Le principali novità contenute nella legge di riordino piemontese delle funzioni amministrative provinciali (l. r. 23/2015)

Erminia Falcitelli1

 

Il 29 ottobre scorso è entrata in vigore la legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23 “Riordino delle funzioni amministrative conferite alle province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni)”.

Con tale legge la Regione Piemonte intende dare una prima attuazione a quel processo avviato dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, che riguarda il riordino degli enti territoriali in generale e, in particolare, le province e la Città metropolitana, Ente con dignità costituzionale, mai realizzato.

La legge 56 si è posta come una tappa intermedia di un processo di semplificazione dell’ ordinamento degli enti territoriali, che ha disegnato un primo “schema” di quello che sarà il nuovo sistema istituzionale della Repubblica, senza arrivare alla soppressione degli enti intermedi o aree vaste. L’intervento disposto dalla l. 56, che peraltro ha solo determinato l’avvio della nuova articolazione di enti locali, al quale potranno e “dovranno” seguire più incisivi interventi di rango costituzionale − è stato necessariamente complesso (Corte costituzionale sentenza n. 50/2015).

In tale scia si pone anche la legge regionale piemontese di attuazione della legge “c.d. Delrio”, la quale non può che rappresentare una prima tappa, almeno per le province, di un percorso più complesso nel quale la riforma del titolo V della Costituzione, con il superamento della legislazione concorrente fra Stato e regioni, la configurazione di un diverso assetto dello Stato e delle Regioni e la cancellazione della Provincia dalla Costituzione quale ente costitutivo della Repubblica, costituirà lo snodo fondamentale, che consentirà agli attori principali, Stato e Regione, di completare e rimodulare ulteriormente le scelte legislative di loro competenza. 

Tuttavia, la Regione cogliendo lo spirito della legge 56 di forte cambiamento del sistema degli Enti locali e nella consapevolezza delle principali criticità segnalate dalla Corte dei Conti (Deliberazione n. 17/SEZAUT/2015/FRG), tra le quali sicuramente la mancata attuazione del principio di sussidiarietà da parte di alcune Regioni, in sede di attuazione delle loro leggi regionali, ha voluto ridisegnare un sistema territoriale, da un lato di conferma in capo alle province ed alla Città metropolitana della gran parte delle funzioni gestite sulla base della legislazione regionale oggi vigente, in quanto connaturali all’ente di area vasta ma, al contempo, iniziare a delineare uno scenario già in una prospettiva che tiene conto delle innovazioni della riforma, in corso di approvazione, del titolo V della Costituzione.

Ecco allora che in una fase storica caratterizzata da una forte riduzione delle risorse finanziarie, che se non affrontata con nuovi strumenti rischia di “spegnere” ogni ente, la legge regionale introduce nella realtà piemontese nuovi modelli organizzativi per la gestione delle funzioni ex provinciali: gli ambiti territoriali ottimaliper l’esercizio delle funzioni confermate, attribuite e delegate alle province (art. 3, l. 23/15).

Il nuovo modello organizzativo prevede tre aree vaste (ambito 1: Novarese, Vercellese, Biellese e Verbano-Cusio-Ossola; ambito 2: Astigiano e Alessandrino; ambito 3: Cuneese) oltre alla Città metropolitana di Torino, coincidenti con gli ambiti territoriali ottimali già individuati, sulla base di studi elaborati dall’Ires, dal Consiglio delle Autonomie locali in occasione delle proposte di riordino delle circoscrizioni provinciali, formulate in applicazione dell’art. 17, comma 3, d.l. 95/2012.

Nelle aree vaste, che ricomprendono più province, è introdotto l’obbligo di gestione associata delle funzioni conferite dalla Regione, da attuarsi attraverso un processo partecipato anche dalla Regione di costruzione di una intesa fra le province interessate, che definisca criteri generali e modalità della gestione associata, garantendo la giusta attenzione ad una equa ripartizione delle responsabilità fra le province. L’intesa dovrà essere sottoscritta dalla Regione e dalle province entro sei mesi dall’approvazione della legge, previa acquisizione del parere della Commissione consiliare competente, ed approvazione della Giunta regionale e dei competenti organi delle province. Le province dovranno, in seguito, dare attuazione all’intesa entro un mese dalla sua sottoscrizione, attraverso la stipula di accordi per ogni ambito con cui sono definiti gli aspetti organizzativi di dettaglio, compresa l’istituzione di uffici comuni.

L’obbligo della gestione associata è reso cogente dalla previsione, in caso di mancato accordo, dell’assunzione diretta della gestione delle funzioni da parte della Regione; si tratta infatti di stimolare gli enti a farsi protagonisti di un processo di riqualificazione e rilancio del ruolo dell’ente di area vasta che, in una realtà come quella piemontese, è essenziale per il raccordo delle frammentate realtà comunali.

Altra peculiarità della legge è contenuta nell’art. 9 dedicato alla Specificità della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.  Alla provincia del Verbano-Cusio-Ossola viene garantita la piena operatività dello status particolare di autonomia riconosciutole con la l.r. 8/2015 e, quindi, sono riconosciute funzioni amministrative ulteriori in ragione della sua caratteristica di provincia montana e confinante con due Paesi stranieri. La peculiarità è poi ribadita con la norma che prevede per alcune funzioni confermate in capo alle province la gestione da parte del VCO in forma singola, anziché associata.

In virtù della specificità riconosciuta alla Provincia del VCO, sono attribuite alla stessa compiti e funzioni che rispecchiano e valorizzano le peculiarità territoriali, economiche e sociali e che riguardano principalmente profili connessi alla predisposizione ed approvazione del piano forestale territoriale, alla definizione delle scelte prioritarie d’intervento sul territorio finalizzate alla realizzazione delle azioni forestali nell’ambito dei piani di sviluppo socioeconomico, all’approvazione del piani forestali aziendali, nonché ad una serie di compiti in materia di usi civici correlati al rilascio delle autorizzazioni alle alienazioni ed alla definizione delle conciliazioni stragiudiziali e nell’ambito della formazione professionale le funzioni relative alla partecipazione all’individuazione dei fabbisogni formativi dei lavoratori transfrontalieri, tutte funzioni che, in via ordinaria, la disciplina vigente assegna alla titolarità regionale.

Nell’ambito della materia ambientale è altresì, delegata al VCO, la gestione delle aree della rete Natura 2000, fatta eccezione per quelle territorialmente coincidenti, in tutto o in parte, con le aree naturali protette regionali o nazionali. La delega si attiva con le procedure ed i meccanismi previsti dall’art. 41 della l.r. 19/2009.

A completamento del quadro sinteticamente descritto, alla Provincia del VCO, in deroga alla disposizione sull’obbligatorietà dell’esercizio in forma associata delle province di cui all’articolo 3, è inoltre conferito l’esercizio di ulteriori funzioni da svolgere in forma singola, funzioni concernenti in particolare l’energia (autorizzazioni degli impianti a biomassa di piccola e media taglia connessi alla filiera legno bosco-energia) e le attività estrattive (funzioni autorizzative in materia di cave e torbiere).

Infine, correlata alle esigenze dettate dalla sua particolare collocazione geografica, al VCO è garantita, per il tramite della Regione, la partecipazione agli organismi di indirizzo e coordinamento interessanti le iniziative transfrontaliere promosse dalla Commissione europea, incluso il programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera.

Completa il nuovo assetto istituzionale territoriale locale il riconoscimento di un ruolo di sviluppo strategico del territorio metropolitano assegnato alla Città metropolitana di Torino (art. 4).

In coerenza con coloro che hanno individuato il carattere innovativo della riforma nella città metropolitana, ente di area vasta “forte” con finalità di governo e di indirizzo del territorio, il cui ruolo è concentrato essenzialmente sullo sviluppo, ma comunque ente a finalità definite, sono state attribuite dalla legge regionale funzioni che attengono più specificatamente allo sviluppo strategico del territorio e di coordinamento dei comuni e delle loro forme associative.

In particolare l’art. 5 della legge attribuisce specifiche funzioni in materia di usi civici e di foreste, nonchè funzioni  in materia di formazione professionale ed in materia di ambiente; la gestione, con le modalità di cui all’art. 41 della legge regionale 29 giugno 2009 n. 19 (Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità), delle aree della rete Natura 2000, fatta eccezione per le aree territorialmente coincidenti, in tutto o in parte, con le aree naturali protette regionali o nazionali, per le aree ricadenti nel territorio di più province e per le aree la cui gestione è già stata delegata ad altri enti alla data di entrata in vigore della presente legge.

Per quanto concerne le modalità di esercizio e l’organizzazione delle funzioni amministrative in materia di trasporto pubblico locale, l’articolo rinvia alle disposizioni stabilite dalla l.r. 1/2000 che costituiscono la normativa di settore a cui fare riferimento nella specifica materia.

In ogni caso, è stata prevista una norma aperta(art. 4, co. 2)  che consentirà a Regione e Città metropolitana di concordare le principali azioni e progetti di interesse della Città metropolitana per il sostegno e lo sviluppo socio-economico sostenibile del territorio di competenza; tali intese costituiranno il quadro delle iniziative programmatiche e degli interventi regionali volti al rafforzamento della competitività e della coesione sociale del territorio metropolitano. Tale norma permetterà alla regione di mantenere “un dialogo costante e continuo con la città metropolitana di Torino, sia per condividere i progetti di sviluppo, sia per assicurare un efficace coordinamento tra le scelte relative all’intero territorio regionale e il progetto di sviluppo della città” (F. Pizzetti – Il nuovo ordinamento degli enti locali e le regioni: una sfida per il presente e per il futuro anche nella prospettiva di una evoluzione del sistema regionale, in “Il Piemonte delle Autonomie”, n. 2 – 2015, p. 4).

A fronte del nuovo quadro di ruoli e funzioni di province e Città metropolitana, l’ente regionaleriassume in capo a sé alcune funzioni gestionali che l’esperienza ha dimostrato poter essere gestite in modo più efficiente e con minori costi se ricondotte ad unitarietà (nelle materie dell’agricoltura e della formazione professionale), oltre ad alcune funzioni che esaltano il ruolo di programmazione strategica e di regolazione primaria proprio dell’Ente.

L’articolo 8 definisce, tramite il rinvio all’Allegato A (contenente materie ed elenco delle funzioni amministrative con i relativi riferimenti normativi) le funzioni amministrative, già esercitate dalle province prima dell’entrata in vigore della presente legge, oggetto di riallocazione in capo alla Regione. La riassegnazione alla Regione riguarda in particolare funzioni che per esigenze di gestione unitaria, di completezza nello svolgimento ed in coerenza con i compiti regionali di programmazione e di coordinamento del sistema degli enti locali, sono da svolgersi ad un livello territoriale più esteso e concernono materie limitate e circoscritte a specifici compiti delineati dalle rispettive normative di settore.

Si tratta di funzioni concernenti l’agricoltura, la formazione professionale e le politiche attive del lavoro (fatta salva l’eccezione a favore della Città metropolitana), le politiche sociali; ed in misura più limitata le attività estrattive, i beni e le attività culturali, l’energia, il turismo ed il vincolo idrogeologico. In queste ultime materie la riallocazione riguarda aspetti attinenti per la maggior parte all’attività di indirizzo, programmazione, monitoraggio e vigilanza, attività più consone al ruolo che la Regione da sempre si è attribuito in linea con i precetti di cui all’art. 3 della l.r. 34/1998 ed art. 3 della l.r. 44/2000.

I commi 4 e 5 individuano peculiari meccanismi partecipativi e di consultazione degli enti locali alla programmazione ed alla determinazione degli atti di indirizzo regionali, sia in riferimento agli interventi relativi alle funzioni oggetto di conferimento, sia in rapporto a specifici ambiti di materia quali istruzione, formazione professionale e politiche attive del lavoro.

A completamento del riordino delle funzioni in materia agricola sono riallocate in Regione anche quelle svolte dalle comunità montane, inizialmente loro conferite nell’ambito dell’intervenuto processo di delega ai sensi della l.r. 17/1999. Un successivo atto della Giunta provvederà poi alla ricognizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali nonché alla definizione della decorrenza dell’esercizio delle funzioni oggetto di riallocazione.

Il percorso di elaborazione della legge ha visto il costante confronto con le associazioni

degli enti locali (Anci, Upp, Uncem, Anpci, Lega delle autonomie) e con le province in molteplici sedute dell’Osservatorio regionale, istituito con d.g.r. n. 2-406 del 13.10.2014, in attuazione dell’accordo fra Stato e Regioni sottoscritto l’11.9.2014 in seno alla Conferenza Unificata. Alle sedute hanno partecipato come uditori anche i rappresentanti delle OO.SS. interessate.

L’Osservatorio, sede di governance regionale è stata una occasione di effettivo dialogo e negoziazione tra Regione ed Enti locali sia per quanto concerne il riordino delle funzioni, sia per quanto riguarda il finanziamento delle stesse, e si è caratterizzata anche come momento di “ascolto” degli Enti locali “strozzati” dai provvedimenti legislativi statali che hanno rappresentato dei momenti di “shock” di natura finanziaria (l’espressione è di J. Luther “Le province in trasformazione: “miserere” o “resilienza” in “Il Piemonte delle Autonomie”, n. 2 – 2015, p. 12).

Nel corso dell’elaborazione della legge di riordino, è infatti intervenuta la “Legge di stabilità” (legge 23 dicembre 2014, n. 190), che ha apportato un profondo ridimensionamento delle risorse finanziarie provinciali a competenze amministrative invariate, compromettendo il principio della corrispondenza tra funzioni e loro copertura finanziaria (Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 2 aprile 2015). Anche la Corte dei Conti in occasione delle sue audizioni presso le Commissioni Affari Istituzionali della Camera dei Deputati e del Senato ha richiamato l’attenzione sull’impatto delle nuove misure riduttive sulle risorse delle Province, conseguenti alla legge di stabilità 2015, suscettibili di generare forti tensioni sugli equilibri finanziari, in particolare per gli enti strutturalmente più deboli (Corte dei Conti, Deliberazione n. 17/SEZAUT/2015/FRG, p. 7).

Le difficoltà finanziarie generate dall’applicazione della l. 190/2014 hanno indubbiamente ritardato e reso più complessa la stesura della legge regionale, in particolare per gli aspetti attinenti al trasferimento del personale provinciale nel ruolo regionale ed alla copertura finanziaria della relativa spesa, a fronte delle pressanti richieste alla Regione da parte degli Enti locali di risorse finanziarie formulate in sede di Osservatorio regionale, per mitigare gli effetti dei tagli lineari operati dallo Stato, che hanno inciso profondamente nella loro capacità di spesa e nei loro bilanci.

1 Funzionaria presso la Direzione Affari istituzionali della Giunta regionale del Piemonte.