Semplificazione urbanistico-edilizia per la ripartenza post COVID-19 nella Legge del Piemonte n. 13 del 2020: un provvedimento controverso fra Regione e Stato

Carlo Alberto Barbieri 1

 

La Legge Piemonte n.13 del 29 maggio 2020“Interventi di sostegno finanziario e di semplificazione per contrastare l’emergenza da Covid-19”, cosiddetta “Riparti Piemonte”, in considerazione dello stato di emergenza pandemica che ha pesantemente inciso sul tessuto economico regionale, è stata finalizzata a fornire prime risposte alle istanze di sostegno e ripartenza del sistema produttivo piemontese; la legge è pertanto caratterizzata da un profilo di urgenza ed è basata su molteplici interventi finanziari e di semplificazione a favore delle imprese.

Fra gli 86 articoli della legge, alcuni (26 articoli, dal 58 all’ 83) sono riferiti alla materia della pianificazione del territorio e amministrazione urbanistico-edilizia, in questo caso sotto la fattispecie di “semplificazioni” di diverso tipo, sia temporanee che stabili; questi interventi sono racchiusi nel Titolo IV “Disposizioni in materia di governo del territorio”ed è sotto questo profilo che nel prosieguo si svolgono alcune considerazioni.

Nel Titolo IV sono introdotte varie misure urgenti di semplificazione in materia di governo del territorio, al fine di consentire, nelle more di una annunciata successiva revisione sistematica della normativa urbanistica ed edilizia regionale, la semplificazione e accelerazione dell’iterdei procedimenti amministrativi e la riduzione di oneri e adempimenti in materia di urbanistica, edilizia, e paesaggio; ciò al fine di sostenere e agevolare l’attività di pianificazione e regolazione per il rilancio economico ed in particolare del comparto dell’edilizia.

Il Capo II “Misure urgenti e temporanee di semplificazione in materia urbanistica e per il rilancio dell’edilizia, è costituito da quindici articoli, che introducono deroghe “a termine” (a valere sino al 31 gennaio 2022) ad alcuni procedimenti di natura urbanistica ed edilizia, finalizzate sia ad uno snellimento delle tempistiche e degli adempimenti previsti nell’ambito di tali procedimenti, sia ad alcune semplificazioni, operando soprattutto sulla legge urbanistica piemontese n. 56/1977 “Tutela ed uso del suolo”. Tali semplificazioni si basano sull’individuazione di meccanismi temporaneamente “accorciati” rispetto all’ordinario regime dei procedimenti/interventi; ciò in conseguenza della gravità della emergenza sanitaria e socio-economica che ha colpito il Piemonte e della necessità di approntare misure urgenti e straordinarie per favorire la ripresa di un settore dell’economia, quale quello dell’edilizia, che dal blocco delle attività conseguente alla pandemia e delle conseguenze di crisi economica, ha subìto un arresto e necessita di misure volte ad accelerarne il rilancio e ciò in considerazione degli effetti indotti innescabili da questo comparto, anche a breve termine.

Il Capo III “Misure di semplificazione e coordinamento in materia urbanistica e per il rilancio dell’edilizia”, è composto di dieci articoli ed introduce invece alcune disposizioni con carattere di stabilità (senza attendere la enunciata revisione organica della pianificazione e dell’urbanistica) ritenute in grado di incidere da subito, ma durevolmente, sulle discipline vigenti e dunque di non essere limitate alla auspicabile temporaneità della situazione emergenziale dovuta al lockdown delle attività produttive in conseguenza della pandemia.

Dei ventisei articoli sopra richiamati, in questo contributo si estrapolano quelli di natura più urbanistica ed in particolare si considerano gli articoli che sono stati impugnati dal Consiglio dei Ministri e quelli poi già abrogati dalla Regione con la successiva legge regionale 22 del 1° ottobre 2020.

I provvedimenti in parola, riferibili alla materia urbanistico-edilizia, sono di seguito elencati e suddivisi fra norme temporanee (Capo II del Titolo IV, con l’eccezione del richiamo dell’art 18 che fa invece parte del Titolo II “misure finanziarie” della legge regionale 13/20202) e norme stabili (Capo III del Titolo IV) ed ulteriormente distinti fra norme di semplificazione (prevalenti, art. 60-72) e di sostegno finanziario (art. 18 e 73) alle imprese ed ai comuni.

Le norme di cui al Capo III” Misure di semplificazione e coordinamento in materia urbanistica e per il rilancio dell’edilizia”, sono quelle “stabili” e dunque non a termine gennaio 2022 (artt. 74-82), fra di esse quelle di profilo più urbanistico riguardano prevalentemente articoli di modifica-integrazione, peraltro limitate, della Legge urbanistica piemontese n. 56/77 e di alcune leggi latamente inerenti il governo del territorio ma di tipo settoriale (l.r. 16/2018 sulla riqualificazione edilizia ed urbana; l.r. 19/1999 sui regolamenti edilizi; l.r. 23/2016 sulle attività estrattive; l.r. 24/1996 di sostegno finanziario ai comuni per l’adeguamento obbligatorio della strumentazione urbanistica).

Una prima considerazione generale da fare riguarda la conferma di una non apprezzabile attitudine (in quanto da troppi anni largamente prevalente) del legislatore, sia statale (soprattutto) che regionale (Piemonte incluso), per uno “stile legislativo” caratterizzato da settorialismo, episodicità, parzialità normativa ed emergenzialità (molto spesso di tipo derogatorio).

Con riferimento alla tematica urbanistica qui presa in considerazione, l’aspetto critico costituito da settorialità, episodicità e parzialità sopra richiamato, in generale deve assumere forte rilievo e ciò per la natura fortemente interrelata e densa di nessi e implicazioni in una complessa materia come il governo del territorio ed in essa della disciplina della pianificazione e della gestione urbanistica.

Una seconda considerazione più specifica evidenzia come debba destare perplessità la ricorrente individuazione di una materia in particolare da “semplificare” o derogare (per sveltire interventi ed investimenti); materia individuata nella pianificazione del territorio e nella regolazione urbanistico-edilizia così come disciplinate dalla legge regionale 56/1977 (di cui peraltro in Piemonte, da almeno 15 anni si discute infruttuosamente di una sua riforma organica).

Tuttavia nel caso della l.r. 13/2020 “riparti Piemonte”, la reale gravissima ed improvvisa emergenza e il conseguente carattere di provvedimento “a rapido impatto” che essa intende essere, sono comprensibili e pertanto da valutare in questo contesto (peraltro altre Regioni e soprattutto lo Stato, in particolare con la legge 120/2020 “Conversione in legge del DL 16 luglio 2020, n. 76 recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, hanno e stanno operando analogamente).

Va inoltre considerato che il merito e la portata delle norme regionali temporanee, ma anche di quelle di carattere stabile, introdotte dalla l.r. 13/20, sono relativamente limitati, mirati e non in contrasto con la struttura, le finalità e la disciplina sostanziale della legge urbanistica piemontese (lur 56/77 e smi). Dunque in questo senso una valutazione critica del loro inserirsi, un po’ episodico e parziale, nella legge 56/77 (e fortunatamente almeno non all’esterno di essa), va molto ridimensionata soprattutto per la parte a termine ma ciò può valere in fondo anche per quella “a regime”.

Il Governo, con Delibera del Consiglio dei Ministri del 22 luglio 2020, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione ha deciso di impugnare davanti alla Consulta3, ritenendo presenti profili di illegittimità costituzionale, cinque articoli della Legge regionale Piemonte n.13 del 29 maggio 2020 “Interventi di sostegno finanziario e di semplificazione per contrastare l’emergenza da Covid-19”. Tali articoli sono pertanto sospesi in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale o di eventuali modifiche che la Regione potrà fare, oltre quelle di abrogazione di alcune parti della l.r. 13/20 successivamente già operate con la l.r. 22 del 1° ottobre 20204, potendosi, a quel punto, in tutto o in parte, rendere superata la sentenza della Corte, che potrebbe dichiarare la cessazione della materia del contendere. La Regione con la l.r. 22/20 ha infatti comunque deciso di rivedere o abrogare, fra gli altri, gli articoli 60 (Semplificazione della documentazione progettuale della proposta tecnica del progetto preliminare per le varianti strutturali ai Piani regolatori), 63 (Estensione delle modifiche che non costituiscono variante ai Piani regolatori)5, 64 (Agevolazione degli interventi di ristrutturazione negli ambiti di cui all’art. 24 della legge regionale 56/1977-centri storici) e 78 (Inserimento dell’articolo 6 bis nella legge regionale n. 19/1999 sulle tolleranze esecutive) aventi attinenza con la materia urbanistico-edilizia; ciò a seguito di un’interlocuzione con il Governo (i Ministeri Mibact, Mattm e Mit in particolare) come frequente prassi, appunto per accelerare i tempi ed evitare il pronunciamento della Consulta sulla questione di legittimità.

Dei 5 articoli impugnati dal Governo, due, gli articoli 61(Riduzione dei termini della seconda conferenza di copianificazione e valutazione)62 (Estensione delle varianti parziali ai Piani regolatori), fanno parte di “misure urgenti e temporanee di semplificazione in materia urbanistica e per il rilancio” (di cui al Capo II del Titolo IV-Disposizioni in materia di governo del territorio della l.r. 13/20), uno, l’art. 79(riguardante le “Destinazioni d’uso temporanee”),appartiene alle misure “stabili” (di cui al Capo III del Titolo IV). È dunque su questi articoli che ci si sofferma.

Il Governo ritiene l’art. 61 della legge regionale (Riduzione dei termini della seconda conferenza di copianificazione e valutazione) lesivo degli articoli 5 e 120 della Costituzione, nella parte in cui sanciscono il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, nonché’ degli articoli 3, 9, 97 e 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Al di là della perplessità di chi scrive circa l’efficacia “semplificativa” e di sostegno alla “ripartenza”, nonché del’ opportunità di contrarre con la l.r. 13/20 il tempo della seconda delle due Conferenze di copianificazione e valutazione, fasi chiave del procedimento di formazione e approvazione dei PRG e delle loro Varianti strutturali (in efficace e sostenibile applicazione del principio di sussidiarietà e collaborazione alla pianificazione urbanistica ed alle quali partecipano il comune la Provincia o la Città metropolitana e la Regione, oltre alla Soprintendenza, ma limitatamente alla coerenza con il Piano Paesaggistico), si sottolinea come si tratti comunque di Conferenze del tutto differenti da quelle della disciplina nazionale ex L 241/1990 e smi (Conferenze dei servizi), nonché da tempo introdotte dal Piemonte e disciplinate, anche nella loro durata temporale, con Legislazione regionale (dapprima con la l.r. 1/2007 e poi definitivamente con la l.r. 3/2013) perfettamente vigente; in altri termini appare un po’ sorprendente la struttura della motivazione dell’impugnazione del Governo per un procedimento che lo vede solo parzialmente e recentemente presente (con l’entrata in vigore del Piano paesaggistico del Piemonte).

Secondo il Governo l’art. 62 della l.r. 13/2020 “Estensione delle varianti parziali dei Piani regolatori”, viola anch’esso gli articoli 5 e 120 della Costituzione, nella parte in cui sanciscono il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, nonché gli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Anche in questo caso qualche perplessità desta il richiamo di illegittimità costituzionale in forza di una “invasione di campo” regionale in una competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, Art 117 Cost. Perplessità sia, in quanto la norma in questione riguarda una marginale temporanea estensione della natura di variante parziale (mantenendone gli stretti limiti stabiliti dalla Lur 56/1977, art 17, c 5) ad interventi di attività produttive, direzionali, commerciali, turistico-ricettive, aumentandone la celerità dei correlati più semplificati procedimenti di pianificazione urbanistica (appunto in quanto rientranti in varianti parziali di PRG, comunque sottoposte a verifica e valutazione ambientale); sia per la parte dell’art 62 l.r. 13/2020 che permette di rientrare nella variante parziale con ampliamenti di attività esistenti insediate in aree già individuate dal Piano Regolatore (prescindendo dal previgente vincolo di contiguità a centri o nuclei abitati), con precise clausole temporali per l’utilizzo di tale possibilità qualora l’istanza pervenga da un proponente. In ultimo va anche sottolineato che la distinzione fra varianti strutturali e parziali di un PRG è materia disciplinata esclusivamente dalla Lur 56/1977 e non discende dalla (datatissima) legislazione urbanistica nazionale.

Infine, l’art. 79 della l.r. 13/2020 (con l’inserimento delle “Destinazioni d’uso temporanee”), è censurato dal Governo perché in contrasto con l’art. 117, comma 3 della Costituzione, in quanto eccede le competenze regionali e invade quelle statali in materia concorrente di «governo del territorio».

Possono qui nuovamente essere evidenziate perplessità sotto tre profili: il primo concerne il fatto che altre leggi regionali (l.r. 24/2017 Emilia Romagna ad esempio) hanno negli ultimi anni già legiferato sugli “usi temporanei” (disciplinandone i limiti e i contenuti, senza incorrere in impugnazioni per incostituzionalità), cioè su un tema di assoluta attualità per la città contemporanea con la condivisa ed affermata (da tutti) indispensabile azione, anche puntuale, di rigenerazione urbano-edilizia in luogo di interventi che producono fra l’altro, insostenibili consumi di suolo (infatti il Parlamento si accinge, pur tardivamente, a legiferare proprio in merito alla rigenerazione urbano-edilizia, nei limiti dell’art 117?); il secondo è relativo alla limitata e disciplinata attivazione degli usi temporanei previsto dalla l.r. 13/2020 (che però introducendoli un po’ “imprudentemente” come una “nuova destinazione d’uso” è in parte incorsa in un contrasto con il Dpr 380/2001, che tuttavia non è propriamente una legge di principi fondamentali della materia “governo del territorio); il terzo profilo attiene alla invocazione da parte dello Stato delle “semplificazioni” come di fatto di un proprio campo esclusivo, dal momento che l’art 10, comma 1 lettera m-bis della Legge 120 11.9.2020 “Conversione in legge del DL 16 luglio 2020, n. 76 recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” tratta degli usi temporanei, con molta somiglianza con quanto tentato di disciplinare dalla Regione.

In conclusione, qualche perplessità destano dunque in parte sia il senso che le motivazioni della impugnazione del Governo (con piglio forse un po’ “neocentralista”) presso la Consulta, invocando la lesione di parti della Costituzione, in particolare con riferimento ai principi fondamentali di competenza dello Stato su una materia concorrente ex art 117 Cost.; principi fondamentali su cui peraltro dal 2001(!) lo Stato non ha, sufficientemente o per nulla, finora legiferato.

Sotto questo profilo lo Stato (incluso naturalmente il Consiglio di Stato) ha invece, di volta in volta, “pescato” nella datatissima legislazione urbanistica nazionale6, parziali e spesso obsolete parti ritenute e utilizzate come principi fondamentali “in essere”, in attesa di quelli “nuovi” da legiferare in ossequio all’art 117 Cost. sul “governo del territorio” (materia concorrente che ha nel 2001 sostituito, comprendendola in sé, l’urbanistica).

 

1 Già Professore Ordinario di Urbanistica, Dipartimento Interateneo Scienze Progetto e Politiche per il Territorio-DIST, Politecnico e Università di Torino; Presidente INU Piemonte e valle d’Aosta.

 

2 Art 18. (Rilancio degli investimenti in edilizia): Al fine di favorire la ripartenza dell’attività edilizia e l’attrazione di investimenti sul territorio regionale, in considerazione dell’emergenza da Covid-19, nell’esercizio 2020 la Regione stanzia 26 milioni di eu (“a sportello”) a favore dei Comuni per compensare, fino a un massimo di eu 50.000,00 per intervento, i mancati introiti del contributo sul costo di costruzione dal quale vengono parzialmente esentati (fino a 50.000 eu) gli interventi edilizi. 

 

3 Ricorso per legittimità costituzionale N. 64 del 31 luglio 2020.

 

4 La l.r. 22 del 1 ottobre 2020 è un intervento normativo predisposto di urgenza dalla Regione al fine di adeguare la legge regionale n. 13 del 29 maggio 2020 alle censure mosse da parte di alcuni Ministeri, anche su altri articoli non facenti parte dei 5 impugnati in sede di verifica di legittimità costituzionale svolta ai sensi dell’art. 126 della Costituzione; ciò in ossequio all’impegno istituzionale sottoscritto dalla Regione a modificare il testo originario, nell’ottica della leale collaborazione tra Enti costituzionali.

 

5 L’articolo 63 avrebbe avuto l’intento di portare il permesso di costruire convenzionato (di cui all’art. 28 bis del Dpr 380/2001) a più diffuse applicazioni, per il carattere sostanzialmente equivalente, ma più rapido e semplice di questo titolo, ai Piani esecutivi convenzionati, nei casi di maggior semplicità urbanistica così come disciplinate dalla l.r. 13/2020), ovviando alla relativa incertezza della norma statale. La Regione ha però ritenuta urgente l’abrogazione preventiva dell’art. 63 poiché un’eventuale caducazione in sede di giudizio da parte della Corte Costituzionale potrebbe causare rilevanti danni imputabili alla regione stessa per gli eventuali atti assunti tra l’entrata in vigore della norma regionale avvenuta il 29.5.2020 e il suo eventuale annullamento, esponendola a conseguente procedimento contabile per avere causato danno erariale anche ad amministrazioni terze.

 

6 O in norme strettamente ad essa connesse, vedi ad esempio il DM 1444/1968 sugli standard urbanistici Zone omogenee, distanze ed altro, o l’invocatissimo atto “regolamentare” del Dpr 380/2001, da tempo in lavorazione per una modifica un po’ più organica delle molteplici episodiche modifiche introdotte all’interno di provvedimenti legislativi di tipo congiunturale-emergenziale).