La Corte dei Conti piemontese nega che un Comune possa erogare gratuitamente il servizio di scuolabus finanziandolo con risorse proprie

Alessandro Magrassi[1]

Sommario: 1. Introduzione – 2. La questione oggetto di parere – 3. La delibera della Sezione regionale di controllo per il Piemonte – 4. Osservazioni e commenti: la sopravvenienza della delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 25/2019.

 

 

1. Introduzione. 

La Sezione di controllo per il Piemonte della Corte dei conti ha formulato un parere richiesto dal Comune di Biandrate, in provincia di Novara, circa la possibilità di avviare un servizio di trasporto scolastico comunale senza oneri finanziari per gli utenti. I giudici contabili si sono espressi in senso negativo, ritenendo ostativo l’equilibrio finanziario richiesto, nell’erogazione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, dall’art. 117 TUEL (d.lgs. 267/2000) e indefettibile la clausola di invarianza finanziaria di cui all’art. 5 c. 2 d.lgs. 63/2017: la prima disposizione impone “l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione”, inteso dai magistrati piemontesi come un necessario bilanciamento costi-ricavi che si riflette nell’ineluttabile onerosità del servizio; l’art. 5 c. 2 d.lgs. 63/2017, più specificatamente, secondo la lettura dei giudici contabili comporta necessariamente che l’erogazione di un simile servizio avvenga “senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati”, precludendone dunque qualunque forma di gratuità e imponendone l’integrale accollo economico a carico degli utenti.

Tuttavia, una decisione di segno opposto è stata assunta più di recente dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, che con la delibera 25/2019 pare ribaltare la giurisprudenza in materia: nel presente contributo, quindi, si procederà dapprima ad analizzare la struttura e le statuizioni della Sezione di controllo per il Piemonte della Corte dei conti, per paragonarne poi le conclusioni con quanto affermato dai giudici contabili della Sezione delle Autonomie.

 

2. La questione oggetto di parere. 

Il Sindaco del Comune di Biandrate ha formulato una richiesta di parere ai giudici contabili in data 17 aprile 2019, pervenuta alla Sezione di controllo per il Piemonte della Corte dei conti per il tramite del Consiglio delle Autonomie locali del Piemonte in data 6 maggio 2019. Il sindaco ha riferito circa un progetto, da avviare in via sperimentale, inerente al trasporto scolastico: completato recentemente un nuovo complesso scolastico, comprensivo di scuola d’infanzia, primaria e secondaria, l’Amministrazione ha infatti considerato la possibilità di avviare un servizio “scuolabus”, ossia di pubblico trasporto dedicato esclusivamente agli alunni, per agevolare l’accesso al nuovo edificio, con partenza dalla piazza attigua alla precedente struttura scolastica.

Il Comune ha formulato richiesta di parere alla Sezione regionale di controllo per il Piemonte della Corte dei conti circa la copertura dei costi di tale servizio, domandando ai giudici “se le quote di partecipazione finanziaria correlate al servizio che verranno erogate dall’utenza dovranno completamente concorrere alla copertura integrale della spesa del medesimo”, stante il principio di invarianza finanziaria di cui all’art. 5 c. 2 d.lgs. n. 63/2017,[2] che impone di organizzare i servizi di trasporto pubblico “senza determinare nuovi e maggiori oneri per gli Enti territoriali” e di coprire integralmente i costi complessivi del servizio attraverso quote di partecipazione diretta dell’utenza.

 

3. La delibera della Sezione regionale di controllo per il Piemonte.

Il giudice contabile piemontese, dopo essersi espresso in senso positivo circa l’ammissibilità oggettiva e soggettiva della richiesta di parere, avvia l’analisi del merito della questione, soffermandosi anzitutto sulla possibilità di configurare o meno il servizio di trasporto scolastico come servizio economico a domanda individuale:[3] con tale locuzione si fa riferimento a servizi pubblici non indispensabili, la cui erogazione non è obbligatoria per l’ente essendo, al contrario, rimessa a sue autonome valutazioni, avuto riguardo dei propri doveri di vincoli di bilancio e delle proprie capacità di spesa. Ad assistere nella delimitazione concreta di tale categoria soccorre il d.m. 31 dicembre 1983: emanato dal Ministero dell’Interno di concerto con i Ministeri del Tesoro e delle Finanze, in attuazione della legge 26 aprile 1983 n. 131 (a sua volta testo normativo di conversione del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55), la fonte ministeriale espressamente consiste in “un decreto che individui esattamente le categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale, per i quali gli enti locali sono tenuti a chiedere la contribuzione degli utenti, anche a carattere non generalizzato”, e delinea quali servizi siano da considerarsi tali.[4]

I giudici contabili piemontesi, si diceva, si interrogano sull’effettiva natura del servizio de quo, arrivando a esprimersi in termini di certezza, citando giurisprudenza precedente,[5] circa il fatto che il servizio di trasporto scolastico sia un servizio pubblico di trasporto e non un servizio pubblico a domanda individuale, non rientrando nell’invero puntuale elencazione operata dal decreto ministeriale richiamato.

Orbene, se fosse stato ricompreso in tale categoria, avrebbe dovuto essere assoggettato ai relativi vincoli normativi e finanziari prescritti dall’art. 6 d.m. 131/1983, che impone la contribuzione degli utenti attraverso tariffe. Essendo invece il servizio di scuolabusun servizio pubblico non a domanda individuale ne deriva, ad avviso dei giudici, che debba vedersi applicato il dettato dell’art. 117 TUEL[6] (d.lgs. 267/2000), con un esito, tuttavia, macroscopicamente simile (differendo le discipline di dettaglio e le modalità concrete) a quanto sarebbe stato prescritto se si fosse trattato di un servizio a domanda individuale, determinando la norma, secondo i giudici piemontesi, la necessaria onerosità del servizio.[7]

La delibera in esame considera anche una disposizione più specifica applicabile alla fattispecie concreta, rinvenibile nel recente d.lgs. 63/2017, il cui art. 5 c. 2 prescrive, per la magistratura contabile, “una disciplina specifica, che si innesta nell’ampio perimetro disciplinato dall’articolo 112 del TUEL, il quale attribuisce agli enti la gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni e delle attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. Anche seguendo questa regolamentazione di dettaglio, a parere dei giudici piemontesi, l’esito è comunque non dissimile da quanto sopra riportato: il richiamato comma introduce, infatti, nel sistema giuridico una clausola di cosiddetta “invarianza finanziaria”, che impone, nell’erogazione del servizio di trasporto scolastico, di porre a carico delle famiglie degli alunni i relativi costi, non potendo essi andare a gravare sul bilancio degli enti territoriali di cui trattasi.

Il servizio di scuolabus, dunque, potrebbe essere posto in essere dal Comune unicamente garantendo la totale copertura dei costi con il pagamento di una quota diretta onerante i cittadini interessati: quota la quale, concludono i giudici, “nel rispetto del rapporto di corrispondenza tra costi e ricavi, non può non essere finalizzata ad assicurare l’integrale copertura dei costi del servizio”. Non sarebbe rispettoso della disciplina a riguardo, dunque, neppure una copertura parziale dei costi operata dal Comune (alternativa, apparentemente, quantomeno ipotizzata dal sindaco stesso nella formulazione della sua richiesta di parere, laddove domanda “se le quote di partecipazione finanziaria correlate al servizio che verranno erogate dall’utenza dovranno completamente concorrere alla copertura integrale della spesa del medesimo”; in quel “completamente” risiede la suggestione di una possibile copertura quantomeno parziale dei costi da parte del Comune), e nulla dice la delibera circa una possibile modulazione della tariffa del servizio a seconda delle disponibilità economiche degli utenti: ciò che emerge, dunque, è unicamente la necessità di un integrale accollo dei costi di un simile servizio a carico degli utenti.

 

4. Osservazioni e commenti: la sopravvenienza della delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 25/2019. 

La questione involge la materia dei servizi pubblici locali, prestazioni erogate e gestite dagli enti territoriali, in ossequio al principio di sussidiarietà,[8] in risposta a specifiche esigenze dei cittadini meritevoli di tutela come, nel caso in esame, l’istruzione, garantita e tutelata dall’art. 34 della Costituzione.

In particolare, nel caso di specie tale diritto va a incontrarsi (e scontrarsi) con il principio di pareggio di bilancio, consacrato dal novellato art. 81 della Costituzione e ripreso dalle norme inerenti ai servizi pubblici locali citate dai giudici piemontesi, l’art. 117 TUEL e l’art. 5 d.lgs. 63/2017. La tensione tra i due poli opposti dei costi dei servizi pubblici, da un lato, e della necessità di pareggio di bilancio, dall’altro, verte per lo più sull’annosa questione di stabilire quanto il welfare state debba retrocedere a favore dell’equilibrio finanziario e, quindi, della riduzione (o per lo meno, dello scongiurato aumento) di uno dei debiti pubblici più elevati al mondo[9] (questione, invero, che si ripropone annualmente nel dibattito politico in occasione di ogni legge finanziaria).[10]

La giurisprudenza costituzionale ha più volte avuto modo[11] di esprimersi su questioni inerenti tale tematica, rilevando come un necessariamente adeguato finanziamento agli enti locali per l’erogazione dei servizi sia essenziale a rendere effettivo il principio di buon andamento della pubblica amministrazione (per altro, lo stesso principio esige che tali risorse siano poi efficacemente allocate); al contrario, lasciare “scoperti” alcuni servizi pubblici di un adeguato finanziamento cagionerebbe un’insopportabile lesione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, non potendo alcuni cittadini per ragioni meramente economiche godere a pieno di diritti garantiti dalla Carta costituzionale.[12]

Il tema va affrontato tenendo conto di possibili soluzioni di compromesso: vi sono certamente due modalità opposte nell’erogazione dei pubblici servizi, una che comporta l’addossamento integrale dei costi sugli utenti, con tariffe in grado di coprire interamente il prezzo del servizio, l’altra prestazioni completamente gratuite, tutte gravanti sulle casse del Comune; tra queste due possibilità antitetiche, tuttavia, vi è un ampio ventaglio di soluzioni differenti: il Comune, a titolo esemplificativo, potrebbe coprire parte dei costi per realizzare tariffe agevolate, oppure per garantire un servizio gratuito alle famiglie con un reddito particolarmente basso, ferma restando la piena contribuzione degli utenti con un Isee superiore a una certa soglia.

Anche il termine “gratuità”, in effetti, abbisogna di alcune specificazioni. Occorre risalire a una pronuncia lontana nel tempo, ma tutt’oggi valida per principi di diritto enunciati, della Corte costituzionale: circa la gratuità del diritto all’istruzione, il Collegio si era pronunciato in termini chiari nella sentenza n. 7/1967, dandone un’interpretazione restrittiva e letterale nel senso in cui l’istruzione, almeno fino alla conclusione della scuola dell’obbligo, deve essere garantita come assolutamente gratuita per gli utenti. A carico dei genitori potranno gravare, al più, gli oneri strumentali a tale diritto, come l’acquisto del materiale scolastico: tuttavia, anche in tal senso e nell’accesso ai gradi di istruzione superiore, lo Stato deve modulare i costi dei propri servizi, prevedendo “provvidenze” in grado di assistere i nuclei famigliari più in difficoltà e gli studenti meritevoli.

Orbene, rileviamo fin d’ora che questo concetto di modulazione dei costi dei servizi pubblici non si rinviene nella decisione esame di commento: i giudici contabili sono stati alquanto tranchant nell’affermare che la copertura del servizio deve pesare integralmente sull’utenza; un approccio piuttosto ermetico e poco duttile, difficilmente in grado di adattarsi alle esigenze di contemperamento tra valori costituzionali proprie di una materia così delicata. Una simile presa di posizione non pare tenere adeguatamente conto delle differenze di capacità contributive, tanto delle famiglie quanto dei Comuni: la pronuncia della Sezione di controllo del Piemonte sembra precludere a qualunque compromesso, stabilendo che in nessun caso, dunque neppure qualora un Comune abbia le capacità finanziarie adeguate per coprire tali costi o la famiglia di un alunno non abbia le capacità contributive minime per sopportare le tariffe, il servizio di trasporto scolastico possa essere erogato gratuitamente; una presa di posizione che, lungi dal necessario approccio di bilanciamento degli interessi costituzionali in contrapposizione, sacrifica integralmente la possibilità di erogare un servizio quantomeno strumentale a un diritto fondamentale come quello allo studio in nome della necessità di pareggio di bilancio.

Mosse tali osservazioni, è opportuno quindi rivolgere l’attenzione a una più recente pronuncia, proveniente dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti romana, che sembrerebbe confermare un eccesso di tutela delle esigenze di bilancio da parte dei giudici contabili piemontesi. Con la delibera 25 del 2019, pronunciata a seguito di adunanza in data 7 ottobre 2019, i magistrati capitolini pongono l’attenzione sugli articoli 2 e 3 del citato d.lgs. 63/2017: il primo dispone che“lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, devono programmare gli interventi per il sostegno al diritto allo studio delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti al fine di fornire, su tutto il territorio nazionale, una serie di servizi”, [13]; servizi tra i quali l’art. 2 c.1 alla lettera a) pone proprio, come funzionali al diritto allo studio, i “servizi di trasporto e forme di agevolazione della mobilità”, i quali, ai sensi del successivo art. 3, devono essere“erogati in forma gratuita ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, anche tenendo conto dell’indice Isee,“ferma restando la gratuità totale qualora già prevista a legislazione vigente”.[14]Ne consegue, come illustrano i giudici contabili, che “in ragione del combinato disposto degli artt. 2, co. 1, lett. a), e dell’art. 3 successivo, detti servizi dovrebbero, quindi, essere erogati in forma gratuita oppure con contribuzione delle famiglie, previa individuazione dei criteri di differenziazione per le tariffe”.[15] Questi dati normativi, d’altra parte, vanno letti a mente della Carta fondamentale, che all’art. 34 della Costituzione stabilisce al primo comma il libero accesso all’istruzione e, al secondo, la sua obbligatorietà e gratuità.

Orbene, pare innegabile che, per lo meno per gli anni della scuola dell’obbligo, impedire a posteriori una qualunque forma di gratuità del servizio scuolabus sia una discutibile mancanza di rispetto del dettato costituzionale: imporre agli enti locali di assoggettare a tariffe onerose per l’utenza un servizio talvolta fondamentale perché gli alunni possano accedere alla scuola (la mente va alle zone più rurali o ai Comuni più frazionati) non solo pare ictu oculi poco armonioso con la gratuità dell’educazione scolastica, ma implica altresì un’insopportabile squilibrio, rendendo de facto il diritto allo studio di cui all’art. 34 della Costituzione di agevole godimento solo per quelle famiglie che possono permettersi tali costi. L’art. 3 Cost., lo ricorda anche la delibera richiamata, non solo sembra inconciliabile con una simile soluzione del problema, ma al contrario, in ossequio al principio di uguaglianza (letto alla luce del principio di ragionevolezza) impone agli enti pubblici di rimuovere gli ostacoli di ordine economico che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, quale sarebbe il pagamento di una tariffa per una famiglia non abbiente.

D’altra parte, imporre al contrario la gratuità del servizio potrebbe essere eccessivamente oneroso per i Comuni con inferiori capacità di spesa; la soluzione più ragionevole, insomma, appare lasciare un’ampia discrezionalità ai Comuni di regolarsi come meglio ritengono, modulando l’erogazione del servizio secondo le proprie disponibilità. Di qui, ad esempio, il richiamo all’eventualità di una tariffazione in base alle fasce Isee formulato nella pronuncia riportata,[16] per altro ossequioso del dettato normativo sopra riportato che prevede espressamente tale possibilità.[17] Per altro, rivolgendo nuovamente lo sguardo alla giurisprudenza costituzionale, è utile osservare come recenti pronunce, tra cui si può citare la sentenza della Corte costituzionale 188/2015, si siano dimostrate assai sensibili alle esigenze di spesa delle realtà locali: nell’ambito di risorse destinate agli enti locali, la Corte ha posto al centro dell’attenzione l’erogazione dei servizi e le spese necessarie, con un approccio al bilancio che parte dalla realtà territoriale, quantifica i costi necessari e si muove verso le scelte legislative di enti superiori (le Regioni per le Province, ad esempio) che assumono decisioni di spesa considerando tali esigenze;[18] pronunce implicanti un approccio culturale che non antepone il bilancio o il ricavo all’erogazione di servizi, ma anzi pone il primo in posizione ancillare, strumentale della seconda, considerando come punto di partenza di una qualunque analisi sul tema le necessità del territorio. Pur se muove da presupposti differenti,[19] astraendo i principi generali sottesi pare una prospettiva ben differente da un diniego tout court ai Comuni di poter impegnare le proprie risorse in qualsiasi modo per garantire ai residenti di usufruire di un servizio a tariffe agevolate o, perché no, addirittura gratuitamente.

Proseguendo con l’analisi della pronuncia richiamata della Sezione delle Autonomie, essa opera una diversa lettura rispetto ai colleghi del Piemonte della clausola di invarianza finanziaria di cui all’art. 5 c. 2 d.lgs. 63/2017, apparentemente invalicabile ostacolo normativo individuato dal parere qui oggetto di commento alla possibilità per il Comune di finanziare, in tutto o in parte, un servizio pubblico di trasporto scolastico. La delibera 25/2019 fa rilevare come, seppur in altri contesti, tale clausola non sia stata interpretata dalla magistratura contabile[20] come assolutamente preclusiva di nuove o maggiori spese, bensì come meramente limitativa della possibilità di porre in essere simili esborsi qualora esondino dalle ordinarie risorse finanziarie che garantiscono l’equilibrio di bilancio: in altri termini, la summenzionata disposizione è stata intesa nel senso di obbligare a sottoporre a coperture dell’utenza quei servizi che l’ente non riesce a far rientrare nelle proprie capacità finanziarie; non “erogare in rosso”, alle estreme semplificazioni. Questo non costituisce un generico divieto di nuove spese, purché trovino poi una qualche copertura finanziaria, ma che non deve essere necessariamente direttamente derivante da introiti contestualmente previsti: nel caso in esame, è possibile prevedere una nuova spesa (come il servizio scuolabus) purché sia coperta finanziariamente dalle capacità generale di spesa dell’ente, non necessariamente dalla previsione di tariffe ad essa legate (e, dunque, dall’onerosità del servizio di trasporto).

Una simile soluzione sembra ben più rispettosa del dettato costituzionale e del sistema di principi e valori basilari della Repubblica, per come sopra richiamati, rispetto a una chiusura netta alla possibilità di erogare con costi propri (e non tutti a carico dell’utenza) il servizio di scuolabus: l’ente locale non “dovrà”, ma “potrà” considerare la possibilità di non assoggettare tale servizio ad alcuna tariffa, oppure farlo ma con sistemi considerativi delle capacità di spesa del singolo contribuente, agevolando le fasce di reddito più basse.[21]

Pare dunque difficile negare la correttezza giuridica delle massime conclusive della delibera di ottobre della Sezione delle Autonomie, che si pongono in netto contrasto con quanto affermato dalla Sezione di controllo per il Piemonte della Corte dei conti sopra analizzata: Gli Enti locali, nell’ambito della propria autonomia finanziaria, nel rispetto degli equilibri di bilancio (…) e della clausola d’invarianza finanziaria, possono dare copertura finanziaria al servizio di trasporto scolastico anche con risorse proprie (…). (…) la quota di partecipazione diretta dovuta dai soggetti beneficiari per la fruizione del servizio può anche essere inferiore ai costi sostenuti dall’Ente per l’erogazione dello stesso, o nulla o di modica entità, purché individuata attraverso meccanismi, previamente definiti, di gradazione della contribuzione degli utenti in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui gli stessi versano”.

Va rilevato come la Sezione delle Autonomie si sia potuta avvalere, nell’orientarsi verso questa soluzione, di una recente novella normativa ossia il cosiddetto “decreto scuola”: trattasi di un decreto-legge rubricato “Misure di straordinaria necessità ed urgenza nei settori dell’istruzione, dell’università, della ricerca e dell’alta formazione artistica musicale e coreutica”, approvato dal Consiglio dei ministri il 6 agosto 2019 e per il quale era stata prevista la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale entro il 28 agosto e che avrebbe dovuto contenere, all’art. 5, disposizioni che suggerivano una simile soluzione della problematica sopra esposta. Il previsto termine era trascorso inutilmente, con la conseguente mancata entrata in vigore della norma, tuttavia potrebbe dirsi ripresa dall’art. 4 d.l. 126/2019, dal seguente tenore letterale: “Fermo restando l’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, la quota di partecipazione diretta dovuta dalle famiglie per l’accesso ai servizi di trasporto degli alunni può essere, in ragione delle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata, inferiore ai costi sostenuti dall’ente locale per l’erogazione del servizio, o anche nulla, purché sia rispettato l’equilibrio di bilancio di cui all’articolo 1, commi da 819 a 826, della legge 30 dicembre 2018, n. 145”. La portata di tale novella legislativa sul tema è evidente, laddove chiaramente stabilisce la possibile modulazione degli oneri a carico delle famiglie in ragione delle loro capacità finanziarie, finanche all’annullamento completo delle quote partecipative dirette. Stante il dibattito che già la restrittiva decisione della Sezione regionale piemontese della Corte dei conti oggetto di commento aveva suscitato tra i Comuni, il citato dettato normativo è stato non a caso ribattezzato “norma salva scuolabus” e accolto con favore da realtà associative degli enti locali come l’Anci, tanto della sua sezione piemontese, quanto dell’associazione nazionale.[22]

In conclusione, se già solo con l’esegesi meno restrittiva della clausola di invarianza finanziaria sopra riportata e una più attenta considerazione del bilanciamento degli interessi costituzionali involti legittimi dubbi potevano essere avanzati circa la delibera 46/2019 della Sezione piemontese della Corte dei conti, considerando altresì le persuasive argomentazioni mosse a riguardo dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti e una simile novella normativa quale il d.l. 126/2019, non permane nessun dubbio circa l’attuale libertà dei Comuni di erogare il servizio di trasporto scolastico con una modulazione dei costi discrezionale. Per altro, il decreto disciplina espressamente il trasporto degli alunni, ma se questa specialità conduca a escludere da una simile disciplina tutti i pubblici servizi che non godono di un’espressa previsione normativa di tal guisa o, al contrario, anche in assenza di un analogo dettato normativo le osservazioni sopra esposte permetterebbero di estendere tale disciplina anche ad altri servizi pubblici, è una questione che rimane aperta e che merita sicuramente una trattazione a sé stante.


 


[1] Dottorando di ricerca presso l’Università del Piemonte Orientale.

 

[2]“(…) Le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati. 3. Tale servizio è assicurato nei limiti dell’organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati”, art. 5 c.2 D.lgs. n. 63/2017.

 

[3] Tra gli altri, Manzi B. (2012), Per un nuovo modello di governance del territorio: il sistema delle autonomie territoriali per un assetto federale dello stato in un’economia di mercato, Roma, Gangemi, pag. 45; Maurini G. (2008), Il controllo sulla gestione degli enti locali e la misurazione dell’attività, Milano, Giuffrè, pag. 171.

 

[4] La disposizione ricomprende un primo elenco di servizi a domanda individuale (“gli asili nido, i bagni pubblici, i mercati, gli impianti sportivi, i trasporti funebri, le colonie ed i soggiorni, i teatri ed i parcheggi comunali”), indica poi alcuni principi generali per riconoscere tali servizi (“sono invece esclusi dalla disciplina ivi prevista i servizi gratuiti per legge statale o regionale, quelli finalizzati all’inserimento sociale dei portatori di handicap, quelli per i quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, diritti o di prezzi amministrati ed i servizi di trasporto pubblico; (…) per servizi pubblici a domanda individuale devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall’ente, che siano poste in essere non per obbligo istituzionale, che vengono utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale; Ritenuto che non possono essere considerati servizi pubblici a domanda individuale quelli a carattere produttivo”) e conclude infine con una lista dettagliata, d.m. 31 dicembre 1983).

 

[5] Sezione Controllo Campania, Delibera 222/2017; Sezione Controllo Sicilia, Delibera 178/2018.

 

[6] “1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione (…)”, art. 117 c.1 TUEL.

 

[7] L’art. 117 TUEL prescrive la necessità di equilibrio finanziario nella valutazione dei piani tariffari previsti per i servizi pubblici erogati: non solo è impossibile, dunque, ipotizzare un servizio di trasporto scolastico gratuito, ma al contrario è necessaria la previsione di adeguati oneri a carico dell’utenza,  in misura tale da (citando il dettato del primo comma del richiamato articolo) “assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione”; un approdo, proseguono i giudici, confortato da copiosa giurisprudenza contabile (Sezione regionale di controllo (Src) Sicilia n. 115/2015/PAR, Src Molise n. 80/2011, Src Campania n. 7/2010/PAR) e amministrativa (Cons. Stato, Sez. V, n.2537/2012 n. 2537).

 

[8] Sul tema, tra gli altri Calamia A. – Mastrofini R. (2004), La riforma dei servizi pubblici locali (forme di gestione, modulistica e giurisprudenza),Halley, Macerata, pag. 29 ss.

 

[9] Precisamente, quarto al mondo nel 2018 (fonte: sito “Trading economics”, tabella all’indirizzo web https://it.tradingeconomics.com/country-list/government-debt-to-gdp).

 

[10] Sul punto, si suggerisce la sentenza 275 del 16 dicembre 2016 della Corte costituzionale: chiamato a pronunciarsi sull’inconciliabilità a livello locale (specificatamente in Abruzzo) tra l’erogazione gratuita del servizio di trasporto scolastico per studenti disabili e il principio dell’equilibrio di bilancio), il giudice delle leggi ha nettamente ritenuto prevalente il primo diritto invocato, asserendo chiaramente che “la pretesa violazione dell’art. 81 della Costituzione è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio (…). È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione” (Corte costituzionale 275/2016, par. 11). D’altra parte, se è vero per certa dottrina che “non ci sono dubbi (…) sul carattere assolutamente gratuito del trasporto scolastico dei disabili nell’ambito del diritto-dovere all’istruzione” (Sciancalepore C. (2012), Il trasporto scolastico, San Marino, Maggioli, pag. 58.) , nel caso oggetto di commento di questo contributo si tratta del trasporto “generico”, degli alunni non affetti da particolari patologie; fasce “non deboli”, insomma, o comunque non tanto quanto gli alunni disabili, per il trasporto dei quali sono spesso necessarie spese e strumenti non alla portata di tutte le famiglie. (sulla sentenza citata, Madau L., “È la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. Nota a Corte costituzionale 275/2016”, in Rivista AIC, 1/2017, liberamente consultabile online all’indirizzo https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/Madau%20definitivo.pdf; Furno E., Pareggio di bilancio e diritti sociali: la ridefinizione dei confini nella recente giurisprudenza costituzionale in tema di diritto all’istruzione dei disabili, in Nomos, 1/2017, liberamente consultabile online all’indirizzo http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2017/05/Furno-pareggio-di-bilancio-1.pdf. Allargando il campo, si consiglia sulla parabola del denaro che da mezzo diviene fine Zagrebelsky G. (2014), Contro la dittatura del presente, Laterza, Roma, pp. 6-9).

 

[11] Ex multis, Corte costituzionale 188/2015, Corte costituzionale 10 / 2016.

 

[12] Circa la convinzione dell’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo degli alunni disabili a giovare di un trasporto scolastico gratuito, con una rassegna di giurisprudenza sul punto e alcune interessanti osservazioni (per quanto riferite esclusivamente agli alunni gravati da patologie), si consiglia Nocera S. (2015), Il diritto alla partecipazione scolastica, Key Editore, Firenze, , pag. 55 ss.

 

[13] Art. 2 d.lgs. 63/2017.

 

[14] Art. 3 d.lgs. 63/2017.

 

[15] Delibera 25/2019, Corte dei conti Sezione delle Autonomie, par. 2.4.

 

[16] Paragrafi 2.4, 2.6, delibera 25/2019 Corte dei Conti Sezione Autonomie.

 

[17] Art. 3 d.lgs. 63/2017.

 

[18] In tal senso, Boggero G., Una sentenza manipolativa di bilancio: la Corte costituzionale “soccorre” le province piemontesi, in Giurisprudenza costituzionale, 4/2015, pag. 1466.

 

[19] Nel caso citato la Provincia di Alessandria (e, pur essendosi costituita fuori termine, la Provincia del Verbano Cusio Ossola) lamentava eccessivi tagli operati ai fondi a lei destinati per l’assolvimento delle proprie funzioni istituzionali, nel corso degli anni, dalla Regione Piemonte; lamentele accolte dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto la diminuzione di capacità economica delle province troppo drastica (67% in tre anni) per poter essere ritenuta compatibile con i principi di autonomia, efficienza e ragionevolezza senza solide motivazioni, qui non pervenute.

 

[20] La Corte richiama, a titolo esemplificativo, Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione 102/2019/PAR.

 

[21] Lo stesso Tar Piemonte, nel sollevare questione di legittimità costituzionale circa l’insufficienza dei finanziamenti garantiti con legge regionale alle province con l’ordinanza 141/2015 (una delle tre che avrebbe dato impulso alla citata sentenza Corte costituzionale 10/2016), ha rilevato come “il ruolo delle autonomie locali, quale attualmente disegnato dalle richiamate norme costituzionali, non può considerarsi compatibile con una drastica riduzione dei servizi che gli Enti locali sono chiamati a fornite ai cittadini, giustificata esclusivamente da considerazioni di carattere finanziario”(Tar Piemonte, ord. 141/2015, par. 2.1.).

 

[22] Cristina Giachi, vicesindaco di Firenze nonché presidente della commissione Istruzione, politiche educative ed edilizia scolastica dell’Anci, esaltando il ruolo dell’Anci nel porre in rilievo la portata aprioristicamente preclusiva per i Comuni della delibera 46/2019, ha rilevato la portata chiarificatrice della novella legislativa citata, in una tematica confusa e oscura, e ne ha posto in rilievo l’indubbia capacità di permettere “ai Comuni, nell’ambito della propria autonomia e nel rispetto degli equilibri di bilancio, di assicurare alle famiglie un servizio fondamentale potendo integrare le spese per lo scuolabus gratuito alle famiglie”; sul punto, Pellicanò G., 07/08/2019, Giachi: “Norma ‘salva scuolabus’ nel decreto scuola è risultato importante per i Comuni”, disponibile sul sito dell’Associazione nazionale comuni italiani all’indirizzo http://www.anci.it/giachi-norma-salva-scuolabus-nel-decreto-scuola-e-risultato-importante-per-i-comuni/.