Rassegna luglio – dicembre 2020

 

OSSERVATORIO CORTE DEI CONTI PIEMONTE E VALLE D’AOSTA

Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte

 

Deliberazione SRCPIE/77/2020/VSGO
Incarichi esterni all’amministrazione

 

I pareri legali risultano estranei alla nozione di appalto di servizi legali, come delineata dall’art. 17 del D. Lgs 50/2016, e rientrano nella nozione di atti da conferire nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs 165/2001 qualora abbiano carattere prodromico ad ulteriori atti del Comune e non si riferiscono a contenziosi in atto. Non rientrano nei servizi di architettura e ingegneria gli incarichi di studio, ricerca o consulenza destinati a sfociare in pareri o che, pur conferiti per integrare il quadro conoscitivo dell’amministrazione in vista o previsione dell’adozione di atti programmatori o pianificatori, non sono a questi strutturalmente collegati. In tali casi, trova applicazione la disciplina di cui all’art. 7 del d.lgs. 165/2001, con conseguente obbligo di trasmissione alla Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione e utilizzo di una procedura comparativa per la scelta dell’incaricato, e non il D. Lgs 50/2016 che riguarda, invero, servizi di architettura e ingegneria, intesi quali prestazioni strumentali ad attività di pianificazione, progettazione, sviluppo, direzione lavori, stima, collaudo, gestione o valutazione di impatto ambientale di opere, sistemi o impianti.

 

Deliberazione SRCPIE/79/2020/REG
Regolamento per la disciplina degli incarichi esterni

 

È illegittima una disposizione del regolamento per la disciplina degli incarichi esterni che esonera l’amministrazione dall’obbligo di previa pubblicità della selezione in caso di prestazioni meramente occasionali che si esauriscono in una prestazione episodica e che comportano un compenso di modica entità a differenza di quanto previsto in materia di contratti aventi ad oggetto prestazioni di servizi. Inoltre, la possibilità di ricorrere all’affidamento diretto è ammessa solo qualora l’amministrazione opti per una prestazione singolare rientrante nel campo dell’arte o della cultura, in cui le estrinsecazioni sono intimamente legate alle abilità e interpretazioni personali dell’autore e per ciò stesso risultano “non comparabili”. Tale modalità di affidamento è da escludersi in caso di prestazioni di natura “scientifica o legale” non potendo, ex ante e in esclusiva considerazione della personalità del professionista, dirsi che si tratta assolutamente di attività non comparabile nell’interesse dell’ente pubblico o della comunità amministrata che ne dovrebbe beneficiare. La “conoscenza delle problematiche” connesse all’oggetto della prestazione posseduta dal professionista, oltre che essere requisito astratto per il conferimento di ogni incarico esterno, qualora inteso con riferimento alla fattispecie concreta non legittima la possibilità di proroghe o rinnovi, legittimi solo in quanto finalizzati a completare l’adempimento di un incarico.

 

Deliberazione SRCPIE/83/2020/PAR
Contrattazione collettiva integrativa

 

Non è ammissibile una richiesta di parere riguardante la possibilità di applicare l’art. 103 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 che ha disposto la sospensione di tutti i procedimenti perentori e ordinatori dal 23 febbraio al 15 aprile (prorogato al 15 maggio 2020 prorogato dall’art. 37, comma 1, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 2020, n. 40) alla procedura di sottoscrizione di un contratto collettivo integrativo interrotta a causa del lockdown così da consentire di anticipare gli effetti finanziari del contratto collettivo integrativo, sottoscritto dopo il citato periodo di sospensione, al periodo precedente, trattandosi di materie che attengono all’interpretazione delle disposizioni contenute nel CCNL e all’applicazione di norme dell’ordinamento civile.

  

Deliberazione SRCPIE/87/2020/PRSE
Divieto di finanziare spese correnti con entrate in conto capitale

 

Il divieto di finanziare spese correnti con entrate in conto capitale trova giustificazione nell’esigenza di assicurare il mantenimento degli equilibri di bilancio degli enti locali espressa dall’art. 162, comma 6, del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 267 (TUEL). L’utilizzazione di entrate in conto capitale per finanziamento di spese correnti, in deroga al principio sopra richiamato, può essere autorizzata solo da specifiche disposizioni di legge. Il fatto che le entrate in conto capitale siano destinate esclusivamente al finanziamento di spese di investimento impedisce conseguentemente che, di regola, i proventi derivanti dall’alienazione di beni patrimoniali possano essere utilizzati per finanziare spese correnti (fattispecie nella quale il Comune ha accettato quale parte del corrispettivo derivante dalla vendita di una società partecipata la compensazione dei suoi debiti con la società alienata).

 

Deliberazione SRCPIE/93/2020/PAR
Imposta di soggiorno

 

È inammissibile la richiesta volta ad ottenere indicazioni al fine di individuare i soggetti qualificabili come agenti contabili e perciò tenuti alla resa del conto, sia in considerazione delle competenze sul punto sancite dalla normativa (artt. 93 e 233 TUEL e art. 137 e ss CGC) in capo alle sezioni giurisdizionali, sia in considerazione del conseguente concreto rischio di interferire con la relativa attività in caso di instaurazione della procedura di presentazione del conto giudiziale. Con riferimento al nuovo comma 1ter dell’articolo 4 del D.lgs. 23/2011 introdotto dal D.L. 34/2020, secondo cui il gestore della struttura recettiva è “responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno (…), con diritto di rivalsa sui soggetti passivi”, il dubbio che il gestore possa essere attratto nel rapporto tributario, sub specie di responsabile d’imposta ai sensi dell’art. 64 comma 3, del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, è questione che attiene al diritto tributario, dunque estranea alla cognizione della Corte.

 

Deliberazione SRCPIE/95/2020/RQ
Relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie e sulle tecniche di quantificazione degli oneri adottate nelle leggi statali e regionali

 

Pur esprimendo un generale giudizio positivo sugli interventi legislativi del 2019, la Corte rileva dubbi sulla modifica dell’art. 82, comma 4, del Regolamento interno del Consiglio regionale che ha introdotto un nuovo iter procedurale prevedendo che la mancanza della relazione tecnico finanziaria dei progetti di legge recanti nuovi o maggiori oneri si riverbera negativamente sulla ricevibilità degli stessi in quanto in contrasto con il principio di copertura delle leggi di spesa. Tuttavia, si censura che l’effettiva elaborazione di un’adeguata relazione tecnico finanziaria, nonostante il suo rilievo ai fini della copertura delle leggi di spesa, sia rimessa alla scelta discrezionale del Consiglio che, invero, pur nell’esplicazione della propria sovranità, non può non tenere conto della regola costituzionale che impone la necessaria copertura delle leggi di spesa. Per gli stessi motivi, le critiche si estendono all’art. 34 del Regolamento interno del Consiglio regionale che consente all’organo politico di superare l’eventuale parere negativo espresso dalla Commissione permanente Programmazione e Bilancio.

 

Deliberazione SRCPIE/98/2020/PRSE
Accantonamento al FCDE

 

L’art. 3 comma 7 lettera e) del D. Lgs 118/2011, congiuntamente con il punto 3.3. dell’allegato 4/2 al medesimo testo normativo, impone l’accantonamento nel risultato di amministrazione di una idonea quota al Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) a fini prudenziali. La definizione di tale accantonamento, che non deve essere eccessivo per compromettere le capacità di spesa, né insufficiente per evitare sofferenze, deve prendere in considerazione la certezza “economica” dell’incasso – la quale dipende principalmente dalla capacità solutoria del debitore e dalla solerzia con cui la parte creditrice fa valere le proprie legittime pretese – non rilevando la certezza giuridica del credito, né la difficoltà di esazione. Per tali motivi si giustifica la non soggezione al FCDE dei “crediti da altre amministrazioni pubbliche” (per definizione sempre solvibili), dei “crediti assistiti da fideiussione” (per l’esistenza di un coobbligato di norma caratterizzato da una solvibilità certa) e delle “entrate tributarie accertate per cassa” (perché accertamento e incasso coincidono). Non può invero giustificarsi il mancato accantonamento al FCDE di crediti il cui recupero sia stato affidato ad un agente della riscossione di elevato standing che non rientrino nelle categorie menzionate. Per tale motivo pur essendo ammissibile il mancato accantonamento al FCDE di entrate accertate per cassa con autoliquidazione del contribuente, quali l’IMU e TASI, la medesima soluzione non può applicarsi de plano, senza alcuna motivazione dell’ente, ai residui attivi di IMU e TARI derivanti da accertamenti di evasione dell’imposta.

 

Deliberazione SRCPIE/98/2020/PRSE
Proventi da oneri di urbanizzazione

 

Le entrate accertate ed incassate nell’esercizio da permessi di costruire e dalle sanzioni di cui al D.P.R. 380/2001 per gli esercizi 2018 e 2019 sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali agli interventi di cui all’art. 1 comma 460 della L. 232/2016, come modificato dal D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172. Tali proventi, cessando di avere una destinazione generica a spese di investimento, divengono entrate vincolate alle categorie di spese previste dalla norma, compresa la destinazione a copertura di spese correnti. Pertanto, l’indicazione da parte dell’ente dell’utilizzo dei proventi per spese in conto capitale non è sufficiente né necessaria dal momento che non ogni spesa in conto capitale o per investimento è oggi finanziabile con i proventi da oneri di urbanizzazione, ma solo quelle riconducibili alle categorie e finalità descritte dalla disposizione citata. Inoltre, solo per l’esercizio 2020, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, l’art. 109 c. 2 del D.L. 18/2020, convertito con modificazioni dalla Legge 27/2020, consente di utilizzare, anche integralmente, per il finanziamento delle spese correnti connesse all’emergenza in corso, i suddetti proventi.

 

Deliberazione SRCPIE/113/2020/PRSE
Accantonamento al FCDE di crediti vantati verso un ente associativo mutualistico

 

I crediti derivanti dalle entrate extratributarie afferenti alla casa di riposo comunale e l’ambulatorio medico che l’Ente ha maturato verso altri soggetti (nello specifico la Cooperativa che gestisce la struttura per il personale OSS dipendente del Comune in comando, per i rimborsi spese) non possono essere considerati dovuti da altre pubbliche amministrazioni e, pertanto, devono essere ricompresi nel calcolo del FCDE. In particolare, un soggetto associativo-mutualistico (quand’anche sovvenzionato in tutto o in parte da enti pubblici), quale la cooperativa che gestisce la struttura, non può essere assimilato ad una pubblica amministrazione poiché non è certa l’appartenenza di tale tipologia di debitore alle categorie di soggetti, da interpretare restrittivamente in stretta aderenza ai principi contabili, cui si applica l’esenzione dagli obblighi di accantonamento al FCDE.

 

Deliberazione SRCPIE/128/2020/PRSE
Società partecipata in liquidazione – obbligo di scioglimento

 

La compromessa situazione finanziaria di una società partecipata al 100% dal Comune, già posta in liquidazione e con un consolidato squilibrio, probabilmente irreversibile, comporta la necessità di procedere allo scioglimento della società con la conseguente cancellazione dal registro delle imprese, al fine di consentire al Comune di rientrare nella piena disponibilità dei beni immobili a suo tempo ceduti alla società ed evitare di compromettere il proprio bilancio con reiterati versamenti per ripianare le perdite della società partecipata.

 

Deliberazione SRCPIE/132/2020/PRSE
Accantonamento per passività potenziali
 

L’accantonamento di una quota di risorse a titolo “puramente prudenziale”, teso a far fronte ad eventi avversi e del tutto genericamente indicati per sopperire ad eventuali esigenze di carattere straordinario, è suscettibile di costituire un elemento di rigidità non necessario posto che la legge dispone che lo svincolo è possibile allorché si accerti che la spesa potenziale non può più verificarsi. Qualora la spesa in questione sia priva di riferimenti quanto meno a categorie generali (quali rischi specifici, contenziosi, ecc. …), vi è il rischio che l’accantonamento risulti posto per eventualità del tutto arbitrarie, per le quali potrebbe poi risultare difficile dimostrare l’impossibilità di verificazione, con la conseguenza di creare vincoli superflui a carico di risorse spendibili a favore della comunità amministrata. Inoltre, l’operazione sarebbe più consona qualora limitata al preventivo, secondo la disciplina dettata dall’art. 167, c. 3, del TUEL a mente del quale “E’ data facoltà agli enti locali di stanziare nella missione “Fondi e accantonamenti”, all’interno del programma “Altri fondi”, ulteriori accantonamenti riguardanti passività potenziali, sui quali non è possibile impegnare e pagare. A fine esercizio, le relative economie di bilancio confluiscono nella quota accantonata del risultato di amministrazione, utilizzabili ai sensi di quanto previsto dall’art. 187, comma 3. Quando si accerta che la spesa potenziale non può più verificarsi, la corrispondente quota del risultato di amministrazione è liberata dal vincolo”.

 

Deliberazione SRCPIE/139/2020/PRSE
Fondo FCDE – giudizio tributario pendente

 

La sussistenza di un giudizio in corso dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione in merito alla legittimità dei classamenti di fabbricati disposti dall’Agenzia competente per i quali il Comune ha emesso avvisi di accertamento per il pagamento dell’IMU/ICI, rendono non solo difficoltosa l’esigibilità del credito vantato ma anche il futuro introito delle entrate tributarie in conseguenza dell’esistenza di due pronunce giudiziali di senso contrario alle ragioni dell’ente che condizioneranno la validità degli avvisi. Tenuto conto che il contribuente ha una partecipazione significativa alle entrate tributarie del bilancio comunale, l’ente deve quindi implementare il FCDE dal momento che l’eventuale soccombenza definitiva nel contenzioso potrà determinare l’inesigibilità dei residui attivi iscritti in bilancio, con conseguente necessità di procedere alla loro definitiva cancellazione che, qualora non trovasse adeguata copertura nel FCDE, provocherebbe, a sua volta, un consistente squilibrio nel bilancio dell’Ente.

 

 

Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Valle d’Aosta

 

Deliberazione SRCVDA/15/2020/FRG
Relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate dal 26 giugno 2018 al 31 dicembre 2019 e sulle tecniche di quantificazione dei relativi oneri

 

La conversione di un credito in uno strumento finanziario partecipativo con la caratteristica di non costituire titolo di credito, essere privo di valore nominale, non essere liberamente trasferibile, avere durata pari a quella della società partecipata, attribuire diritti patrimoniali limitati (diritto agli utili e alle riserve distribuibili e al riparto del residuo attivo di liquidazione) escludendo la titolarità di diritti amministrativi, si configura di fatto come una rinuncia al credito con conseguenti maggiori oneri gravanti sui conti pubblici della Regione, in termini di riduzione di incrementi patrimoniali dovuti alla mancata riscossione del credito. Inoltre, l’operazione sembra porsi in contrasto con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, in quanto lo SFP si risolverebbe in un contributo patrimoniale apportato dalla Regione ad una società che esercita attività d’impresa, nonché con il divieto previsto dall’art. 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica che prescrive il mantenimento di partecipazioni da parte della Regione società partecipate solo qualora venga svolta una delle attività tassativamente previste dalla legge, per le quali è consentito il mantenimento delle partecipazione.

 

Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per il Piemonte

 

Sentenza 17 settembre 2020 n. 87
Conferimento di incarico dirigenziale a tempo determinato

 

Il conferimento di un incarico dirigenziale in adempimento ad un accordo transattivo raggiunto in seguito ad un contenzioso tra l’ente e il collaboratore è illegittimo non rientrando nella disponibilità giuridica dell’ente la possibilità di emettere un atto contra legem (nel caso di specie il conferimento di incarico dirigenziale nonostante la sospensione della possibilità di conferire nuovi incarichi e di rinnovo di incarichi di cui all’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 disposta con l’articolo 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95/2012) in sede di definizione transattiva, a prescindere dalla ragionevolezza della transazione comunque irrilevante. Inoltre, tale ragionevolezza è da escludersi quando l’eventuale contenzioso, prevenuto con la transazione, avrebbe al massimo potuto comportare un esborso patrimoniale una tantum, mentre l’illegittimo conferimento di incarico dirigenziale produce un danno continuo, consistente nel pagamento in misura maggiore delle prestazioni rese dal dipendente per un arco temporale indefinito.

 

Sentenza 17 settembre 2020 n. 88
Amministrazione competente ad autorizzare l’attività extraistituzionale

 

Non rientra tra le attività liberalizzate ex art. 53, c. 6 d.lgs. 165/2001, esercitabili senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, in quanto espressive delle libertà di pensiero ex art. 21 Cost. e dell’arte ex art. 33 Cost., l’attività di docenza svolta prima della modifica introdotta con la legge n. 125/2013, di conversione del d.l. n. 101/2013, alla norma che ha escluso dalla necessità di autorizzazione i compensi derivanti da “attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica” (art. 53 c. 6 lett. f-bis del decreto citato). L’autorizzazione nel caso di specie doveva essere richiesta oltre che all’ente di appartenenza anche all’amministrazione presso la quale il dipendente svolgeva in modo continuativo attività pressoché esclusivamente didattica, come Coordinatrice e Vicepresidente di un corso di laurea, in quanto ormai si era reso sfumato e permeabile il confine tra datore di lavoro giuridico (Azienda Ospedaliera) e datore di lavoro “funzionale” (Università). Si può ritenere, in altri termini, che la promiscuità giuridica del rapporto di impiego si riverberasse su una ritenuta concorrente competenza al rilascio dell’autorizzazione.

 

Sentenza 17 settembre 2020 n. 89
Attività extraistituzionali – incompatibilità

 

Non è compatibile con il rapporto di impiego pubblico a tempo pieno ed indeterminato presso il comando di Polizia locale dell’ente, connotato dalla clausola di esclusività, l’attività di lavoro autonomo come amministratore di condominio, svolta in modo continuativo con provvista di relativa partita iva, in quanto viola il divieto di esercizio del commercio, dell’industria e di altra professione o impiego alle dipendenze di privati di cui agli artt. 60 e ss. del D.P.R. n. 3/1957 (incompatibilità assoluta), nonché l’attività di consulenza per 5 diversi committenti senza avere richiesto ed ottenuto l’autorizzazione prevista dall’art. 53, comma 7 del D.lgs. n. 165/2001 che, per le sole attività occasionali, richiede l’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza (incompatibilità relativa).

 

Sentenza 17 settembre 2020 n. 91
Accertamento della sussistenza delle condizioni inerenti alla domanda revocatoria volta alla dichiarazione di inefficacia sia dell’atto di donazione intervenuto tra il debitore e il proprio figlio, sia della cessione esecutiva degli accordi di separazione tra il medesimo debitore ed il coniuge

 

L’azione revocatoria di cui all’art. 2901 Cod. civ., esperibile dal PM contabile, è attribuita al creditore contro ogni atto di disposizione del patrimonio compiuto dal debitore che sia in grado di recare pregiudizio alle sue ragioni con effetto di rendere inefficace, nei confronti del solo creditore, l’atto di disposizione, con la conseguenza che, in caso di inadempimento, il creditore potrà rivalersi con l’azione esecutiva anche sul bene entrato nel patrimonio del terzo. I presupposti dell’azione sono il pregiudizio alle ragioni del creditore, la cognizione del debitore di ledere, la garanzia del creditore e la consapevolezza da parte del terzo, in caso di atto a titolo oneroso, del pregiudizio. Con riferimento al pregiudizio, la variazione del patrimonio del debitore sotto l’aspetto qualitativo, a seguito dell’azzeramento delle possidenze immobiliari, è sufficiente a realizzare quella maggiore difficoltà ed incertezza nella esazione del credito che connota l’evento di danno, non rilevando per la sua esclusione l’esistenza di un piano di pagamento in corso, né il credito futuro per il trattamento di fine servizio che, ai sensi dell’art. 1 D.P.R. n. 180/1950, non è pienamente disponibile né quantificabile con precisione. Con riferimento all’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza del debitore, e del terzo in caso di atti dispositivi a titolo oneroso, di arrecare pregiudizio desumibile in modo inequivocabile qualora l’atto dispositivo sia stato posto in essere successivamente all’invito a dedurre che consente al debitore di prevedere di poter essere destinatario di una condanna in sede contabile per responsabilità amministrativa. La consapevolezza del pregiudizio da parte del terzo non è necessaria qualora si tratti di atti a titolo gratuito tra i quali sono annoverabili sia la donazione fatta al figlio, sia il trasferimento di beni immobili o di diritti reali sugli stessi nell’ambito della regolamentazione dei rapporti tra coniugi nell’accordo di separazione, qualora il trasferimento immobiliare non sia stato pattuito in funzione solutoria di un obbligo legale (mantenimento del coniuge o contribuzione al mantenimento dei figli), bensì formi oggetto di una pattuizione a sé stante.

 

Sentenza 4 novembre 2020 n. 113
Riconoscimento di diritti retributivi pensionistici a seguito di avvio di procedimento penale concluso con assoluzione

 

L’attore, appartenente all’Arma dei Carabinieri ma in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, veniva sospeso a seguito di provvedimento di custodia cautelare in carcere con trasferimento nell’Amministrazione di appartenenza che lo poneva in congedo per infermità. Successivamente interveniva sentenza di assoluzione definitiva a seguito del quale, in applicazione dell’art. 97 del D.P.R. n. 3/1957, riceveva gli assegni non percepiti durante il periodo di sospensione dal servizio. Egli richiede comunque di rivalutare, ai fini pensionistici, la sua posizione lavorativa a partire dalla prima sospensione dal servizio, secondo la regola del “più probabile che non”, al fine di riconoscergli i diritti retributivi pensionistici, collegati a possibili sviluppi di carriera, come se egli fosse sempre rimasto in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché al proseguimento del rapporto di lavoro oltre il congedo per infermità, sull’assunto che questa sarebbe addebitabile al procedimento penale e agli atti consequenziali. Tuttavia, ad avviso del giudicante, le pretese appaiono prive di fondamento normativo posto che l’art. 97 cit. riconosce, e allo stesso tempo limita, il diritto del dipendente solo a ricevere tutti gli assegni non percepiti nel periodo di sospensione cautelare dal servizio (escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario e salva deduzione dell’assegno alimentare eventualmente corrisposto), cui eventualmente soccorre la concessione dell’assegno alimentare, in considerazione dell’effetto tipico della sospensione che è proprio la privazione dello stipendio. Il pregiudizio subito dal dipendente per effetto di atti legittimamente adottati è dunque indennizzabile esclusivamente nei detti limiti, posto che nell’attuale quadro normativo non è previsto l’integrale o maggior ristoro.

 

Sentenza 23 novembre 2020 n. 121
Perdita dell’esercizio del potere di autotutela della P.A.
 

Viola l’articolo 21 novies della legge n. 241/1990 il provvedimento dell’Inps che dichiara di annullare in autotutela i provvedimenti favorevoli emessi dalla Direzione Centrale Inpad per l’accredito figurativo delle contribuzioni relative ai periodi di aspettativa non retribuita a distanza di circa 15 anni in quanto in palese violazione di qualunque regola di ragionevolezza, sia per il tempo trascorso, sia per la certezza del diritto e la tutela dell’affidamento del destinatario del provvedimento favorevole, seppure il termine di 18 mesi previsto dalla norma non sia applicabile alla fattispecie in esame.

 

Sentenza 23 novembre 2020 n. 122
Equiparazione dello status del personale militare della CRI con quello delle Forze Armate dello Stato ai fini dell’iscrizione nella Cassa per i Trattamenti Pensionistici dei Dipendenti dello Stato (C.T.P.S.)

 

Il personale della Croce Rossa Italiana, direttivo (ufficiali) e di assistenza (sottufficiali e truppa), costituisce un corpo speciale volontario, con qualifica di militari e di pubblici ufficiali, ausiliario delle Forze armate dello Stato, che tuttavia non rientra nella categoria dei dipendenti dello Stato appartenenti alle Forze Armate, circostanza che integra il requisito per l’iscrizione alla Cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (C.T.P.S.). Tale personale della CRI è ricondotto sotto l’egida del Codice dell’Ordinamento Militare ai soli fini di sottoposizione alla disciplina militare e alla corrispondenza dei gradi, senza che ciò comporti una totale equiparazione, ovvero appartenenza alle FF.AA., e l’iscrizione a fini pensionistici nella gestione INPS – CTPS, riservata unicamente al personale dello Stato Comparto Sicurezza e Soccorso Pubblico, salvo in presenza di deliberazione dello stato di guerra. Inoltre, l’art. 625 c. 3 del Codice prevede l’applicazione di una disciplina previdenziale diversa rispetto quella riservata al personale delle FF.AA da cui non è possibile non cogliere una scelta del legislatore di prevedere una disciplina differenziata.

 

Sentenza 12 novembre 2020 n. 127
Danno all’immagine – difetto di giurisdizionale per enti privatizzati

 

La domanda di risarcimento per danno all’immagine nei confronti di una dipendente della Croce Rossa Italiana, privatizzata ai sensi del D.lgs. 178 2012, non comporta il radicamento della giurisdizione della Corte dei conti solo in quanto le condotte costituenti reato siano state in parte commesse in anni nei quali la CRI era ancora un ente pubblico poiché la giurisdizione si determina al momento del verificarsi dei presupposti per la formulazione della domanda in giudizio, da considerarsi nel caso di specie con il clamor fori quale elemento costitutivo della fattispecie evocata in giudizio (difettando, prima di tale momento, qualunque prova di interni o esterni riflessi negativi derivanti dalla condotta della convenuta e non potendo considerarsi il danno all’immagine, nell’ottica dell’articolo 2059 c.c., quale danno in re ipsa di ogni condotta penalmente rilevante), o in alternativa, qualora il clamor foris si ritenesse elemento strutturale e non mera condizione di procedibilità, con il passaggio in giudicato della sentenza penale, comunque entrambi successivi all’avvenuta trasformazione della Croce Rossa in soggetto giuridico di diritto privato.

 

Sentenza 15 ottobre 2020 n. 129
Quantificazione del danno per incarichi illegittimi

 

Sussiste la responsabilità risarcitoria amministrativo contabile ex art. 1 della L. 14 gennaio 1994, n. 20 del Sindaco per il danno erariale arrecato al patrimonio del Comune nel caso di conferimento di incarichi in assenza di una disciplina interna recante i criteri cui l’ente si deve attenere per il conferimento e senza una adeguata motivazione in merito alla necessità di soddisfare esigenze eccezionali, specifiche e ben delimitate, tali da giustificare l’impiego di capacità professionali e conoscenze tecniche altamente qualificate e specialistiche, non garantite dalle risorse interne, non ritenendosi sufficienti mere enunciazioni sull’impossibilità di impiego delle risorse in servizio o di ricorrere a soluzioni organizzative alternative. La quantificazione del danno deve tener conto, con conseguente decurtazione dell’importo imputabile, sia della presumibile condotta omissiva e censurabile posta in essere da soggetti dell’amministrazione con competenze tecniche, quali il segretario comunale, sia dell’elemento soggettivo che ha accompagnato i diversi conferimenti. A tal proposito, è da escludersi la sussistenza del presupposto soggettivo della colpa grave qualora il conferimento sia stato posto in essere dal Sindaco neoeletto, in ragione delle oggettive difficoltà in cui può versare all’inizio del mandato purché si tratti di incarico di durata limitata nel tempo che rileva la volontà di assumere una decisione non definitiva al solo fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa. Il convenuto può inoltre invocare l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito ai sensi dell’art. 52, ultimo comma, R.D. 12 luglio 1934 e dell’art. 1-bis della legge n. 20 del 1994 qualora il danno sia derivato da condotte colpose poste in essere da un soggetto con un grado di istruzione non elevato (licenza di III media) – ferma comunque la necessità di pretendere dal medesimo l’osservanza della diligenza dovuta nell’esercizio delle preminenti funzioni svolte – in un contesto caratterizzato da carenze organizzative dell’Ente e da difficoltà nella gestione dell’attività edilizia e urbanistica e di tutte le funzioni di tutela del territorio, a seguito di fenomeni esogeni, quali esondazioni, verificatesi nel corso del mandato.

 

Ordinanza 12 novembre n. 132
Disconoscimento di documento nell’ambito di giudizio contabile

 

La produzione di una scrittura privata in sede civile nell’ambito di un contenzioso tra Comune ed istituto bancario conclusosi con una sentenza di rito per intervenuta transazione nel quale il convenuto del giudizio contabile è rimasto estraneo, pur avendo rivestito la carica di Sindaco a cui viene imputata la sottoscrizione della scrittura privata sulla quale si basa (anche) l’atto transattivo ritenuto dal pubblico ministero contabile fonte di danno erariale, non pregiudica la possibilità del medesimo di disconoscere la scrittura privata prodotta per la prima volta contro di lui nel giudizio di responsabilità amministrativa. L’autenticità o meno della sottoscrizione del documento si può raggiungere all’esito del giudizio di verificazione della scrittura privata disconosciuta da svolgersi nell’ambito del giudizio contabile a prescindere dagli esiti dell’eventuale procedimento penale in corso a seguito di denuncia per falso, stante la piena autonomia fra i due giudizi, il primo preordinato a punire gli ignoti autori dei reati denunciati, il secondo volto all’accertamento della responsabilità amministrativo/contabile.

 

Sentenza 11 dicembre 2020 n. 135
Giurisdizione in materia di sanzioni derivanti dalla omessa redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato

 

In materia di giurisdizione, il Codice di giustizia contabile distingue tra le materie in cui la Corte dei conti ha la giurisdizione senza necessità di interposizione legislativa in virtù della riserva costituzionale (giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno all’erario e negli altri giudizi in materia di contabilità pubblica) e i giudizi che sono devoluti alla giurisdizione della Corte dei conti in virtù di una specifica attribuzione legislativa (giudizi in materia pensionistica, giudizi aventi ad oggetto l’irrogazione di sanzioni pecuniarie e altri giudizi nelle materie specificate dalla legge). Sulla questione relativa alla giurisdizione delle sanzioni derivanti dalla omessa redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato di cui all’art. 4, comma 6 del d.lgs. n. 149/2011 sono intervenuti due pronunciamenti. Con sentenza della Sezione delle Autonomie n. 15/2015, i Giudici hanno ritenuto che, in assenza di apposite previsioni legislative, la competenza vada individuata secondo le regole vigenti in materia di sanzioni amministrative dalla legge n. 689/1981 posto che quando il legislatore ha voluto attribuire alla Corte dei conti la competenza ad applicare sanzioni di carattere pecuniario lo ha espressamente previsto. Pertanto, la sanzione deve essere portata ad attuazione da parte da parte degli Uffici dell’ente locale preposti alla liquidazione delle competenze. Le Sezioni Riunite in speciale composizione con la sentenza n. 28/2019, nell’ambito delle premesse (obiter), hanno affermato che sarebbe stato agevole colmare la lacuna normativa rinvenuta nell’art. 4, comma 6, del d.lgs. 149/2011 circa l’organo al quale intestare il potere sanzionatorio ivi previsto individuandolo nella Corte dei conti – quale “giudice naturale” della materia, in relazione ai beni-interesse di rango costituzionale chiamati in gioco – su impulso del potere sanzionatorio di cui il PM sarebbe provvisto in virtù dell’art.133 c.g.c. Tuttavia, nell’ambito dei giudizi relativi all’applicazione di sanzioni attribuiti alle Sezioni giurisdizionali regionali dal legislatore, a norma dell’attuale formulazione dell’art.133, alla Corte dei conti potrebbero essere attribuite solo le sanzioni pecuniarie articolate tra un minimo ed un massimo e non anche le sanzioni pecuniarie proporzionali e quelle pecuniarie stabilite in maniera fissa quali le sanzioni derivanti dalla omessa redazione e pubblicazione della relazione di fine mandato (riduzione della metà con riferimento alle tre successive mensilità dell’importo dell’indennità di mandato). Inoltre, le sanzioni pecuniarie in commento non rientrano fra quelle la cui irrogazione è rimessa all’iniziativa del PM, essendo attribuito alle Sezioni regionali di controllo, cui la relazione di fine mandato deve essere trasmessa, il potere di accertare il puntuale rispetto della disciplina attraverso un procedimento che si svolge, con le garanzie del contraddittorio, pressoché interamente innanzi alla Sezione regionale di controllo e culmina con una delibera di accertamento del presupposto della sanzione. Il dato normativo consente, pertanto, di scindere tra attività (potere) di controllo, istruttoria e decisoria, spettante alla Sezione regionale di controllo, e potere sanzionatorio, intestato all’amministrazione, che può azionarsi solo sulla base della delibera della Corte, sempre nel rispetto, e quindi in modo vincolato, di determinati ed automatici criteri quantitativi previsti dall’art. 4 comma 6 del d.lgs. 149/2011 e applicando i principi di cui alla l. 689/1981. La mancanza di una norma espressamente attributiva della giurisdizione e la sola previsione ad opera del Codice della legittimazione del PM a promuovere il giudizio per l’irrogazione delle sanzioni non può costituire pertanto valida base legale per l’attribuzione della potestas iudicandi per quanto possa ritenersi opportuna una sua riconduzione alla materia della contabilità pubblica. Ne consegue un sistema di doppia tutela giurisdizionale (contabile per l’accertamento del presupposto sanzionatorio e ordinaria per il provvedimento sanzionatorio) comunque senza rischi di asimmetrie sistemiche dovute a pronunce di giudici appartenenti a plessi magistratuali diversi dalla Corte dei conti, essendo la fase accertativa e decisoria – che è a monte della sanzione e ne costituisce il presupposto – completamente attratta nel sindacato esclusivo e pieno della giurisdizione contabile, precludendone l’esame da parte di altro giudice. L’eventuale mancato incameramento o l’incameramento di somme inferiori potranno, al più, rilevare ai fini di un eventuale giudizio di responsabilità amministrativa, dovendosi escludere, in ogni caso, che l’esercizio del potere sanzionatorio, che soggiace al principio di stretta legalità ed alle garanzie di cui all’art. 6 CEDU, possa essere indistintamente assegnato sia all’amministrazione sia ad un giudice, e che il suo esercizio sia di spettanza dell’uno o dell’altro (o ad entrambi in violazione del bis in idem) sulla base di un mero criterio empirico alla stregua del quale il potere sanzionatorio spetterebbe a chi lo esercita per primo o a chi lo esercita solo in caso di inerzia dell’altro.

 

Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale la Valle d’Aosta

 

Sentenza 9 ottobre 2020 n. 9
Responsabilità amministrativa sanzionatoria pecuniaria in ordine alla revisione straordinaria delle partecipazioni societarie

 

È inapplicabile, sulla scorta dell’esame letterale e teleologico del vigente quadro normativo, la disciplina sanzionatoria di cui all’art. 20, comma 7, del TUSP alla revisione straordinaria, nel caso di specie non motivata o non congruamente motivata rispetto agli esiti della ricognizione, disciplinata dall’art. 24 TUSP, il quale ha imposto alle amministrazioni pubbliche elencate nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché ai loro consorzi ed associazioni ed alle autorità di sistema portuale (art. 2, comma 1, lett. a), TUSP), l’obbligo di effettuare, entro il 30 settembre 2017, una revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute, direttamente o indirettamente, finalizzata alla loro razionalizzazione. L’operazione, di natura straordinaria, costituisce la base di una ricognizione periodica delle predette partecipazioni societarie, disciplinata dall’art. 20 del medesimo testo unico, adempimento soggetto alle sanzioni del citato art. 20. Pertanto, l’accertamento, da parte della Corte, di non conformità a legge della ricognizione straordinaria non potrebbe, nè dovrebbe, per mancanza di previsione testuale e per divieto di applicazione analogica, condurre all’applicazione di sanzioni amministrative. Inoltre, la Corte respinge la questione di incostituzionalità sollevata dall’ufficio requirente che lamenta l’irragionevolezza e l’omesso esercizio della delega legislativa nella mancata previsione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 20 comma 7 TUSP nel caso di mancata adozione ovvero adozione non motivata o non congruamente motivata del provvedimento di cui all’art. 24 comma 1 TUSP. Innanzitutto, il legislatore, nell’esercizio discrezionale della delega e nell’alveo delle varie opzioni costituzionalmente compatibili con i principi e criteri direttivi fissati dal Legislatore delegante, può ben svolgere differenti scelte normative. Il Legislatore, nella sua discrezionalità, ha pertanto ritenuto che la sanzione amministrativa pecuniaria operi in relazione all’inadempimento relativo al piano periodico di razionalizzazione annuale, ragionevolmente frutto di un materiale istruttorio più completo, e non scatti immediatamente in relazione all’iniziale “fotografia” delle partecipazioni contenuta nella revisione straordinaria, in considerazione dell’obiettiva eterogeneità delle due fattispecie di revisione/razionalizzazione, le quali, pur connotate da obiettivi profili di raccordo, cronologici e funzionali, presentano evidenti tratti di differenziazione trattando una di un previo adempimento straordinario una tantum, mentre l’altra un posteriore adempimento “a regime” con cadenza annuale. Infine, la tipologia di pronuncia che verrebbe richiesta alla Corte costituzionale avrebbe carattere manipolativo di natura additiva finalizzata ad introdurre una disciplina sanzionatoria spettante alla discrezionalità legislativa, quale soluzione costituzionalmente necessaria (“a rime obbligate”) della censurata omissione normativa. Tale scenario presupporrebbe, tuttavia, una strutturale omogeneità (e non una mera affinità) delle due fattispecie messe a confronto che nel caso di specie non sussiste.