro canto fra le esclusioni del diritto d’accesso canonizzate all’articolo 5 del d.lgs. 195/2005 è presente proprio la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, i diritti di proprietà industriale e i diritti di proprietà intellettuale.

Molto interessanti le pronunce che si cimentano nel bilanciamento fra accesso e questa tipologia di interessi, problematica molto frequente nell’accesso all’informazione ambientale, dove la mancata previsione di una qualificazione del richiedente potrebbe rendere difficile la compiuta conoscenza di queste ragioni ostative all’accesso.

Sul punto è intervenuta anche Corte di giustizia con riferimento ai prodotti fitosanitari, stabilendo che l’informazione prodotta nell’ambito di un procedimento nazionale di autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario contenuta in cibi e bevande rientra sicuramente nel novero delle informazioni ambientali. La ponderazione dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse specifico tutelato dal rifiuto di divulgare ed attinente al segreto industriale deve essere effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti, anche qualora il legislatore nazionale dovesse determinare con una disposizione a carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti[37].

In analoga questione sempre il Giudice comunitario ha chiarito che – sia pur con riferimento al campo specifico della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento – il pubblico interessato deve avere accesso ad una decisione di assenso urbanistico-edilizio riguardante una discarica di rifiuti e non consente alle autorità nazionali competenti di rifiutare al pubblico interessato l’accesso a tale decisione adducendo la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali prevista dal diritto nazionale o dell’Unione al fine di proteggere un legittimo interesse economico[38].

In ambito nazionale parte del contenzioso si sviluppa con riferimento a richieste di accesso di imprese farmaceutiche, sia pur con riferimento alla disciplina generale dell’accesso di cui alla l. 241/1990, ma aventi a riferimento nel concreto quella particolare tipologia di informazioni ambientali ricomprese all’articolo 2 comma 1, numero 5 del d.lgs. 195/2005 attinenti lo stato della salute. Sotto questo profilo la giurisprudenza non pare addivenire a risultati sempre concordi.

Il Consiglio di Stato[39], riformando il precedente pronunciamento del Tar Lombardia, ha ritenuto legittimo un diniego all’accesso ad una relazione tecnica presentata all’ASL ai fini della commercializzazione dei farmaci da un’azienda leader nel suddetto mercato, istanza supportata anche dalla volontà di proporre azione civilistica di concorrenza sleale per indebita utilizzazione del know how.

Poiché nella relazione erano ricompresi documenti che attenevano alle procedure di gestione e di organizzazione del magazzino/deposito di medicinali della società, utili ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione da parte della ASL e sulla scorta della considerazione per cui l’utilizzo di strategie organizzative innovative potrebbe essere un elemento di necessaria competitività, il Consiglio di Stato – terza sezione – ha ritenuto meritevole di tutela l’esigenza di protezione della “riservatezza” dei dati tecnico-organizzativi dell’appellante.

Parzialmente si discosta da tale orientamento, sempre con riferimento a controversie tra aziende farmaceutiche, una pronuncia della quinta sezione del Consiglio di Stato in cui è stato ritenuto che il diritto di accesso prevalga sull’esigenza di riservatezza del terzo ogni volta che detto accesso sia necessario per la difesa di interessi del richiedente giuridicamente rilevanti, come in presenza di un interesse a verificare l’effettiva equivalenza tra le proprie specialità medicinali brevettate e quelle generiche fatte oggetto di richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio.

Si è ritenuto infatti che la tutela del diritto alla riservatezza delle aziende farmaceutiche, riguardo ai metodi di produzione ed al know-how di fabbricazione del principio attivo, non può costituire un sufficiente motivo per negare l’esibizione di una qualunque documentazione[40].

Coerente con l’orientamento sopra riportato pare pure un’altra pronuncia del Consiglio di Stato, che ha sostenuto che il carattere segreto delle informazioni tecniche e commerciali, (che peraltro deve risultare da motivata dichiarazione dell’offerente prodotta in sede di presentazione della offerta), non può far velo alla esibizione della restante documentazione (cioè di quella non coinvolta da tali profili di meritevole segretazione) nei confronti dei terzi interessati[41].

 

4.7 Costi connessi alla messa a disposizione dell’informazione ambientale.

Emerge da quanto si è finora esplicitato che la messa a disposizione dell’informazione ambientale, sia nella fattispecie dell’accesso che in quella della diffusione dell’informazione è destinata a generare dei costi non irrilevanti: spese per il mantenimento delle banche dati, per la raccolta e la validazione dei dati, spese per il mantenimento e per l’aggiornamento dell’informazione. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2003/4 del 28 gennaio 2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, le autorità pubbliche possono applicare una tassa per la fornitura dell’informazione ambientale a condizione che questa non superi un importo ragionevole.

In una giurisprudenza recentissima il giudice comunitario ha ritenuto che la tassa applicata per la fornitura di un tipo particolare di informazioni ambientali non possa comprendere alcuna parte delle spese causate dal mantenimento di una banca dati, utilizzata a tale scopo dall’autorità pubblica, ma possa comprendere le spese generali imputabili al tempo che il personale di tale autorità ha dedicato a rispondere a richieste di informazione individuali, preso in considerazione adeguatamente nella determinazione di tale tassa, purché l’importo complessivo di detta tassa non ecceda un importo ragionevole[42].

 

4.8 Ambito soggettivo di applicazione.

Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione delle norme in materia di accesso, ovvero a chi sia tenuto a fornire l’informazione ambientale, il d.lgs. 195/2005 stabilisce che sia tenuta a fornire l’informazione l’”autorità pubblica”, nell’accezione inclusiva di amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, aziende autonome e speciali, enti pubblici e concessionari di pubblici servizi, nonché di ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico. Il d.lgs. 33/2013 riprende – differentemente da quanto stabilito in via generale con riferimento all’estensione dell’ambito applicativo delle norme e dei soggetti tenuti agli obblighi di pubblicazione di cui al decreto – l’identico campo applicativo del d.lgs. 195/2005, riconfermando, anche sotto questo aspetto, la relazione di identità e di reciproca integrazione sussistente tra le due normative.

Il Giudice comunitario ha poi fornito un’interpretazione concreta di tale disposizione della direttiva, fedelmente ripresa dal d.lgs. 195/2005, sancendo che, al fine di delimitarne il campo di applicazione, occorre verificare se gli enti siano investiti, in forza del diritto nazionale, di poteri speciali che eccedano quelli derivanti dalle norme riferibili ai rapporti tra soggetti di diritto privato. Le imprese che forniscono servizi pubblici connessi con l’ambiente, nel caso di specie le imprese di gestione delle reti fognarie e di fornitura acqua, trovandosi sotto il controllo di un organismo pubblico dovrebbero essere qualificate come «autorità pubbliche» e dunque come soggetti rientranti a pieno titolo nell’ambito applicativo della direttiva, se tali imprese non determinino in maniera realmente autonoma le modalità con le quali forniscono detti servizi, poiché un’autorità pubblica rientrante nell’ambito di applicazione della norma è in grado di influenzare in maniera decisiva l’azione di dette imprese nel settore ambientale. Il giudice comunitario ha tuttavia specificato che ove tale circostanza rimanga incerta le informazioni debbono comunque essere fornite[43].

La direttiva 2003/4 contiene invero la facoltà, non ripresa dal d.lgs. 195/2005, di non considerare quali autorità pubbliche, tenute a consentire l’accesso alle informazioni ambientali in loro possesso, «gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (…) legislative». E’ stato ritenuto peraltro che i Ministeri quando elaborano ed adottano disposizioni normative aventi rango inferiore ad una legge, non possano rientrare in tale esclusione[44].

Sempre al riguardo di tale disposizione della direttiva 2003/4 la Corte[45] ha ritenuto che l’esclusione predetta possa contemplare i ministeri allorché partecipino alla funzione legislativa, ad esempio attraverso la presentazione di progetti di legge o pareri, ma che l’esenzione dall’accesso non possa essere più applicata una volta concluso il procedimento legislativo.

Una volta concluso il procedimento legislativo infatti, il ministero, che vi ha partecipato, non può più avvalersi di tale eccezione poiché il corretto svolgimento di tale procedimento non può più essere ostacolato dalla messa a disposizione delle informazioni ambientali.

I giudici nazionali hanno infine reputato non rientrante nella nozione di soggetto passivo debitore dell’accesso una società gerente una discarica in quanto hanno ritenuto che non fosse sufficientemente dimostrata da parte del ricorrente la sua natura di ente pubblico o di concessionario[46].

 

4.9 Tipologie di informazioni accessibili.

Sul versante oggettivo, ovvero su quali siano le tipologie di informazioni sicuramente rientranti nel concetto di informazione ambientale, la giurisprudenza non sempre è addivenuta a risultati concordanti.

Per quanto riguarda il comparto del servizio idrico integrato, settore molto ricorrente nelle richieste d’accesso alle informazioni ambientali, sono state considerate sicuramente accessibili le informazioni più disparate quali quelle relative a costruzione di nuovi poli depurativi[47], funzionalità ed esistenza dell’impianto di depurazione delle acque reflue[48], ubicazione dei depuratori e/o degli impianti centralizzati delle aree servite, unità di popolazione servita, elenco delle zone e/o comuni serviti, tipologia di impianti (fanghi attivi o biologico chimico), conformità al d.lgs. 152/2006, atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto interventi programmati, ivi inclusi quelli effettuati negli ultimi anni ed ogni altro atto e/o provvedimento connesso e/o collegato[49], pur se comportanti attività elaborativa da parte dell’amministrazione. Al contrario altri giudici di merito[50] in analoga fattispecie hanno escluso l’accesso, a motivo della genericità, alle informazioni concernenti la conformità al d.lgs. 152/2006, gli atti e/o provvedimenti aventi ad oggetto interventi programmati ivi inclusi quelli effettuati negli ultimi anni ed ogni altro atto e/o provvedimento connesso e/o collegato.

Anche l’accesso a tutti gli atti concernenti la depurazione delle acque relativi alla propria utenza idrica è stato ritenuto rientrante nella fattispecie dell’accesso all’informazione ambientale, al fine di accertare la funzionalità e/o assenza degli impianti di depurazione[51].

Sempre nell’ambito degli impianti del servizio idrico integrato, il Supremo consesso ha ritenuto pertinente l’istanza di accesso a documentazione attinente scarichi fognari in compendio demaniale marittimo, in quanto necessaria ad acclarare il corretto funzionamento dello scarico e dell’impianto che dovrebbe trasmettere i rifiuti al depuratore nonché ad acclarare se l’inquinamento verificatosi nell’area di pertinenza del richiedente fosse o meno frutto di mal funzionamento o mala gestione dell’impianto[52].

É stata considerata prevalente rispetto alle esigenze di riservatezza di terzi l’istanza di accesso alla documentazione attinente all’accordo di programma e alle sue modifiche inerenti interventi di riqualificazione ambientali funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione di aree comprese in un Sito di interesse nazionale[53]. Sembrerebbe sussistere, per quanto attiene al comparto degli interventi di bonifica, connotato peraltro da rilevanti profili attinenti la tutela del segreto d’impresa (si pensi alle sostanze oggetto di sversamento e di altri rilevanti profili attinenti l’immagine d’impresa), una marcata tendenza dei giudici[54] a garantire gli interessi collegati all’accesso, stabilendo che è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente. È stata peraltro considerata priva di pregio la considerazione per cui l’istanza si riferisse ad area già bonificata.

Si evidenzia sul punto che l’articolo[55] 251 del d.lgs. 152/2006 prevede a carico delle regioni l’istituzione di una specifica banca dati contenente l’elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi. La previsione generale di cui all’articolo 8, comma 4, del d.lgs. 195/2005 dispone che l’informazione ambientale possa essere resa disponibile creando collegamenti a banche dati elettroniche, anche gestiti da altre autorità pubbliche, da rendere facilmente accessibili al pubblico. Sussistono tuttavia rilevanti aspetti da valutare in relazione alle problematiche che potrebbe comportare la diffusione massiva ed indiscriminata dei dati riferiti alle imprese e contenuti nelle suddette banche dati.

Anche gli atti relativi allo sversamento in mare di elementi inquinanti specificamente individuati, ivi inclusi i risultati dei controlli e dei monitoraggi effettuati nelle acque e nelle aree interessate dall’incidente sono stati considerati come pacificamente rientranti nel concetto di informazioni ambientali[56].

In altro contesto i giudici di primo grado hanno puntualizzato l’importante concetto per cui il dovere di fornire le informazioni ambientali non attiene all’ambito funzionale delle competenze di cui l’amministrazione è titolare, ma riguarda la circostanza materiale dell’effettiva disponibilità dei documenti ambientali richiesti. Nella specie si trattava di documentazione attinente il procedimento di valutazione d’impatto ambientale (decreto VIA, parere della Commissione tecnica, studio d’impatto ambientale) richiesta ad un Ministero diverso da quello dell’Ambiente[57].

Sono stati considerati pienamente rientranti nel concetto di informazione ambientale e dunque obbligatoriamente ostensibili i dati inerenti il funzionamento di impianti di trattamento di rifiuti (verbale di primo controllo e allegati, accertamenti e verifiche eseguiti ed eventuale approvazione del piano di monitoraggio) in quanto recanti informazioni ambientali relative all’adozione di misure di competenza di ARPA[58]. Del pari, sempre con riferimento al comparto rifiuti si è ritenuto che l’ambito oggettivo del concetto di informazione ambientale non sia logicamente estensibile agli atti gestionali e contabili del rapporto di servizio intercorrente con il concessionario del servizio di raccolta integrata dei rifiuti[59].

Parimenti rientrano nel concetto di informazione ambientale gli atti relativi alla chiusura dei pozzi nell’alveo del fiume per inquinamento[60].

Anche le concessioni edilizie relative ad impianti fotovoltaici sono state considerate rientranti nell’ampio genus delle informazioni ambientali[61], come pure gli atti relativi a edifici costruendi in zone connotate da vincoli ambientali richieste da associazioni di protezione ambientale[62].

Sono stati al contrario consideranti esulanti dal concetto di informazione ambientale gli atti e i documenti riguardanti un procedimento di gara relativo all’esecuzione di un’opera pubblica, mentre sono stati ritenuti rientranti in tale nozione i pareri, i nulla osta e le autorizzazioni attinenti alla tutela ambientale. Si è infatti ritenuto al riguardo che l’informazione ambientale abbia ad oggetto esclusivamente i dati attinenti a valori che l’ordinamento giuridico imputa all’ambiente come bene giuridico distinto dalle sue componenti ambientali. Il diritto al libero ed incondizionato accesso all’informazione ambientale garantito a tutti i soggetti dal d.lgs. 195/2005 obbliga dunque la pubblica amministrazione a rendere disponibili i soli dati che rientrano in tale definizione, e non altri[63].

Parimenti non sono stati considerati rientranti nel concetto di informazione ambientale i lavori di metanizzazione dell’isola di Procida[64]. Anche la richiesta di conoscere lo stato della pratica ed il nominativo del responsabile del procedimento non è considerata assimilabile ad una richiesta di accesso, bensì come azione volta a promuovere la conclusione del procedimento e ad assicurare la partecipazione allo svolgimento dello stesso[65]. Così pure non è stata considerata pertinente al concetto di informazione ambientale la richiesta dell’elencazione delle ragioni alla base di una diffida in materia di interventi di bonifica. L’oggetto dell’accesso alle informazioni ambientali deve essere individuato infatti nella volontà di conoscere atti e elementi ben determinati, riconducibili alla nozione di informazioni ambientali disciplinate dal d.lgs. 195/2005, e non già nell’intento di conoscere le valutazioni poste in essere dall’amministrazione che, in quanto tali, attengono ad un percorso discrezionale e di merito[66].

Un filone giurisprudenziale correla l’accesso a informazioni ambientali anche all’impatto ambientale in quanto si sostiene che oggetto dell’informazione ambientale debbano comunque essere atti e documenti relativi a fatti che comportano un impatto ambientale. Sulla scorta di tale prospettazione è stato negato che rientrino nella disciplina dell’accesso all’informazione ambientale gli atti riguardanti l’accatastamento di un fabbricato, correlati ad un’istanza che aveva fatto riferimento unicamente a paventate irregolarità edilizie e a profili di danno erariale[67].

Tale prospettazione trae fondamento dal fatto che l’art. 2 della Convenzione di Aarhus e l’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 195/2005, nel definire la nozione di “informazione ambientale”, fanno riferimento unicamente allo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) e ai fattori (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni) che possono incidere sull’ambiente, la salute e la sicurezza umana; ne deriva che non formano oggetto dall’informazione ambientale gli atti e i documenti relativi a fatti che non comportano un impatto ambientale. Si è così negato l’accesso all’atto di intesa diretto a regolare le modalità del servizio di raccolta dei rifiuti già in corso di esecuzione[68].

La giurisprudenza amministrativa ha altresì puntualizzato come, allorché l’amministrazione ritenga ricorrente un’ipotesi di esclusione dall’accesso, è comunque tenuta a rappresentarla espressamente e ad esplicitare le ragioni del diniego in esito ad un’attenta ponderazione fra l’interesse pubblico all’informazione ambientale e l’interesse tutelato dall’esclusione e non già a rimanere silente[69].

 

4.10 Accesso ambientale e procedimenti giudiziari in corso.

Con riferimento all’esclusione dell’accesso motivata in relazione a procedimenti giudiziari in corso[70], è stato evidenziato come questa ipotesi non possa essere intesa quale esclusione dell’accesso tout court, ma che al contrario sia compito dell’amministrazione svolgere adeguata istruttoria richiedendo il nulla osta alla Procura competente e titolare delle indagini, al fine di poter consentire la diffusione delle informazioni ambientali richieste. Infatti è solo l’organo giurisdizionale competente a decidere se la divulgazione di determinate informazioni ambientali possa o meno nuocere allo svolgimento delle indagini (fattispecie relativa a sversamento in mare di un ingente quantitativo di sostanze inquinanti) [71].

In diversa fattispecie i giudici di merito[72] hanno negato che la richiesta d’accesso a copie dei ricorsi amministrativi presentati dall’Azienda energetica al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche possa rientrare nell’accesso alle informazioni ambientali in quanto non riferita ad atti a cui si possa riconoscere carattere ambientale. Inoltre è stato ritenuto che proprio dalla divulgazione dei ricorsi e controricorsi possa derivare pregiudizio alle svolgimento di procedimenti giudiziari pendenti: in particolare gli scritti defensionali rientrerebbero nella tutela del segreto professionale in quanto idonei a disvelare le strategie processuali.

 

4.11 Accesso e diffusione del dato ambientale.

Affronta il complesso rapporto fra accesso e diffusione del dato una pronuncia del Tar Lombardia[73], allorché viene accolta l’istanza di accesso ai dati relativi alle emissioni dell’impianto di smaltimento tramite trattamento termico e cogenerazione dei rifiuti solidi urbani, mentre viene rigettata l’istanza diretta ad ottenere la pubblicazione dei medesimi dati. Ha sostenuto infatti il Tar che, pur essendo incontestabile l’accesso in ragione dell’attinenza alla tutela di valori ambientali, non è fondata la pretesa a che quelle medesime informazioni vengano veicolate a favore della collettività intera. La normativa sull’accesso si è ritenuto tuteli i singoli richiedenti mentre la pretesa della pubblicazione dei dati relativi alle emissioni è chiaramente diretta a favorire la collettività nel suo insieme. Si tratta evidentemente di pronuncia antecedente all’emanazione del d.lgs. 33/2013 e forse meritevole di ridiscussione alla luce dei sopraevidenziati principi di diffusione dell’informazione ambientale ai quali si è fatto cenno poc’anzi.

Sempre in tema di diffusione del dato ambientale, è stato sottolineato da alcuni giudici di merito[74] che il sistema di “efficace pubblicità” postulato dalla Convenzione di Aarhus non coincide automaticamente con quello previsto dalla normativa nazionale, al quale, viceversa, si aggiunge, dando vita ad un peculiare meccanismo di “partecipazione collettiva alla tutela degli interessi ambientali” che sovrasta quello imposto dai singoli ordinamenti. La disposizione della Convenzione che impone che l’attività informativa in materia ambientale sia realmente “efficace” deve essere parametrata alle caratteristiche di ciascuna fattispecie concreta. Una procedura amministrativamente complessa può considerarsi “efficacemente portata a conoscenza” solo nel momento in cui il soggetto potenzialmente interessato abbia avuto esaustiva contezza di tutte le fasi in cui la procedura stessa si è articolata; un grado di conoscenza, questo, che non è certo assicurato dalla pubblicazione all’albo pretorio degli atti impugnati.

Così pure è stato affermato che la mera pubblicazione di una determinazione dirigenziale di approvazione di un progetto complessivo di coltivazione di polo estrattivo adiacente ad un sito di importanza comunitaria non è sufficiente per far scattare la presunzione di conoscenza. L’impostazione sostanziale del diritto comunitario in tema di diffusione dell’informazione ambientale agisce infatti sugli strumenti processuali nazionali facendo decorrere il termine d’impugnazione dalla conclusione della procedura di accesso agli atti, salvo che l’amministrazione non dimostri di aver già provveduto alla piena diffusione dell’informazione con i mezzi tecnologici indicati dalla direttiva[75].

 


[1] Funzionaria della Direzione Ambiente, Governo e Tutela del Territorio della Regione Piemonte.

 

[2] Corte di giustizia UE, sez. III, 28 luglio 2011, n. 71, in http://curia.europa.eu/.

 

[3] Tar Calabria, 19 settembre 2011, n. 1231, in www.giustamm.it.

 

[4] Tar Calabria 9 dicembre 2014, n. 793 in www.retembiente.it.

 

[5] Corte di giustizia europea, Grande Sezione, 14/2/2012 n. C-204/09, in www.dirittodeiservizipubblici.it.

 

[6] In riferimento alla convenzione di Aarhus si evidenzia che, proprio nel momento in cui si scrive, è in corso presso il Ministero dell’Ambiente una consultazione pubblica sul quarto rapporto di aggiornamento sull’attuazione della Convenzione in Italia.

 

[7] Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali: “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”, del 15 maggio 2014, n. 243, paragrafo 6.

 

[8] Consiglio di Stato, 12 maggio 2016, n. 1891, in www.gazzettaamministrativa.it/; sul punto vedi anche TAR Campania 5 novembre 2014, n.5671, in http://www.neldiritto.it/.

 

[9] Sulla particolare ampiezza del concetto di informazione ambientale Consiglio di Stato, sez. VI, 9 agosto 2011, n. 4727, in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Lazio, 14 marzo 2011, n. 2260, in www.ambientediritto.it; Tar Lazio, 28 giugno 2006, n. 5272, in www.ambientediritto.it..

 

[10] Così Corte di giustizia, 17 giugno 1998, C-321/96, in http://curia.europa.eu; sul concetto di ambiente in senso lato ed esteso anche alle competenze paesaggistiche, urbanistiche ed edilizie vedi Tar Toscana, sez. II, 30 luglio 2008, n. 1870, in http://www.ambientediritto.it. Molte delle pronunce giurisprudenziali citate nell’articolo sono state reperite in Albanese F. (2015) Il diritto d’accesso agli atti e alle informazioni ambientali, in www.lexambiente.com.

 

[11] Tar Marche, 17 giugno 2009, n. 577, in https://www.giustizia-amministrativa.it.

 

[12] Tar Calabria 9 dicembre 2014, n. 793 in www.retembiente.it; Tar Calabria, 6 novembre 2012 n. 652 in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Lazio Roma, Sezione III, 28 giugno 2006, n . 5272, in http://www.ambientediritto.it.

 

[13] Tar Calabria, 19 settembre 2011, n. 1231, in www.giustamm.it.; Tar Calabria, 16 dicembre 2010, n. 1724, in http://www.reteambiente.it; Tar Calabria, 17 aprile 2012, n. 396; in https://www.giustizia-amministrativa.it;Tar Lombardia, 19 novembre 2009, n. 2229 in www.ambientediritto.it..

 

[14] Consiglio di Stato, 10 febbraio 2006, n. 555, in www.ambientediritto.it.

 

[15] Tar Campania, 12 gennaio 2010, n. 68, in www.ambientediritto.it.

 

[16] Tar Campania, 21 maggio 2009, n. 2466, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[17] Tar Puglia, 5 luglio 2006, n. 2725, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[18] Tar Piemonte, 4 luglio 2008, n. 1484, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[19] Tar Lazio, 22 aprile 2014, n. 4366, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[20] Tar Campania, 14 gennaio 2016, n. 188, in www.reteambiente.it; Tar Campania, 31 marzo 2010,n. 1752 in www.reteambiente.it.

 

[21] Tar Lazio, 15 luglio 2015, n. 9471, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[22] Tar Friuli Venezia Giulia, 4 maggio 2016, n. 156; in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Lazio, 15 luglio 2015, n. 9471, in www.reteambiente.it.

 

[23] Tar Lazio, 20 febbraio 2012, n. 1692, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[24] Consiglio di Stato, 6 giugno 2012, n. 3329, in www.reteambiente.it

 

[25] Tar Lazio, 29 marzo 2011, n. 2740, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[26] Tar Lazio, sez. III, 30 dicembre 2014, n. 11646, in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Lazio, 30 dicembre 2014, n. 13273, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[27] Consiglio di Stato, sezione V, 13 settembre 2016, n. 3856, in www.tuttoambiente.it.

 

[28] Tar Bolzano, 21 dicembre 2008, n. 378, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[29] Consiglio di Stato, ordinanza 30 agosto 2011, n. 4833, in www.giustamm.it.

 

[30] Consiglio di Stato, 20 agosto 2013, n. 4181, in www.reteambiente.it.

 

[31] Consiglio di Stato, sez . III, n. 4636, del 6 ottobre 2015, in www.diritto.it.

 

[32] Tar Emilia Romagna, 4 febbraio 2013, n. 76, in www.giustamm.it.

 

[33] Consiglio di Stato, 18 ottobre 2011, n. 5571, in www.altalex.it.

 

[34] Tar Basilicata, 8 marzo 2013, n. 127 in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Marche, 22 maggio 2015, n. 431, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[35] Tar Veneto, sez .III, 17 dicembre 2015, n. 1335, in www.dirittoegiustizia.it.

 

[36] Tar Liguria, 27 ottobre 2007, n. 1870, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[37] Corte di Giustizia europea, sez. IV, sentenza 16 dicembre 2010, in www.giustamm.it.

 

[38] Corte di Giustizia Europea, Grande Sezione, 15 gennaio 2013, C-416/10, in www.dirittoambiente.it.

 

[39] Consiglio di Stato, 31 marzo 2016 n. 1261, in www.ilquotidianodellapa.it

 

[40] Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2011 n. 795, in www.giustamm.it.

 

[41] Consiglio di Stato sez. VI, 30/07/2010, n. 5062, in www.ambientediritto.it.

 

[42] Corte di Giustizia europea, sez. V, 6 ottobre 2015, C-71/14 in http://curia.europa.eu.

 

[43] Corte di Giustizia europea, Sez.Un. 19 dicembre 2013, C279/12 in http://curia.europa.eu.

 

[44] Corte di Giustizia europea, sez. II, 18 luglio 2013, C 515/11, in http://curia.europa.eu.

 

[45] Causa C-204/09: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Germania) l’ 8 giugno 2009 — Flachglas Torgau GmbH/Repubblica federale di Germania, in http://curia.europa.eu/

 

[46] Tar Lazio 30 gennaio 2012, n. 966, in www.retemabiente.it.

 

[47] Tar Calabria, 6 novembre 2012, n. 652, in www.giustamm.it.

 

[48] Tar Calabria, 9 dicembre 2014, n. 793, in www.reteambiente.it; Tar Calabria, 25 febbraio 2010, n. 133, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[49] Tar Calabria3 novembre 2009, n. 818, in www.ambientediritto.it.

 

[50] Tar Campania, Salerno, 21 dicembre 2009, n. 7985, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[51] Tar Calabria, 16 dicembre 2010, n. 1724, in www.reteambiente.it; Tar Lombardia, 20 novembre 2007, n. 6380, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[52] Consiglio di Stato, 6 giugno 2012, n. 3329, in www.ambientediritto.it.

 

[53] Tar Lazio, 19 gennaio 2011, n. 473, in www.ambientediritto.it

 

[54] Tar Lombardia, 19 novembre 2009, n. 2229, in www.ambientediritto.it.

 

[55] Articolo 251 (Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare)

1. Le regioni, sulla base dei criteri definiti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), predispongono l’anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere:

a) l’elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi;

b) l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica;

c) gli enti pubblici di cui la regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell’esecuzione d’ufficio, fermo restando l’affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica ovvero il ricorso alle procedure dell’articolo 242.

2. Qualora, all’esito dell’analisi di rischio sito specifica venga accertato il superamento delle concentrazioni di rischio, tale situazione viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all’Ufficio tecnico erariale competente.

3. Per garantire l’efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell’anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA). A norma dell’art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici» sono state sostituite dalle parole «Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» e le parole «APAT» sono state sostituite dalle parole «ISPRA».

La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. U  . 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 251 sollevata, in riferimento all’art. 117 della Costituzione e non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 251 sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione.

 

[56] Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 17 marzo 2014, n. 809, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[57] Tar Lazio, sez. III ter, 14 marzo 2014, n. 2875, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[58] Tar Lazio, sez. I ter, 10 giugno 2015, n. 7719, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[59] Tar Sicilia, 19 marzo 2010, n. 777, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[60] Tar Sicilia, 6 marzo 2014, n. 748, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[61] Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 22 febbraio 2014, n. 536, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[62] Tar Liguria, 27 ottobre 2007, n. 1870, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[63] Tar Calabria, 9 febbraio 2009, n. 122, in www.reteamabiente.it.

 

[64] Tar Campania, 31 marzo 2010, n. 1752, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[65] Tar Campania, 31 marzo 2010, n. 1752, in www.ambientediritto.it.

 

[66] Tar Veneto 28 aprile 2015, n. 460, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[67] Tar Calabria, 9 gennaio 2014, n. 38, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[68] Tar Puglia, sez. I, 8 ottobre 2009, n. 2286, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[69] Tar Catania, 748/2014, cit.

 

[70] L’articolo 5, comma 2, lett. c) del d.lgs. 195/2005 stabilisce che l’accesso debba essere negato quando la divulgazione dell’informazione rechi pregiudizio allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini per l’accertamento di illeciti.

 

[71] Tar Lazio, III ter, 6 luglio 2015, 2421, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[72] Tar Bolzano, 30 gennaio 2012, n. 38, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[73] Tar Lombardia, 17 novembre 2011, n. 1578, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[74] Tar Sardegna 11 luglio 2014, n. 599, in www.giustizia-amministrativa.it.

 

[75] Tar Lombardia, 24 agosto 2012, n. 1460, in www.giustizia-amministrativa.it.